La televisione svizzera per l’Italia

La crisi economica italiana? La racconta (benissimo) il cinema

tvsvizzera

di Massimo Donelli

La crisi aguzza l’ingegno. Volete uno spaccato fedele, amaro, paradossale e, nello stesso tempo, comico, della disoccupazione post laurea in ItaliaCollegamento esterno? Andate a vedere il film Smetto quando voglioCollegamento esterno, piccolo gioiello di un regista giovanissimo, Sydney Sibilia, 31 anni, che ha le idee chiare sul cinema, sul rapporto con gli spettatori paganti e (autoironicamente) su se stesso, come potete scoprire leggendo questa sua bella intervistaCollegamento esterno.

Sibilia, in un melange molto ben riuscito tra il moderno cinema americano d’azione (come Ocean’s ElevenCollegamento esterno) e l’immortale commedia all’italiana in bianco e nero (quella de I soliti ignotiCollegamento esterno), racconta la storia di un gruppo di eccellenti laureati ai margini della società: due latinisti che sopravvivono lavorando come benzinai per un cingalese che li paga in nero; un chimico che fa il lavapiatti in un ristorante cinese; un archeologo alla… fame; un economista che sbarca il lunario applicando modelli matematici al poker; un antropologo che si finge pregiudicato pur di essere assunto da uno sfasciacarrozze; e, infine, un assistente universitario di chimica che, dopo aver visto sfumare l’ennesimo contratto a termine da 500 euro al mese, decide di… svoltare.

Come?

Crea una nuova pillola, allucinogena ma non compresa nella lista della sostanze proibiteCollegamento esterno, e, radunata l’allegra-disperata pattuglia di cui sopra, comincia a spacciarla con successo nelle discoteche…

Attori bravissimiCollegamento esterno, ritmi alla Steven SoderberghCollegamento esterno, sceneggiatura e finale che sarebbero piaciuti a Mario MonicelliCollegamento esterno. Ma, al di là della gradevolezza, il film si fa apprezzare sorattutto per il suo valore di testimonianza sociale.

Coglie, infatti, appieno il malessere di una generazione che appare, letteralmente, senza futuro. E certifica, una volta di più, che il cinema italiano sa raccontare alla grande la contemporaneità. Dal neorealismoCollegamento esterno del dopoguerra, alla commedia brillanteCollegamento esterno degli anni del boomCollegamento esterno, fino, appunto, alla nouvelle vague post-morettiCollegamento esternoana che sta narrando la lunga crisi economica di questo millennio, con film come Tutta la vita davantiCollegamento esterno (2008) di Paolo VirzìCollegamento esterno, La nostra vitaCollegamento esterno (2010) di Daniele LuchettiCollegamento esterno, L’ultima ruota del carroCollegamento esterno (2013) di Giovanni VeronesiCollegamento esterno e Sole a catinelleCollegamento esterno (2013) di Gennaro NunzianteCollegamento esterno, il blockbusterCollegamento esterno che ha fatto di Luca Medici, alias Checco Zalone , l’assoluto campione d’incassiCollegamento esterno dello scorso anno con oltre 50 milioni di euro.

Il successo di questi titoli dice che, più dei giornali e meglio della tv, il cinema italiano, con un sapiente dosaggio di amarezza e ironia, è capace di dare voce e rappresentanza a chi galleggia faticosamente nel precariato. E fa emergere, plasticamente, la distanza – ormai abissale – tra la realtà e la politica.

Nella prima, ossia nella realtà, si sopravvive con l’antica arte di arrangiarsiCollegamento esterno. Nella seconda, ovvero la politica, si vive, alla grande, depredando le casse pubblicheCollegamento esterno. Uno stallo a due facce. Che non è immaginabile possa durare all’infinito…

Massimo Donelli

massimo.donelli@usi.ch

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