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Sarà indolore la svolta antieuropeista della Polonia

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di Dario Fabbri (Limes)

Le elezioni legislative di domenica scorsa hanno dimostrato che perfino in Polonia, considerata fino a poco tempo fa un caso europeo di grande successo, le conseguenze della crisi economica continuano a determinare sconvolgimenti sociali e politici. Il paese ex comunista ha clamorosamente scelto la Destra. Eppure, nonostante i proclami del vittorioso ed anti-europeista partito di Diritto e Giustizia (PiS), che promette di allontanare Varsavia da Bruxelles, l’esito elettorale non produrrà grandi effetti sulla politica estera polacca.

Per la prima volta dal 1989, in Polonia un soggetto politico ha ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi nel parlamento nazionale. Si tratta del PiS, guidato da Jarosław Kaczyński e rappresentato da Beata Szydło, prossimo capo del governo nazionale. Diritto e Giustizia, che ha ottenuto il 37% dei voti e conquistato 235 seggi alla Camera bassa, fino a pochi anni fa riscuoteva consensi soprattutto delle regioni orientali della Polonia, quelle maggiormente legate al cattolicesimo, al nazionalismo e al sentimento anti-russo. Ma in queste ultime consultazioni ha saputo sedurre anche gli abitanti delle grandi città e l’elettorato più giovane. La chiave per realizzare l’impresa è stata sfruttare l’onda lunga della crisi economica, che ha colpito principalmente le fasce più deboli della popolazione e che ha stemperato gli innegabili benefici garantiti dall’accesso del paese all’Unione Europea (riscontrabili anzitutto in una rilevante crescita del pil). Szidlo e Kaczyński hanno promesso di rafforzare il welfare imponendo tasse più elevate a banche e multinazionali, nonché controlli perfino più severi nei confronti dell’immigrazione. A questo si è aggiunta la guerra civile ucraina, presentata dal PiS come l’inizio di una potenziale offensiva militare russa, tesa ad annettere buona parte dello spazio ex sovietico. Quanto è bastato per sbaragliare il premier uscente Ewa Kopacz, leader di Piattaforma Civica, soggetto di centro dalla spiccata vocazione europeista, che resta il secondo movimento del paese con il 24% dei voti. Mentre, inedito assoluto, al parlamento non accederà alcun partito social-democratico o di centro-sinistra.

In linea con il proprio carattere nazionalistico, PiS – che a maggio ha eletto alla presidenza un altro suo esponente, Andrzej Duda – ha annunciato di volersi alleare con altri soggetti conservatori d’Europa, tra questi il Conservative Party britannico, per strappare a Bruxelles alcune prerogative legate alla sovranità nazionale. Così come appare sempre più improbabile l’entrata del paese nell’euro. Tuttavia la Polonia non potrà distanziarsi troppo dall’Unione Europea. Non solo perché, salvo una loro revisione, i trattati non consentono tale sviluppo. Soprattutto Varsavia si percepisce in prima linea nello scontro tra Russia e Occidente e non può permettersi di incrinare del tutto il rapporto con Bruxelles, pena un maggiore isolamento sullo scacchiere europeo.

Limiti e conseguenze della svolta a Destra della Polonia, che seppure storica a livello domestico, rischia di rivelarsi molto meno significativa a livello internazionale.

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