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Sicurezza (dai reati) oggi e ieri

tvsvizzera

Marzio Barbagli, Lavoce.info

Meno omicidi in Italia

“Gli italiani sono convinti di vivere in un paese insicuro” – ha detto, qualche tempo fa, Piercamillo Davigo. Eppure, ha aggiunto, abbiamo meno omicidi di Francia e Germania. È un senso di insicurezza provocato dai media. Chi si dichiara impaurito e allarmato non lo è per esperienza diretta, perché “non ha mai visto un reato: pensa di vivere in un paese insicuro perché lo dice la tv”. Ha ragione il presidente dell’Associazione nazionale magistrati? È sicura oggi l’Italia? È la domanda a cui cercherò di rispondere in questo e nel prossimo articolo.

Quando si giudica il grado di sicurezza (dalla criminalità) di un paese, lo si fa, esplicitamente o implicitamente, in termini relativi, mettendo a confronto la sua situazione attuale con quella del passato o con quella di altri paesi. E Piercamillo Davigo si è attenuto rigorosamente, nelle sue dichiarazioni, a queste regole.

Ora, non vi è dubbio che se facciamo confronti riguardo al reato più grave, quello di omicidio, arriviamo rapidamente alla conclusione che il livello di sicurezza del nostro paese è molto alto. Se analizziamo i numerosi e solidi dati dei quali disponiamo per questo delitto, rimaniamo colpiti dallo straordinario aumento del livello di sicurezza che vi è stato nel corso del tempo. Oggi il rischio che corrono gli italiani di essere uccisi è incomparabilmente più basso che nel 1991, nel 1951 o nel 1861. Il cambiamento è stato ancora più forte in alcune regioni o in alcune città del nostro paese. A Palermo, ad esempio, nel 1982 furono commessi ben centododici omicidi, nel 2015 invece otto.

Il confronto con altri paesi porta alla stessa conclusione. Per un lunghissimo periodo di tempo (secoli, non decenni), l’Italia ha avuto un tasso di omicidi più alto di ogni altro paese dell’Europa centro settentrionale. Oggi l’ha più basso della Francia, del Regno Unito o della Grecia (anche se non della Germania).

Reati dagli Usa al Nord Europa

Ma l’omicidio, pur essendo il più grave, non è l’unico delitto. Vi sono anche i reati dei colletti bianchi e quelli della criminalità predatoria. I primi sono spesso più dannosi dei secondi per la collettività. Purtroppo, però, non disponiamo di dati affidabili che permettano di analizzare le loro variazioni nello spazio e nel tempo. Per i secondi, i dati oggi esistono, grazie alle indagini di vittimizzazione condotte in Italia e in altri paesi occidentali, che consentono di stimare il numero oscuro, cioè la quota dei reati commessi ma non denunciati. Si può tuttavia pensare che il tasso di omicidi sia il più sicuro indicatore del livello di sicurezza di un luogo, perché correlato con quello degli altri reati. Ma è proprio così? Per rispondere vale la pena di ricordare cosa è successo nei paesi occidentali nell’ultimo mezzo secolo, un periodo nel quale hanno avuto luogo due tendenze del tutto diverse, prima un fortissimo aumento e poi una diminuzione dei delitti di molti tipi.

In alcuni paesi, l’aumento è cominciato fra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta, cioè nel più lungo periodo di prosperità economica fino ad allora conosciuto. Un periodo in cui, in Svezia, il governo laburista cercava di ridurre le diseguaglianze sociali e di migliorare le condizioni di vita degli strati più poveri della popolazione. Prendiamo, ad esempio, gli Stati Uniti, il paese sul quale la documentazione statistica disponibile è più solida. Qui la crescita è cominciata verso il 1961 e ha riguardato tutti i tipi di reato presi in considerazione nella figura 1: omicidi, stupri, rapine, furti di auto e in appartamento. È stata forte, continua e per i primi tre ha toccato il picco trent’anni dopo, all’inizio degli anni Novanta, per gli altri due dieci anni prima. Di conseguenza, nel 1991, il livello di sicurezza negli Usa era molto minore che nel 1961, perché i suoi abitanti correvano più rischi di prima di essere uccisi, stuprati o rapinati. Negli ultimi venti anni, il tasso dei cinque reati è diminuito, anche se non nella stessa misura. Così oggi si può dire che gli americani sono in complesso più sicuri che all’inizio degli anni Novanta. Hanno lo stesso livello di sicurezza del 1961 riguardo ai furti di auto e in appartamento. Ma uno leggermente minore per gli omicidi e molto minore per gli stupri, che sono oggi oltre due volte e mezzo più frequenti di un tempo.

Figura 1 – Tasso di criminalità per 100 mila abitanti, cinque reati, Stati Uniti – 1960-2012

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Fonte: Tonry (2014)

Nb: per poter inserire in una stessa figura i dati di cinque reati, i tassi di omicidio e di stupro per 100 mila abitanti sono stati moltiplicati per 10, quelli dei furti in appartamento sono stati divisi per 10.

Se analizziamo, per lo stesso lungo periodo, l’andamento dei furti nei paesi nordici (figura 2) vediamo che, dopo aver toccato il picco all’inizio degli anni Novanta, la loro frequenza è diminuita ovunque, ma in misura diversa, e senza tornare al livello di partenza, quello degli anni Sessanta. Così oggi sia gli svedesi che i danesi corrono meno rischi di essere derubati di venti o venticinque anni fa, ma ne corrono di più rispetto a mezzo secolo fa, e questi rischi sono aumentati ancora di più per norvegesi e finlandesi.

Ma che dire dell’Italia? Lo vedremo la prossima volta.

Figura 2 – Furti ogni 100 mila persone, quattro paesi scandinavi – 1960-2012

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Fonte: Tonry (2014)

Nb: i tassi sono stati standardizzati considerando 1 il tasso di furti del 1960. La figura indica le tendenze in ciascun paese relativa al punto di partenza.

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