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Prescrizione + massimo ribasso = sconquasso

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Hypercorsivo di Massimo Donelli

Che cosa serve come l’aria all’Italia?

Trasparenza, correttezza, certezza di costi negli appalti di opere pubbliche, prima di tutto.

E, subito dopo, buon funzionamento della macchina giudiziaria.

Giusto?

Ci mancherebbe, direte voi.

Peccato, però, che nel giro di una settimana, o giù di lì, due impietosi articoli sul Corriere della seraCollegamento esterno abbiano fatto cascar le braccia a chi sperava (e spera) in un diverso andazzo sia sul fronte della spesa che su quello della giustizia.

Vediamo.

Sabato 21 aprile, Sergio RizzoCollegamento esterno, che con Gian Antonio StellaCollegamento esterno ha firmato l’imprescindibile La castaCollegamento esterno, ha raccontatoCollegamento esterno come, dopo aver istituito l’Autorità Nazionale AnticorruzioneCollegamento esterno (Anac) affidandola all’ineffabile Raffaele Cantone, il governo di Matteo RenziCollegamento esterno l’abbia, letteralmente, disarmata.

La prova?

Sta nel nuovo codice degli appalti, varato dal consiglio dei ministri lunedì 16 aprile.

Il nuovo codice avrebbe dovuto far leva su due importanti cambiamenti: 1) la fine della regola del massimo ribasso; 2) e, appunto, il coinvolgimento dell’Anac.

Il massimo ribasso, spiega Rizzo, “è il meccanismo per cui le gare vengono assegnate a chi offre il prezzo minore, salvo poi consentire all’impresa di recuperare con lauti interessi grazie a varianti sempre generosamente concesse da compiacenti stazioni appaltanti. Ragion per cui è considerato uno dei principali incubatori della corruzione”.

Vero: secondo una stima fatta dal governo presieduto da Mario MontiCollegamento esterno, il meccanismo fa lievitare i costi di un bel 40 per cento.

E, infatti, i due relatori della legge, Stefano EspositoCollegamento esterno e Raffaella MarianiCollegamento esterno, entrambi PdCollegamento esterno, avevano proposto una soglia di 150 mila euro oltre la quale il massimo ribasso doveva essere bandito.

Sconfitti con perdite.

Secondo il nuovo codice deliberato a Palazzo ChigiCollegamento esterno, il maledetto massimo ribasso varrà ancora per le gare fino a un milione di euro.

Che sono ben l’81 per cento del totale…

Capito?

Non basta.

Esposito e Mariani volevano anche che la scelta dei commissari di gara fosse affidata a Cantone: li avrebbe sorteggiati da un elenco per evitare le solite pastette (e le solite mazzette).

Nuovamente sconfitti con perdite.

Perché – è stato stabilito – i commissari griffati Cantone si dovranno occupare solo di gare da 5,2 milioni in su.

Che sono pochissime.

Così il 95 per cento degli appalti verrà assegnato esattamente come prima.

Mentre Cantone ha impiegato ben quindici giorni prima di criticare (timidamente)Collegamento esterno l’operato del governo, il callido Renziha subito chiosato entusiasta: «Una riforma strutturale con regole semplici e meno astruse che chiude le strade alla corruzione».

Impossibile, a questo punto, non citare Il GattopardoCollegamento esterno di Giuseppe Tomasi di LampedusaCollegamento esterno: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”…

Stesso film, o quasi, sul fronte giudiziario.

Venerdì 29 aprile, sempre sul Corriere della sera, un lungo editoriale di Luigi FerrarellaCollegamento esterno ha lanciato l’allarme per quanto sta avvenendo sul fronte della prescrizioneCollegamento esterno, quel meccanismo per cui, passato un tot di tempo dal momento del reato, l’imputato non può più essere giudicato.

“Ma vale davvero la pena di impiccarsi a una battaglia campale per «questa» riforma della prescrizione? Se dovesse diventare legge il testo votato dalla Camera nel marzo 2015, i processi per corruzione potrebbero ad esempio durare 18 anni, in alcuni casi — calcolano i promotori — quasi 22. Alé, si fa festa? A occhio, non tanto. Specie se ci si mette al posto di parti lese o di imputati”, ha scritto Ferrarella.

Avete letto bene?

Da 18 a 22 anni di attesa per avere un verdetto.

E se l’imputato, alla fine, risultasse innocente?

Chi e che cosa potrebbe mai ripagarlo per un ventennio di gogna mediatica, sociale e professionale?

Non snocciolo gli altri numeri, imbarazzanti, che, se volete approfondire, troverete ben spiegati nell’ottimo articoloCollegamento esterno di Ferrarella.

Né ripeto quanto ho già scritto in un recente hypercorsivo sulla lentezza della macchina giudiziaria italiana.

Mi limito a far notare che se fossi un imprenditore straniero eviterei di investire in un Paese, l’Italia, dove nulla si fa per eliminare la corruzione; e dove, di fatto, non esiste certezza del diritto.

E se, invece, fossi un imprenditore italiano?

Beh, farei fatica a non mollare tutto per trasferirmi all’estero…

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