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Confermata l’esistenza della particella Xi

È stata scoperta al CERN di Ginevra una particella inseguita da decenni: Xi. Permetterà di studiare meglio una delle quattro forze fondamentali della natura, la forza forte, aiutando a capire cosa tiene unita la materia.

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La scoperta è stata annunciata giovedì alla Conferenza della Società europea di fisica a Venezia. È avvenuta grazia al Large Hadron ColliderCollegamento esterno (LHC) del CERNCollegamento esterno, l’acceleratore di particelle più grande del mondo, nell’ambito dell’esperimento LHCb.

La particella Xi appartiene alla famiglia dei barioni, la stessa di cui fanno parte protoni e neutroni, che costituiscono la materia visibile. Come tutti i barioni è composta da tre quark (particelle elementari). A differenza di quelli finora noti, nei quali si trova al massimo un quark pesante, ha però due quark pesanti. È l’unica particella mai osservata ad avere questa caratteristica.

I quark sono le particelle elementari che costituiscono i protoni e i neutroni che formano il nucleo degli atomi. Si ritiene che in natura ne esistano di sei tipi, classificati in tre famiglie con i seguenti nomi: up e down (i più leggeri), charm e strange, top e bottom (i più pesanti).

La posta in gioco è alta: una particella come Xi significa poter studiare il processo che da qualche istante dopo il Big Bang ha portato le particelle che fluttuavano nel plasma primordiale a formare protoni e neutroni e quindi i nuclei e gli atomi, fino ad aggregarsi nella materia così come la conosciamo.

Nella sala di controllo

Il superacceleratore LHC è un anello di 27 chilometri costruito nel sottosuolo tra Ginevra e la Francia. Nella sala di controllo, dalla quale è stata avvistata per la prima volta la particella teorizzata da tempo, scopriamo che Xi ha vita breve, brevissima, nel senso che è comparsa per un millesimo di miliardesimo di secondo, per poi decadere in particelle più leggere.

Il Large Hadron Collider è ripartito lo scorso 24 maggio, dopo la pausa invernale. Ci si attende una raccolta di informazioni ancor più generosa rispetto a quella del 2016, basata su una cifra record di 6,5 miliardi di collisioni tra particelle. L’obiettivo per il 2017 è arricchire ulteriormente i fasci per ottenere lo stesso numero di collisioni in tempi più rapidi.

“Questa particella è stata prevista teoricamente già negli anni Sessanta”, spiega il ricercatore italiano Giovanni Passaleva, coordinatore del progetto LHCb, “Una previsione molto ardita, e averla osservata è una conferma clamorosa. Dopo averla cercata per oltre dieci anni possiamo dire che avevamo ragione”.

“Questa particella così pesante”, prosegue, “ci permette di studiare molto più nel dettaglio come sono costituiti i protoni e i neutroni, che sono i mattoncini fondamentali della materia come la conosciamo. È una specie di piccolo laboratorio che abbiamo a disposizione per capire com’è fatta la nostra natura, il nostro mondo”.


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