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Lo stop a Renzi, il motore Salvini e il successo dei grillini senza Grillo

Il nuovo governatore della Liguria Toti ansa

di Aldo Sofia

Aveva evidentemente fiutato l’aria che tira, il Matteo Renzi che alla vigilia del voto ripeteva che questo non era un referendum sul governo, per non dire sullo stesso premier. Infatti, la principale istantanea che ci fornisce l’esito politico delle regionali italiane (che registra un ulteriore preoccupante collasso della partecipazione) è quella di un Renzi lontano, molto lontano, dal trionfo alle europee di un anno fa. Il PD vince 5 a 2, ma si ferma al 23% dei suffragi come dato nazionale del partito.

Il caso emblematico diventa quello della Liguria. Nella regione delle tragiche alluvioni, Il PD affonda. E a provocare il disastro sono le sue divisioni. I nove punti conquistati dal dissidente “civatiano” Luca Pastorino condannano la candidata ufficiale Raffaella Paita e consegnano la regione al centro-destra, con nuovo governatore Giovanni Toti, il “volto nuovo” di un Berlusconi che può rifiatare. Ma non c’è solo il tonfo ligure. La domenica amara del segretario-premier va ben oltre, e si parla infatti di un Renzi costretto al “pit-stop”.

Il centro-sinistra riconquista probabilmente la Campania, ma lo fa con il primo degli “impresentabili”, l’ex sindaco di Salerno condannato per abuso d’ufficio, e che secondo la legge attuale (la Severino) non potrebbe governare. Un pasticciaccio brutto. E poi: la grande paura per l’Umbria; in Puglia il netto successo di Michele Emiliano, non certo un fedelissimo del “capo”, e fautore della collaborazione con i grillini; in Veneto l’umiliazione della renziana Moretti. E a questo punto la possibilità che diventi realtà partitica la “cosa rossa”, cioè la scissione della sinistra PD, mortificata dal premier in un duello senza fine.

Hanno pesato, certo, anche l’impopolarità di certe decisioni del premier (dal Jobs Act alla riforma della scuola) e gli scarsi effetti della “ripresina” economica. Ed infatti si gonfia la protesta degli anti-sistema. L’affermazione dei Cinque Stelle è netta , contende il primato al PD, si conferma secondo partito d’Italia nonostante espulsioni e fughe, il “passo indietro” di Grillo e l’emergere dei giovani “triumviri” non l’hanno penalizzato, anzi. Infine la Lega di Salvini, che si conferma il motore del centro-destra. Scontata la nettissima affermazione nel Veneto di Zaia, il partito “lepenista” sale al 13% nazionale, chiaramente sopra Forza Italia, ridotta a una sola cifra. La festa per il successo in Liguria nasconde dunque molte incognite. Se non si coalizza , il centro-destra non può vincere. Ma guidato da chi? E a chi si riferiva ieri notte Salvini quando decretava “la fine delle mummie”?

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