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La macchina e la morale

I droni svizzeri in soccorso!

Un drone della Rega in volo.
Il drone della Rega dovrebbe essere operativo nelle Alpi svizzere nel 2021. © By Thomas Luethi

I ricercatori e i soccorritori di montagna in Svizzera stanno facendo enormi progressi nel campo dei droni autonomi. La tecnologia diventa sempre più richiesta per le operazioni di ricerca e salvataggio a livello mondiale ma rimangono ancora delle barriere da superare.

La polizia e i servizi di emergenza in paesi come la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e l’Australia si affidano sempre più spesso a velivoli senza pilota e droni dotati di telecamere termiche e altri sensori ad alta tecnologia per monitorare le coste, aiutare a ritrovare escursionisti smarriti o anche a salvare i koala intrappolati nelle tempeste di fuocoCollegamento esterno.

In Svizzera, la guardia aerea di soccorso Rega ha testato un robot autonomo a forma di elicottero che può trovare persone scomparse o in difficoltà nelle Alpi.

Il servizio di soccorso, una fondazione senza scopo di lucro finanziata da 3,5 milioni di sostenitori, è ampiamente utilizzato in Svizzera e sempre più richiesto con l’aumento del numero di persone che affollano le montagne. L’anno scorso la Rega è intervenuta mediamente 31 volte al giorno in aiuto di persone che hanno ricevuto assistenza medica via aerea in Svizzera o all’estero.

Il nuovo drone della Rega, lungo due metri, è dotato di telecamere, sensori per il rilevamento di telefoni cellulari, un sistema anticollisione e un algoritmo sviluppato dal Politecnico federale di Zurigo che consente di scansionare ampie zone e di riconoscere autonomamente le persone a terra.

Operatori Rega addestrati determinano l’area precisa in cui il drone deve cercare e avviano manualmente l’apparecchio. Una volta che il drone rileva un essere umano a terra, invia un segnale agli operatori a diversi chilometri di distanza che decidono se inviare una squadra di soccorso.

La Rega è riservata sui costi dell’investimento e insiste sul fatto che l’apparecchio non sostituirà nessuno dei suoi servizi esistenti. Al contrario, esso verrà utilizzato per ampliare le operazioni di salvataggio convenzionali. Ad esempio, verrà impiegato nei casi in cui l’elicottero viene messo a terra a causa della scarsa visibilità.

“Non sostituiremo altri mezzi con il drone”, spiega il responsabile del progetto della Rega Sascha Hardegger. “In caso di maltempo il drone supporta elicotteri o cani da ricerca”.

La “Drone Valley”

La macchina volante della Rega è uno degli esempi più recenti – e più concreti – di un drone che è volato direttamente dal laboratorio alle operazioni quotidiane. Negli ultimi 15 anni la Svizzera è diventata leader nella ricerca e nello sviluppo di droni. È emersa la cosiddetta “Drone Valley”, principalmente tra Losanna e Zurigo, con oltre 80 aziende che danno lavoro a più di 2’500 persone.

Per riunire le migliori ricerche svizzere in questo campo, nel 2010 è stato creato il ‘National Centre for Competence in Research (NCCR) RoboticsCollegamento esterno‘, finanziato dal Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica, per sviluppare “una nuova tecnologia robotica orientata all’uomo per migliorare la nostra qualità di vita”.

L’umbro Davide Scaramuzza guida la ricerca del NCCR sulla robotica di soccorso. Il suo team dell’Università di Zurigo ha progettato algoritmi e sviluppato droni autonomi con telecamere e sensori a bordo che sono molto più piccoli di quello della Rega e non utilizzano il GPS. Ciò significa che potrebbero essere impiegati in situazioni come un terremoto, dove possono entrare ed esplorare rapidamente gli edifici alla ricerca di sopravvissuti lontani dall’operatore.

Ma per aiutare il salvataggio e diffondere maggiormente i droni, i loro progettisti devono ancora risolvere alcuni problemi chiave: come farli volare in modo autonomo oltre la linea di vista, essere più reattivi agli ostacoli e anche meno ingombranti, mentre montano le più recenti telecamere e sensori che consumano molta energia.

Più veloci e più agili

Una delle sfide più grandi è la creazione di droni più veloci per coprire distanze più lunghe, dice Davide Scaramuzza, che dirige il Gruppo di Robotica e Percezione dell’università.

I droni hanno una batteria dalla durata limitata – 20-30 minuti di volo – quindi più terreno riescono a coprire, maggiori sono le possibilità di successo della missione di salvataggio, spiega ancora Davide Scaramuzza.

“Se volete un drone – aggiunge Scaramuzza – per esplorare la centrale nucleare di Fukushima, per esempio, probabilmente avrete bisogno di un drone con una durata della batteria di tre o quattro ore”.

Resistenza e gittata sono ancora un problema per il nuovo drone della Rega. Il robot volante di 17 kg è attualmente alimentato da una batteria con un’autonomia di due ore. Sarà presto dotato di un motore a combustione interna che consentirà voli più lunghi e dovrebbe essere operativo nel 2021.

Per cercare di migliorare la velocità e l’agilità dei droni, Scaramuzza e il suo team di Zurigo hanno dotato i loro dispositivi di telecamere per eventi (detta anche telecamera neuromorfa), utili per evitare gli ostacoli. Invece di registrare immagini o fotogrammi, una videocamera per eventi emette un flusso di ‘data punti’ che si attiva ogni volta che un pixel della videocamera rileva una variazione della luminosità ambientale. Tali cambiamenti corrispondono a movimenti o altri disturbi nell’ambiente circostante.

E i risultati sono ultra-rapidi. Quest’estate un piccolo drone con una telecamera per eventi che vola a dieci metri al secondo è riuscito a schivare delle palle lanciategli controCollegamento esterno. Il drone ha potuto percepire e iniziare a schivare un oggetto in soli 3,5 millisecondi.

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“Le telecamere per eventi possono vedere le cose 10’000 volte più velocemente di una telecamera standard”, racconta Scaramuzza. “In linea di principio questo significa che si può volare dieci volte più velocemente che con una telecamera standard”.

La sua squadra sta spingendo l’agilità dei droni in altri modi. Hanno lavorato con il gigante tecnologico statunitense Intel per costruire un drone con un algoritmo di navigazione che gli permette di eseguire autonomamente acrobazie ad alta velocitàCollegamento esterno utilizzando le misure dei sensori di bordo.

I ricercatori hanno persino creato dei droni autonomi che possono “ripiegarsi” per “stringersi” e passare attraverso piccoli spazi.

“Avevamo un drone – continua Scaramuzza – in grado di entrare in una piccola stanza semichiusa attraverso una piccola fessura e trovare la via d’uscita con le telecamere”. Queste sono state mostrate alle squadre di ricerca e salvataggio della Croce Rossa a Berna all’inizio di quest’anno.

A “forma di uccello” e impacchettabile

Anche al Politecnico federale di Losanna (EPFL) gli scienziati stanno lavorando su come migliorare l’agilità, la durata del volo e la velocità della prossima generazione di droni.

I ricercatori dell’EPFL hanno recentemente presentato un drone “a forma di uccello”, un astore (uccello rapace) con un’ala e una coda piumate mobili, che permettono al robot di girare o di volare più velocemente e più lentamente.

Un drone a forma di uccello
EPFL ha costruito un drone a forma di uccello rapace con ali e coda piumate mobili. © 2020 EPFL / Alain Herzog

“Questa enorme agilità gli permetterebbe di volare nelle città, o intorno agli edifici rapidamente o di volare nelle foreste. Questo è molto importante per le missioni di salvataggio o di ispezione”, ha spiegato Dario FloreanoCollegamento esterno, responsabile del Laboratorio di Sistemi Intelligenti dell’EPFL. Nella fase successiva, il team prevede di incorporare l’IA per consentire al drone di volare in modo semi-autonomo.

Un’altra linea di ricerca cerca di migliorare l’usabilità e la sicurezza dei droni per il lavoro di mitigazione dei disastri.

I “droni a gabbia” resistenti alle collisioni, commercializzati dallo spin-off dell’EPFL Flyability, sono già stati impiegati nelle operazioni di ricerca e salvataggio. Un altro spin-off locale, Dronistics, sta sviluppando droni a gabbia come il “PackDrone”, che può essere ripiegato e trasportato in uno zaino. Sono stati sperimentati sulle montagne della Repubblica Dominicana.

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“Con il PackDrone abbiamo dimostrato le sue capacità di consegnare un kit di emergenza a qualcuno intrappolato in cima a un edificio”, ha detto Floreano, che è anche il direttore di NCCR Robotics.

Dal clamore alle applicazioni

Il programma NCCR, della durata di 12 anni, dal suo lancio ha investito circa 10 milioni di franchi (11 milioni di dollari) nella robotica di salvataggio. Si tratta di soldi “ben spesi” se si guarda al numero di spin-off e scienziati coinvolti, che generano “almeno cinque volte più soldi e molti posti di lavoro”, sostiene Floreano.

Ma gli specialisti riconoscono che per il momento il mercato dei droni di salvataggio rimane di nicchia e di difficile accesso. Nonostante il gran numero di nuove aziende di droni in Svizzera, sono poche quelle specializzate in droni di salvataggio.

“I mercati più redditizi per i droni – spiega Scaramuzza – sono prima di tutto l’ispezione di ponti e linee elettriche, poi l’agricoltura, la sicurezza – di cui la ricerca e il salvataggio è un sotto-settore – e l’intrattenimento”. “Nessuna azienda è specializzata nella ricerca e nel salvataggio. Per loro è un progetto secondario”.

“I mercati più redditizi per i droni sono l’ispezione di ponti e linee elettriche, l’agricoltura, la sicurezza e l’intrattenimento.”

Davide Scaramuzza, Università di Zurigo

Flyability si distingue in questo campo specialistico. È specializzata nell’ispezione e nell’esplorazione di spazi interni e inaccessibili e ha centinaia di clienti in oltre 50 paesi. La loro tecnologia, ad esempio, ha recentemente aiutato gli scienziati a raggiungere le profondità di alcune delle grotte di ghiaccio più profonde del mondo in Groenlandia.

“Hanno il prodotto più utilizzabile per la ricerca e il salvataggio, ma è pilotato dall’uomo”, aggiunge Scaramuzza.

Un’altra azienda svizzera che ha visto il successo commerciale è la WeRobotics, una società svizzero-americana senza scopo di lucro. Lanciata nel 2015, la sua rete di Flying Labs aiuta le comunità dei Paesi a basso reddito ad accedere alla tecnologia e alla formazione necessarie per utilizzare i droni per i soccorsi locali in caso di calamità e per lo sviluppo sostenibile. La rete, presente in vari Paesi africani, in America Latina e in Asia, utilizza i droni per mappare e monitorare il terreno, fornire rifornimenti e medicinali e per le attività di ricerca e salvataggio.

Il progetto della Rega potrebbe essere un’eccezione, perché, come ammette Floreano, le squadre di soccorso e gli specialisti non hanno ancora compreso appieno l’utilità dei robot di salvataggio, che possono sembrare troppo complessi.

“Le squadre di mitigazione dei disastri hanno così tante cose da padroneggiare in un breve periodo di tempo quando sono alla presenza di un disastro naturale. Perciò – sottolinea Floreano – non è ancora ovvio per loro usare i droni, che aggiungono ulteriore complessità”.

Vede anche un sacco di clamore e di incomprensioni su ciò che i robot possono fare.

“La ricerca e il salvataggio e la mitigazione dei disastri sono per noi un’aspirazione, certamente qualcosa a cui puntiamo quando progettiamo i nostri robot. Ma – conclude Floreano – è qualcosa di molto impegnativo. C’è ancora un grande vuoto da colmare e molto lavoro da fare”.

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