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Schengen: timori italiani, preoccupazioni svizzere

Schengen keystone

di Aldo Sofia

“Se muore Schengen muore l’Unione europea”, è il ritornello di questi giorni. Se così fosse si tratterebbe di capire in che stato è già l’UE: critico, grave, pre-comatoso, o addirittura allo stadio terminale? Chi addirittura si compiace della imminente (presunta) fine di Schengen dovrebbe anche interrogarsi sulle sue conseguenze. Non necessariamente positive. Proprio come lo sfaldamento definitivo dell’euro, che nel caso della Svizzera provocherebbe un ulteriore forte rialzo del franco, con gravi ricadute sul comparto delle esportazioni elvetiche, linfa vitale dell’economia della Confederazione.

La “rottamazione” del Trattato di libera circolazione che porta il nome del villaggio vinicolo lussemburghese dove venne negoziato (inizialmente firmato da un pugno di paesi, poi estesosi a tutta l’area UE, più altre nazioni fra cui la Svizzera, e che oggi comprende 400 milioni di persone) non avrebbe unicamente un valore simbolico terribilmente negativo con l’abbattimento di uno dei capisaldi del progetto integrativo. Le conseguenze avrebbero anche un forte impatto economico. C’è chi ha fatto qualche calcolo. Prendiamo un paese come la Polonia: ogni anno 60 milioni di veicoli attraversano i confini con la Germania, il ripristino dei controlli sulla frontiera costerebbero 55 euro per ogni ora di ritardo, una fattura finale di oltre un miliardo e mezzo.

Quali sono stati invece i vantaggi della libera circolazione? All’inizio il Fondo monetario calcolò che il beneficio sarebbe stato di 2 o tre punti in più di PIL. Oggi si stima che far circolate le merci senza intoppi equivale a un vantaggio di 28 miliardi di euro. In più, la Svizzera, ma non solo, dovrebbe interrogarsi su cosa potrebbe significare la cancellazione di Schengen sul traffico quotidiano di pendolari e frontalieri.

Per ora soltanto sei membri dell’Unione su ventotto hanno chiesto di ristabilire i controlli alle frontiere per contenere il flusso di migranti in fuga dalle guerre del Medio Oriente. Ma è assai probabile che il numero aumenti se entro poche settimane non si troverà una strategia comune, al momento invisibile. Si fanno comunque strada ipotesi transitorie, col rischio che diventino poi permanenti. Per esempio quella di una “piccola Schengen” fra un gruppo di partners centrali (in primis Germania e Francia) che consentirebbe una libera circolazione interna solo fra alcuni paesi dell’Unione. Oppure un’espulsione provvisoria da Schengen per i membri che non rispettano le regole sulla registrazione dei migranti.

Una pesante minaccia in tal senso è già stata prospettata alla Grecia: la quale, già assillata da una crisi economica pesante e dalle conseguenze sociali di un drastico piano di risparmi e austerità, si ritroverebbe sola nella gestione dei continui e giganteschi flussi migratori. Forse Atene “non ha fatto bene i compiti a casa”, cioè la puntigliosa registrazione dei migranti in arrivo; ma è pur vero che la massa di arrivi è stata tale da poter mettere alla prova anche nazioni più forti e organizzate. E a temere di ritrovarsi sola ad affrontare il problema c’è anche l’Italia, che per anni ha trascurato le registrazioni, lasciando consapevolmente che decine di migliaia di fuggiaschi sbarcati sulle sue coste meridionali potessero proseguire il loro viaggio verso la Germania e i paesi scandinavi. I recenti attacchi di Renzi a Berlino e a Bruxelles nascono anche da questa preoccupazione. Così come la Grecia, l’Italia non può alzare muri, stendere filo spinato e chiudere frontiere nelle acque Mediterraneo.

Preoccupazione che la Svizzera non può non condividere. La pressione migratoria a Sud si è alleggerita da quando oltre un milione di migranti medio-orientali ha scoperto e percorso la via balcanica. Ma (mentre la guerra siriana sembra ancora senza vie d’uscita, e poco si parla di altri conflitti in corso, dall’Afghanistan allo Yemen all’Irak) la rotta mediterranea potrebbe riaprirsi presto, proprio a causa delle chiusura delle frontiere a est. E possiamo facilmente immaginare con quale aumento di flussi migratori, con quali problemi, e con quali costi supplementari anche per la Svizzera. Cioè: anche per Chiasso e dintorni.

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