La televisione svizzera per l’Italia

Un segnale criptato per battere l’evasione del canone Rai *

tvsvizzera

di Pierluigi Sabbatini, Lavoce.info

Il governo vuole far pagare il canone tv con la bolletta dell’elettricità. Ma è una soluzione che separa imposta e fruizione del servizio. Per risolvere il problema dell’evasione basterebbe invece crittare le trasmissioni Rai. E si potrebbero così abolire anche i tetti pubblicitari.

Le leggi che regolano il canone

Uno spettro si aggira per l’Italia: il pagamento forzoso del canone Rai, a prescindere che si fruisca o meno del servizio televisivo pubblico o che si abbia o meno un apparecchio televisivo. Il governo ha appena introdotto nella legge di stabilità una misura in forza della quale tutti coloro che sono titolari di un contratto per l’erogazione dell’energia elettrica sarebbero tenuti al pagamento del canone televisivo. Un provvedimento pensato per risolvere il problema dell’evasione del canone, fenomeno stimato in via cautelativa nell’ordine del 27 per cento. L’importo sarebbe fissato a un livello (100 euro) leggermente inferiore a quello vigente (113,5 euro).

Oggi la materia del canone Tv è regolata dalla norma che risale al periodo prebellico (regio decreto legge 21-2-1938 n. 246) e dalla successiva legge n. 103/1975.

Il regio decreto configurava il pagamento come un’imposta basata sul possesso di un’apparecchiatura atta o adattabile alla ricezione delle radioaudizioni (articolo 1). La norma era stata concepita in un contesto dove le trasmissioni erano analogiche e ciascun soggetto, munito di apposito apparecchio ricevente, aveva pieno accesso al servizio. Quest’ultimo costituiva pertanto un bene pubblico (la fruizione non era “escludibile”) e l’onere, a meno di ricorrere alla fiscalità generale, non poteva che ricadere sui proprietari degli apparecchi. La norma, concepita per un monopolio pubblico, sarebbe poi risultata inadeguata con l’avvento delle televisioni private. Infatti, con esso si rompeva il legame di esclusiva tra apparecchio e servizio televisivo pubblico, presupposto per la prescelta modalità di pagamento del canone.

La soluzione individuata dalla legge n. 103/1975 è stata quella di riconfigurare la natura tributaria del canone, trasformando quella che originariamente era una tassa (per l’erogazione di un servizio) in una imposta (sganciata della sua effettiva fruizione). In forza dell’articolo 15 della legge, il canone era infatti dovuto anche per la detenzione di apparecchi atti alla ricezione di programmi via cavo o provenienti dall’estero. Veniva così sancita la scissione tra obbligo impositivo e fruizione del servizio, passaggio lucidamente evidenziato dalla Corte costituzionale quando ha dovuto affrontare la materia. I dubbi di legittimità costituzionale della norma sono stati fugati asserendo che non era irragionevole considerare che il possesso di un apparecchio televisivo costituisse un “indice di capacità contributiva” tenuto anche conto del “modestissimo tributo annuo che l’utente è tenuto a pagare”. (Corte costituzionale, ordinanza 20/4/1989, n. 219).

Come è cambiata la televisione

Nel frattempo però si affacciava un secondo fattore di cambiamento: le trasmissioni televisive potevano essere fruite anche mediante altri hardware e il costo delle varie apparecchiature (Tv compresa) poteva essere tanto modesto da risultare inferiore all’abbonamento annuale. L’ordinanza della Corte costituzionale appariva palesemente superata dai fatti.

Il provvedimento governativo costituisce un’ulteriore tappa sul sentiero avviato dalla legge del 1975, eliminando il riferimento all’apparecchio Tv, che continua a evocare erroneamente un nesso tra canone e fruizione del servizio. E già si possono intuire le probabili obiezioni tra le quali, ad esempio, quella che l’imposta violerebbe il criterio di progressività dell’imposizione. Le compagnie elettriche hanno già espresso la loro contrarietà.

Si comprende facilmente come la soluzione più lineare sarebbe quella di finanziare il servizio pubblico con la fiscalità generale, adeguandola in pari misura. Ma un governo che sta facendo della riduzione delle tasse un suo cavallo di battaglia, potrebbe mai prendere una misura del genere?

Una possibile alternativa è quella di tornare alla filosofia dell’originario regio decreto, riconferendo al canone Tv la natura di imposta associata all’effettiva fruizione del servizio. Peraltro, l’evoluzione tecnologica rende questa soluzione ben più facilmente perseguibile. La Rai trasmette con tecnologia digitale e pertanto il servizio televisivo è ora “escludibile”.

La soluzione al problema dell’evasione del canone televisivo è dunque a portata di mano: crittare le trasmissioni Rai e fornire la card Rai a coloro che pagano il canone. Questa soluzione obbligherà chi vuole fruire del servizio a pagarlo e, nel contempo, consentirà a chi non se ne vuole servire di evitarne il pagamento.

Coerente con questa proposta è l’eliminazione dei tetti pubblicitari per l’emittente pubblico, giacché non sarebbe più opportuno imporre uno specifico modello di finanziamento. Tutto ciò porterebbe alla fine del servizio pubblico? Non necessariamente. La Rai non è assoggettata agli stessi criteri di profittabilità di un’impresa privata e dispone ancora di asset importanti che non sono nella disponibilità delle altre emittenti. E comunque stona parlare di servizio pubblico quando si propone un criterio di pagamento del canone che rende palese l’irrilevanza della sua fruizione.

* Autorità garante della concorrenza e del mercato. Le opinioni espresse in questo articolo devono essere attribuite unicamente all’autore, non impegnano l’Istituzione di appartenenza e non possono costituire alcuna base per inferirne l’effettiva policy.

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