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Fuga di docenti in Svizzera? La realtà è ben diversa

Studenti in classe.
Allievi di quarta media durante una lezione di geografia. Keystone

Invasione di docenti frontalieri nelle scuole della Svizzera italiana? Il presunto fenomeno, anche se periodicamente viene riproposto all'attenzione dell'opinione pubblica, soprattutto in coincidenza con appuntamenti elettorali, non sembra trovare riscontro nelle cifre.


Come indica la risposta del governo ticinese resa nello scorso mese di agosto all’interrogazione del gruppo leghista in Gran Consiglio sono infatti solo il 3,7% (56 su 1’498) gli insegnanti residenti oltre frontiera nelle scuole medie del cantone (altri 85 sono stranieri in possesso di un permesso di dimora B), a fronte di circa 5 docenti disoccupati. Numero quest’ultimo che secondo gli esperti di statistica può essere considerato “fisiologico”.

Il settore dell’insegnamento elvetico quindi, nonostante la libera circolazione e la crisi che continua a colpire anche regioni dinamiche come la Lombardia sembra essere al riparo dalla concorrenza esercitata in altri ambiti dalla manodopera frontaliera.

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Allievi che si recAllievi che si recano a scuola.

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Insegnanti frontalieri al posto di svizzeri disoccupati?

Questo contenuto è stato pubblicato al Sono aumentati i docenti italiani ma le cifre sono ancora esigue. Ma nell’insegnamento in Ticino vige la piena occupazione e mancano gli abilitati.

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Ostacoli insormontabili

Valutazioni condivise anche al di là del confine, dove, da un lato non risulta nessuna fuga verso gli istituti scolastici elvetici, nonostante le notizie che anche in un recente passato venivano veicolate dai media insubrici, e dall’altro gli ostacoli ad esercitare la professione educativa in qualità di non residenti appaiono insormontabili, come si evince dalla testimonianza riportata qui di seguito.

È comunque vero che anche per l’anno scolastico che si è inaugurato il mese scorso sono numerose le cattedre vacanti in Italia: si parla di 150’000 posti nelle secondarie, di cui 23’000 (ma le fonti non sono univoche al riguardo) nella sola Lombardia che vengono ricoperte per lo più da supplenti. Ma non sembra che questo fenomeno si acuisca a ridosso della frontiera, come potrebbe indurre a ritenere la forza attrattiva dei salari in vigore nella Confederazione nell’ambito scolastico. “Ritengo che Milano stia peggio di Como e Varese, ma tutte e tre le province sono in sofferenza, da questo punto di vista, rispetto ad altre aree della Lombardia “, sottolinea Albino Gentile, segretario della Cisl Scuola dei Laghi (Varese e Como). 

Cattedre vacanti per ragioni “interne”

Per fotografare la situazione, evidenzia il sindacalista, i buchi di organico in certe materie, in particolare sostegno, matematica e lettere, raggiungono anche il 40%. A titolo d’esempio “la Regione Lombardia ha messo a concorso l’anno scorso 220 cattedre”, una cifra che equivale a “un terzo del fabbisogno dei posti di sostegno della sola provincia di Como”, precisa il rappresentante della Confederazione italiana sindacati lavoratori. Ma, come detto, “non credo che le carenze di organico siano dovute a docenti che emigrano in Svizzera quanto piuttosto a una serie di errori, a partire dalla legge 107”, su cui però sarebbe troppo lungo discutere in questa sede.

Alla Cisl Scuola dei Laghi non giungono però richieste di informazioni per candidarsi a posti di insegnamento in Svizzera? “Abbiamo a volte richieste di questo genere ma sono veramente sporadiche, nell’ordine dell’1%, un paio all’anno per intenderci”, spiega Albino Gentile. “Conosco invece diversi insegnanti che si dividono le ore tra Italia e Svizzera. Ma si tratta di un fenomeno che non ha nulla a che vedere con quanto si può osservare in altri settori, come ad esempio quello infermieristico”.

L’odissea di Alessandro, aspirante insegnante frontaliere

Che non ci sia una corsa verso le scuole svizzere lo testimonia anche Alessandro (nome di fantasia su richiesta dell’interessato), un milanese laureato sulla quarantina e residente nel Comasco. Da cinque anni è alla ricerca, senza fortuna, di supplenze in praticamente tutti gli istituti medi ticinesi. All’inizio veniva chiamato con regolarità a sostituire docenti momentaneamente impossibilitati a fare lezione e vari dirigenti scolastici gli avevano prospettato l’inserimento nella scuola ticinese e sviluppi di carriera. Ma tutto è cambiato nel febbraio 2014.

Dopo l’approvazione dell’iniziativa contro l’immigrazione di massa ha trovato solo porte chiuse e anche i due tentativi di accedere al corso di abilitazione alla Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (Supsi) non hanno avuto fortuna. Fatti questi che Alessandro addebita al nuovo clima instauratosi in particolare nel cantone sudalpino nei confronti dei lavoratori italiani, come emerge dalla sua testimonianza che riportiamo in questo video. 


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