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Volkswagen, incredibile!

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di Fabiano Schivardi

C’è un solo aggettivo per definire quello che è successo alla Volkswagen: incredibile! Un gigante del settore automobilistico, in procinto di diventare il primo produttore al mondo, già emblema di qualità ed affidabilità, ha truccato i motori diesel per ridurre artificialmente le emissioni inquinanti durante i test. L’imbroglio è stato scoperto ed ora Volkswagen è in guai seri, al punto da mettere a rischio la sopravvivenza stessa dell’impresa. Già molto è stato detto sull’argomento. Mi limito quindi pochi punti meno sottolineati nel dibattito.

A rischio di fallimento

Ho definito incredibile l’evento perché mette veramente a rischio l’esistenza di una delle società più importanti del mondo. Come è possibile che sia successo? Chi si è preso la responsabilità di mettere in atto una truffa di questo genere? Tanto più che il software è installato su 11 milioni di veicoli: come si poteva pensare che prima o poi qualcuno non se ne sarebbe accorto? Chi ha fatto questa scelta suicida ne doveva esserne consapevole. Siamo quindi di fronte ad un fallimento eclatante della corporate governance dell’impresa, che ricorda per certi versi i casi di Enron o delle truffe finanziare all’origine della grande crisi. Perseguire i colpevoli non è quindi solo un atto di giustizia. Servirà anche a capire quale sia stato il processo all’interno di Volkswagen che ha portato a questo disastro, possibilmente fornendo spunti per evitare che si ripetano casi del genere.

Le conseguenze

Le conseguenze per la Volkswagen sono di due tipi. Da un lato, ci rimette la reputazione. Ciò implica che la domanda di automobili Volkswagen potrebbe diminuire. Questo danno, seppur grande, è rimediabile con una serie operazione di trasparenza interna e con un po’ di pazienza. I consumatori hanno la memoria corta. L’altra serie di conseguenze riguarda le possibili cause legali, le multe che possono essere comminate, i costi per mettere a norma le automobili in circolazione. A questo stadio sono aperte tutte le opzioni. I conti saranno sicuramente salati, ma è impossibile dire quanto salati. Negli Stati Uniti su queste questioni non ci vanno certo leggeri. In questo caso non si devono neppure preoccupare del fatto di danneggiare un’impresa americana, quindi non aspettiamoci sconti. Non è ancora chiaro quanto la truffa sia diffusa al di fuori degli Stati Uniti, ma sembra che solo una piccola parte delle macchine truccate sia stata venduta negli USA. Bisogna quindi vedere cosa succederà negli altri paesi. Nell’ipotesi più pessimistica, questi costi potrebbero portare Volkswagen sul lastrico. L’Europa si trova quindi di fronte a un dilemma. Da una parte, punire un’impresa che ha imbrogliato i consumatori su un aspetto fondamentale per la saluta pubblica. Dall’altra, preservare il contributo di quest’impresa alla società europea, particolarmente in termini di posti di lavoro. Non sarà un percorso facile. L’aspetto ironico di questa vicenda è che ora il cerino è nelle mani dei Tedeschi, che nella gestione della crisi europea hanno sempre anteposto la questione “morale” (chi sbaglia paga) a quella economica. Anche in questo caso sarà interessante seguire gli sviluppi.

Borsa: settore automobilistico nel caos

L’aspetto più sorprendente della vicenda è stata la reazione dei concorrenti. Normalmente, ci si aspetterebbe che problemi per Volkswagen significhino buone notizie per gli altri produttori, che si possono avvantaggiare della perdita di clienti di Volkswagen. La reazione dei mercati è invece stata opposta, con i titoli di tutte le aziende del settore in forte perdita, anche se in maniera più contenuta rispetto al -30% di Volkswagen. Le ragioni possono essere molteplici. La prima possibile spiegazione è che gli investitori pensino che, se l’ha fatto l’impresa ritenuta un gigante di integrità e tecnologia, allora è possibile che anche altre imprese abbiamo adottato trucchi per aggirare le regolamentazioni sulle emissioni. Per ora non sono emersi altri casi, e auguriamoci che questo sia un fatto isolato. La seconda possibilità è che, in seguito allo scandalo, il sistema dei controlli divenga più rigido e gli standard più stringenti. Ciò porterebbe ad un aumento dei costi di produzione per le imprese automobilistiche, con conseguenze negative sui loro rendimenti. Ad esempio, già si parla della fine dei motori diesel. Ci vuole molto sangue freddo. È opportuno rimettere mano alla regolamentazione delle emissioni inquinanti. Ciò dev’essere però fatto senza fini punitivi. Vanno chiuse eventuali falle nel sistema di controlli. Per determinare i livelli ottimali di limiti, bisogna utilizzare l’evidenza scientifica più recente sui danni alla salute e all’ambiente delle varie emissioni da una parte e valutare i costi che le case automobilistiche devono sopportare per ridurle (che si traducono inevitabilmente in prezzi più alti per i consumatori) dall’altra. L’ultima spiegazione del crollo di borsa delle imprese del settore è la più semplice: nei momenti di incertezza, gli investitori preferiscono vendere. E in questo momento il settore è totalmente nel caos. La confusione che regna può incentivare comportamenti di aggiotaggio: basta mettere in giro la voce che una casa automobilistica è coinvolta nello scandalo per farne crollare il prezzo. Le autorità di vigilanza devono stare all’erta, in particolare perché le azioni delle case automobilistiche entrano direttamente o indirettamente nel portafoglio di molti piccoli, incolpevoli risparmiatori.

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