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Tre messaggi all’U.E. in vista di maggio

Keystone

di Aldo Sofia

Semplicemente un’iniziativa svizzera, che riguarda soltanto le relazioni fra Unione Europea e Confederazione? Evidentemente no. Ed infatti questo è stato subito definito anche un “referendum europeo”. Ne è convinta la stampa continentale. Che con l’esito della consultazione elvetica vede aumentare i problemi di un’Europa comunitaria già in difficoltà. La Svizzera non fa parte dell’UE, ma la bocciatura delle intese bilaterali sottoscritte 15 anni fa rappresenta un triplice, vistoso e insidioso messaggio per l’Unione.

Messaggio numero uno: le critiche e gli attacchi alla libera circolazione delle persone – uno dei pilastri dell’edificio europeo – non faranno che lievitare nella parte occidentale dell’Unione; il risultato della votazione svizzera contribuirà a togliere dall’imbarazzo molti europei esitanti di fronte alla prospettiva di rimettere in discussione il tabù della libera circolazione; e ne escono irrobustite le tesi che in diverse nazioni, dalla Francia all’Olanda all’Italia, ritengono che la libertà di movimento – con cui si celebrò la definitiva ricucitura del continente dopo i decenni della cortina di ferro e della guerra fredda – non sia una risorsa ma un problema, soprattutto in tempi di difficoltà economiche e dumping salariale. Dieci anni fa, fu del resto la “paura dell’idraulico polacco” a bloccare nelle urne la Costituzione europea, poi in qualche modo recuperata e varata dai parlamenti nazionali.

Secondo messaggio: a soli tre mesi dal voto per il rinnovo del parlamento europeo di Strasburgo, lo “stop” all’Europa della piccola Svizzera gonfia le vele di tutto il fronte euroscettico (a destra) o eurocritico (a sinistra) che già i sondaggi danno fortemente in crescita. Addirittura, la rappresentanza di chi contesta l’euro, la politica d’austerità, l’ordine finanziario vigente, la gestione burocratica dell’Unione potrebbe salire al 25 per cento, anche grazie all’ “effetto” elvetico.

Ultimo messaggio: in un’UE sempre più divisa sulla direzione e sull’identità del progetto europeo, nonché sul suo grado di integrazione, ritrovano slancio anche i sostenitori dell’ “Europa degli Stati”, ostili all’ideale dell’Europa federale, alla quale guardavano i padri fondatori come traguardo finale.

Insomma, da qui a maggio, quando verrà rinnovato il parlamento europeo, nei 27 Paesi dell’Unione si sentirà parlare molto della Svizzera. Una Confederazione che si prepara al difficile rinegoziato con l’Europa. E che non sa se dovrà affrontare il risentimento per lo schiaffo affibbiato ieri, o se potrà approfittare dell’attuale debolezza del progetto europeo

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