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Gli svizzeri votano sul finanziamento dell’aborto

L'aborto torna alla ribalta dei dibattiti in Svizzera: il popolo voterà sulla richiesta degli antiabortisti di stralcialciarlo dalle prestazioni dell'assicurazione di base delle cure medico sanitarie Keystone

La controversia sull’aborto risorge dalle ceneri in Svizzera: un’iniziativa chiede che l’interruzione volontaria di gravidanza non sia più rimborsata dall’assicurazione obbligatoria delle cure medico sanitarie. Il popolo si pronuncerà il prossimo 9 febbraio.

L’ampiezza del responso popolare nel giugno 2002 sembrava aver messo definitivamente la parola fine a decenni di aspri dibattiti sull’aborto in Svizzera. Con più del 72% dei voti, quel giorno l’elettorato aveva approvato la cosiddetta soluzione dei termini, ossia la depenalizzazione dell’aborto nelle prime 12 settimane di gravidanza, e con quasi l’82% di no aveva affossato un’iniziativa che voleva proibire la maggior parte delle interruzioni di gravidanza.

Ma le cerchie antiabortiste sono tornate alla carica, rimettendo in discussione il finanziamento dell’interruzione volontaria di gravidanza. Fallito il primo tentativo, tramite una mozione parlamentare, di escludere l’aborto e la riduzione embrionaria dalle prestazioni dell’assicurazione malattie obbligatoria, nel 2009 hanno deciso di ripercorrere la via della democrazia diretta.

Lanciata da un comitato interpartitico, composto essenzialmente di cristiani conservatori, l’iniziativa “Il finanziamento dell’aborto è una questione privata ˗ Sgravare l’assicurazione malattie stralciando i costi dell’interruzione di gravidanza dall’assicurazione di base obbligatoria” chiede l’introduzione di un nuovo articolo nella Costituzione federale che recita:

Fatte salve rare eccezioni legate alla madre, l’interruzione di gravidanza e l’embrioriduzione non sono incluse nell’assicurazione obbligatoria”.

Come ogni modifica costituzionale, per essere accettata, l’iniziativa nella votazione del 9 febbraio 2014 necessiterà la doppia maggioranza di sì del popolo e dei cantoni.

La loro iniziativa denominata “Il finanziamento dell’aborto è una questione privata” è stata firmata da quasi 110mila cittadini con diritto di voto e deve dunque essere sottoposta a votazione popolare. In parlamento ha ottenuto il sostegno solo di alcuni popolari democratici (PPD), di una evangelica (PEV) e di una leggera maggioranza di democratici di centro (UDC).

“L’aborto resterebbe legale, ma il suo finanziamento sarebbe regolato privatamente”, precisa Elvira Bader, ex parlamentare popolare democratica (PPD) e copresidente del comitato promotore, composto di cristiani conservatori.

Per gli avversari, si tratta invece di un pretesto per ostacolare l’accesso all’aborto. “I promotori dell’iniziativa cercano di combattere l’aborto con altri mezzi, ossia attaccando il principio della solidarietà, alla base dell’assicurazione malattie obbligatoria”, afferma la parlamentare PPD Lucrezia Meier-Schatz.

“Anch’io, così come il mio partito, avrei voluto una soluzione diversa da quella dei termini. Ma è la soluzione scelta da una netta maggioranza popolare e dunque la rispetto”, puntualizza. “Tanto più che non c’è una situazione allarmante”, perché dall’introduzione della soluzione dei termini il numero degli aborti in Svizzera è inizialmente calato e poi è rimasto stabile attorno agli 11mila all’anno. Negli anni precedenti la modifica del Codice penale superava i 12mila.

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I cittadini non avevano capito?

I promotori dell’iniziativa asseriscono tuttavia che nella votazione del 2002 molti cittadini non hanno capito la posta in gioco sul fronte della Legge sull’assicurazione malattie (LAMal). Le modifiche di quest’ultima riguardo alla copertura dei costi erano state sottoposte al verdetto popolare insieme alle modifiche del Codice penale relative all’aborto. Tutto figurava chiaramente sul materiale di voto. E gli oppositori, tra i loro argomenti, scrivevano: “È semplicemente scandaloso che anche chi si oppone all’aborto sia costretto a finanziarli con i premi, in costante aumento, delle casse malattia”.

Eppure “lo abbiamo constatato anche durante la raccolta delle firme per l’iniziativa: allora molti non si sono resi conto che con quel sì decidevano anche di cofinanziare gli aborti tramite l’assicurazione obbligatoria”, afferma Elvira Bader.

Secondo le cifre rese note dal governo, il costo di un’interruzione di gravidanza in Svizzera oscilla tra i 600 e i 3’000 franchi. Il costo medio di un’interruzione farmacologica è di 650 franchi, quello di un’interruzione chirurgica ammonta a 1’000 franchi.

Complessivamente i costi sono stimati a circa 8 milioni di franchi all’anno. Se si considerano gli interventi successivi a un aborto, si situano tra i 10 e 12 milioni di franchi e rappresentano circa lo 0,05 per cento dei costi a carico dell’assicurazione obbligatoria delle cure. Tuttavia, una parte di questi costi è assunta direttamente dalle gestanti (franchigia e partecipazione percentuale) e non va dunque a carico dell’assicurazione obbligatoria.

Si valuta che i costi corrispondano a un onere medio per assicurato di 5-6 centesimi al mese, ha precisato in parlamento il ministro della sanità e della socialità Alain Berset.

Una questione etica

Un cofinanziamento coatto che secondo i promotori dell’iniziativa procura grossi conflitti di coscienza agli oppositori all’aborto. Inoltre è contrario ai principi della LAMal, il cui “scopo è di promuovere la salute, guarire o alleviare da malattie e soprattutto proteggere le vite umane, non di distruggerle”, dice Elvira Bader, ponendo l’accento sulla questione etica e morale.

“Dal profilo etico, è la salute della donna che deve essere messa al centro di questo dibattito. In realtà, con questa iniziativa si fa un dibattito di soldi, non di coscienza”, replica Lucrezia Meier-Schatz.

Secondo la parlamentare popolare democratica, con la privatizzazione della copertura dei costi dell’aborto, si ricadrebbe nella situazione precedente al 2002, con applicazioni diverse della legge e disparità di trattamenti. La minoranza di donne benestanti che ricorrono all’interruzione di gravidanza continuerebbe ad effettuarla in buone condizioni, mentre molte donne in condizioni precarie cercherebbero soluzioni fuori dal quadro legale.

“I premi delle assicurazioni private non sono così elevati da non poterseli permettere. E anche un aborto oggigiorno non è molto caro: non conduce alla povertà. In Austria è già da quasi 40 anni che gli aborti sottostanno al pagamento privato, ma non c’è stato un aumento degli aborti illegali o dei rischi di povertà”, obietta Elvira Bader. D’altra parte, “studi condotti negli Stati Uniti mostrano che quando l’aborto è finanziato privatamente, la sessualità viene affrontata con maggior consapevolezza e responsabilità individuale”.

Lo spettro delle mammane

In proposito, gli oppositori dell’iniziativa fanno notare che il tasso abortivo delle donne in età feconda in Svizzera è nettamente inferiore a quello registrato negli Stati Uniti – il 7,1 per mille contro il 19,6 per mille, secondo i dati dell’ONU riferiti al 2011 – e che è tra i più bassi al mondo. E soprattutto in Svizzera il tasso di aborto tra le ragazze dai 15 ai 19 anni è sceso dal 6 al 4,5 per mille dal 2005 al 2012.

Sono proprio quelle adolescenti che non possono contare sul sostegno della propria famiglia che, private di una copertura assicurativa e senza i mezzi finanziari necessari per pagarsi i costi di un’interruzione di gravidanza, sarebbero maggiormente incentivate ad abortire fuori dal quadro legale. “Si tornerebbe ai tempi delle mammane”, avverte Lucrezia Meier-Schatz.

Secondo la deputata sangallese, ciò farebbe aumentare i costi a carico dell’assicurazione obbligatoria. In altri termini si avrebbe l’effetto contrario di uno dei principali obiettivi dichiarato dei promotori dell’iniziativa, ossia uno sgravio dei costi a carico dell’assicurazione di base. “Perché le cure per le conseguenze di interruzioni di gravidanza non fatte in condizioni idonee sarebbero rimborsate”, sottolinea.

Spetterà al popolo valutare i pro e i contro. La campagna per il voto si preannuncia emozionale.

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L’embrioriduzione, ossia l’eliminazione di uno o più embrioni in una gravidanza multipla, generalmente è effettuata per ridurre i rischi, soprattutto quelli legati a nascite premature, e per migliorare la prognosi degli embrioni rimasti.

Attualmente in Svizzera la riduzione embrionale sottostà alle stesse disposizioni legislative dell’interruzione di gravidanza, indica a swissinfo.ch l’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP).

Per l’esattezza, secondo l’articolo 119 del Codice penale, l’interruzione di gravidanza non è punibile se, “in base al giudizio di un medico, è necessaria per evitare alla gestante il pericolo di un grave danno fisico o di una grave angustia psichica”, oppure se, “su richiesta scritta della gestante che fa valere uno stato di angustia, è effettuata entro dodici settimane dall’inizio dell’ultima mestruazione da un medico abilitato ad esercitare la professione”.

I costi sono coperti dall’assicurazione obbligatoria delle cure medico sanitarie.

“Dal profilo giuridico è irrilevante se la gravidanza è stata indotta in modo naturale o tramite una fecondazione in vitro (FIV)”, precisa l’UFSP. L’autorità sanitaria ricorda che in una FIV possono essere sviluppati in embrioni solo tre oociti per ciclo.

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