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Scudo fiscale: l’Italia attacca, Ticino in trincea

swissinfo.ch

E' un gioco di parole un po' facile, ma la levata di scudi contro lo scudo fiscale italiano ha assunto in questi ultimi giorni un grande rilievo. Malumori e nervosismo tra il Ticino, che evoca possibili ritorsioni, e l'Italia, che non molla la presa.

Una battaglia senza esclusioni di colpi, perlomeno a parole, tra Svizzera, Ticino e Italia. L’assedio del ministro italiano Giulio Tremonti ai forzieri svizzeri, ha spinto il Ticino in trincea. Ora vorrebbe passare al contrattacco chiedendo al Consiglio federale di intervenire. Insomma la mobilitazione si fa generale.

Se lo scudo fiscale italiano sta creando parecchie notti insonni, alcuni commentatori non esitano a sottolineare che l’attuale situazione non è tanto il frutto degli attacchi “tremontiani”, ma piuttosto l’esito delle azioni di banchieri molto svizzeri che dall’altra parte dell’Atlantico hanno operato con leggerezza e disinvoltura. Insomma la crisi della piazza finanziaria svizzera non si riduce ad un solo scudo.

Il peso della retorica

Al di qua e al di là della frontiera italo-svizzera, il duello tra i due paesi ha fatto scrivere fiumi di inchiostro. I quotidiani italiani danno ampio risalto alle ventilate misure di ritorsione sul transito dei Tir e alle minacce di non restituire le tasse pagate dai transfrontalieri in Svizzera. E non mancano di sottolineare i limiti della fratellanza tra la Lega dei Ticinesi di Giuliano Bignasca e la Lega Nord di Umberto Bossi. Alle richieste di intervento di Bignasca, il Carroccio risponde: indietro non si torna.

Gli spazi pubblicitari sui quotidiani del Bel Paese comprati – con fondi pubblici – dall’Associazione Bancaria Ticinese (ABTI) per spiegare che “il segreto bancario in Svizzera esiste ancora”, sono una risposta a quella che i vertici dell’ ABTI considerano “disinformazione” da parte italiana. La campagna pubblicitaria proseguirà per dire che la Svizzera non è più un “paradiso fiscale della lista nera OCSE” e che sarà possibile il semplice rimpatrio giuridico dei capitali in Italia.

Non sono pochi i commentatori economici a dubitare del successo delle recenti esternazioni.”Ci si può interrogare – scrive il vice direttore del Corriere del Ticino Alfonso Tuor – se non siamo caduti nella trappola tesa da Giulio Tremonti. Una serie di minacce incrociate, per di più enfatizzate dalla stampa italiana, non è destinata a rivelarsi molto efficace, ma rischia al contrario di rendere palese un forte nervosismo da parte svizzera”.

Buoni rapporti con l’Italia, ma al prezzo giusto

Sollecitato dalla piazza finanziaria ticinese, la terza della Svizzera, il Consiglio di Stato del Canton Ticino ha inviato lunedì 19 ottobre una lettera al consigliere federale Hans-Rudolf Merz. Il messaggio è chiaro: per contrastare le possibili conseguenze dello scudo fiscale sulla piazza finanziaria svizzera, e in particolare ticinese, occorrono “energiche contromisure” da parte elvetica.

“Per motivi legati all’attuale situazione economica, ma anche a causa dell’attacco sistematico che è stato orchestrato dai media italiani contro il segreto fiscale svizzero – scrive il Consiglio di Stato ticinese – l’effetto di questo terzo scudo fiscale avrà conseguenze molto più consistenti sull’intero settore, con il concreto rischio che numerosi posti di lavoro siano messi a repentaglio”.

Il governo ticinese non ha mancato di sottolineare di essere perfettamente consapevole che l’Italia, dopo la Germania, è il secondo partner commerciale della Svizzera in ordine di importanza. “Ciononostante è altresì consapevole che la salvaguardia dei buoni rapporti con l’Italia non può andare solo a scapito della piazza finanziaria svizzera e ticinese in particolare”.

Malgrado la Svizzera abbia ripreso, nel quadro del rinnovo della Convenzione di doppia imposizione, lo standard OCSE nell’assistenza amministrativa in materia fiscale – che le consentirà di essere stralciata dalla cosiddetta “lista grigia” – “le autorità italiane – secondo il governo ticinese – hanno finora mantenuto le misure unilaterali e discriminatorie nei confronti della piazza economica svizzera e ticinese in particolare”.

L’imbarazzo degli italiani in Ticino

Lo scontro sullo scudo fiscale non lascia assolutamente indifferenti gli oltre 70 mila italiani che vivono in Ticino, di cui il 60-70% ha il doppio passaporto (sono dunque italiani ma anche svizzeri). Presidente del Comitato degli italiani residenti all’estero (Com.It.Es.), Lucio Barresi – che, come i suoi connazionali vive tutta la vicenda con un certo imbarazzo – ha lanciato dalle colonne del Corriere del Ticino un appello.

“Inutile negarlo – ammette Barresi – gli italiani del Ticino vivono male gli attacchi alla Svizzera mossi dalla loro ‘madre patria’. Molti di loro hanno la propria famiglia, il proprio lavoro, la propria vita. Non è bello vedere il vicino di casa che ti guarda con sospetto quando fino al giorno prima ti sorrideva. Non è bello, ma… comprensibile”.

E allora ecco la proposta di un controscudo, riassunto nello slogan: “Non portate i soldi in Italia, ma investiteli in Svizzera”. Si tratta, nei termini illustrati da Barresi, di “girare in positivo un provvedimento che può danneggiare, in modo piuttosto importante, molti italiani che vivono e lavorano in Svizzera”.

Quel che resta oltre le parole

Intanto l’Agenzia delle entrare italiane, ossia il fisco italiano, ha confermato ufficialmente la possibilità del rimpatrio giuridico dei capitali italiani depositati in Svizzera. Quindi anche in Svizzera è possibile “scudare” fondi sconosciuti al fisco italiano senza rimpatriarli fisicamente, pagando tuttavia le tasse in Italia.

Questa possibilità permette all’investitore italiano di essere in regola con le autorità fiscali del proprio Paese e di poter continuare ad usufruire dei servizi della piazza finanziaria ticinese e svizzera. Potrà così avvalersi del proprio consulente svizzero, senza preoccuparsi dei controlli operati dalla Guardia di finanza alla frontiera o altrove.

Nel frattempo il rientro dei capitali attraverso lo scudo fiscale è partito e, sempre secondo l’Agenzia delle entrate, ci risarebbero già i primi risultati.

Françoise Gehring, swissinfo.ch

Nella sua lettera invita al Consiglio federale, il Consiglio di Stato ticinese chiede a Berna di:

Compatibilità internazionale: esaminare la compatibilità delle misure previste dallo scudo fiscale italiano, in particolare per quanto attiene all’obbligo del rimpatrio dei capitali depositati in Svizzera, con le disposizioni del diritto internazionale relative alla libera circolazione dei capitali

Fuori dalle liste nere: impegnarsi affinché nell’ambito dei negoziati in corso sulla Doppia imposizione, la Svizzera sia formalmente esclusa da tutte le “liste nere” italiane e inclusa nella futura “lista bianca” degli Stati collaborativi.

Norme anti-riciclaggio: valutare la possibilità di segnalare alle competenti autorità europee che la sospensione da parte dell’Italia dell’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette potrebbe rappresentare una chiara violazione della direttiva europea anti-riciclaggio.

Amnistia generale: avviare il dibattito sulla possibilità di ricorrere ad un’amnistia federale generale. Le analoghe misure decise dai governi di vari Paesi stanno infatti avendo – e avranno anche in futuro – conseguenze negative per tutta la piazza finanziaria svizzera.

Con lo scudo fiscale saranno rimpatriabili in Italia circa 86 miliardi di euro, il 60% dei quali provenienti dalla Svizzera.

E’ la previsione di PricewaterhouseCoopers Advisory, fornita lunedì 19 ottobre al quinto Forum dell’Associazione italiana del private banking.

La ricchezza dei Paperoni italiani (i cosidetti High Net Worth Individual) sale nel 2009 a quota 883 miliardi di euro, 86 miliardi riconducibili allo scudo fiscale e 54 miliardi riconducibili alla performance.

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