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Schulz cede alle pressioni Spd e rinuncia al governo

Martin Schulz KEYSTONE/dpa/BERND VON JUTRCZENKA sda-ats

(Keystone-ATS) Martin Schulz rinuncia ad entrare nel governo Merkel IV. Il leader dell’Spd ha perso, travolto anche dai suoi errori, e un partito ridotto al 17% dei consensi lo ha di fatto messo alla porta.

Lo scopo è salvare la prossima Grosse Koalition, che dovrà superare il voto di una base socialdemocratica sempre più scettica e intransigente, che ha fatto sentire la propria indignazione.

Questo esito drammatico, che per molti analisti in Germania significa la fine (irreparabile) della carriera politica del “fenomeno di Wuerselen” che aveva infiammato l’orgoglio Spd appena un anno fa, segnando per un breve periodo anche il sorpasso dell’Unione nei sondaggi, non era imprevedibile: c’è stato il crollo alle urne (20,5%) e diversi cambi di rotta.

Ma la precipitazione degli eventi a Berlino ha l’effetto di un terremoto, con echi anche nella Cdu, dove questi sviluppi danno fiato agli scontenti anti-Merkel. Ed è stata sì una sorpresa due giorni dopo l’annuncio dell’ex presidente del Parlamento europeo di voler assumere il ministero degli Esteri leggere il comunicato di oggi con cui ha fatto un passo indietro, spiegando di rinunciare definitivamente al governo.

“Tutti facciamo politica per le persone in questo paese. Questo comporta che le mie ambizioni personali debbano arretrare di fronte agli interessi del partito”, ha scritto in un messaggio ufficiale dopo il quale è sparito. “Poiché ritengo a rischio il voto della base, dichiaro la mia rinuncia all’ingresso nel governo tedesco, e spero davvero che il dibattito sulle nomine finisca”.

È il secondo passo indietro in 48 ore: mercoledì sera, firmato il contratto di coalizione che segnava un trionfo nei confronti della Merkel, aveva annunciato il passaggio della presidenza del partito ad Andrea Nahles, per potersi permettere la guida della diplomazia tedesca.

L’epilogo è diverso. Le parole pronunciate tempo fa, quando rispondendo a un giornalista aveva affermato che non sarebbe mai e poi mai entrato nella squadra della cancelliera, sono diventate un boomerang, che ha colpito l’ennesima ‘giravolta’ con sproporzionata violenza.

Migliaia di mail indignate dalla base che rivendicavano coerenza, accusandolo di non mantenere la parola, hanno fatto crescere la tensione al punto che il presidio gli avrebbe imposto un ultimatum per mettere al riparo il governo dal voto della base.

“Ho sempre sottolineato che saremmo entrati in una coalizione se ci fossero state nel contratto le nostre rivendicazioni di socialdemocratici per un miglioramento nell’istruzione, nell’assistenza, nella previdenza, nel lavoro e nel fisco. Sono orgoglioso di poter dire che questo è accaduto. E quindi per me è ancor più importante – ha scritto Schulz – che i membri dell’Spd al voto della base si pronuncino a favore di questo contratto, dal momento che loro di questi contenuti sono convinti esattamente quanto me”.

In molti gli esprimono “rispetto”. Nahles, da lui incoronata, parla di “una dimostrazione di nobiltà e grandezza d’animo”. I pronostici sul voto dei 464mila membri dell’Spd sono diventati subito più ottimisti. Anche se questo non ferma i ‘no-Groko’ di Kevin Kuehnert, il leader dei giovani dell’Spd (lo Juso), che andrà avanti nella sua campagna e rivendica “un dibattito sui temi, non sui nomi”.

Chi invece potrebbe sopravvivere alla rottamazione è Sigmar Gabriel, escluso dalla lista dei ministri e privato della carica che gli stava a cuore: gli Esteri, la stessa cui ambiva Schulz.

In un’intervista circolata ieri sera, il ministro uscente lo ha accusato di non mantenere le promesse (probabilmente un patto personale proprio sulla casella contesa) con un attacco al vetriolo: “Sono abituato a dire la verità guardando le persone in faccia, non deve essere più di moda”. Ma non è affatto la prima amicizia andata distrutta nella storia dell’Spd.

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