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La “squadra baby” di Matteo Renzi: svolta generazionale, ma basterà?

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di Aldo Sofia

Il premier più giovane nella storia della Repubblica, il governo con l’età media più bassa, quello col maggior numero di donne (ben la metà), e l’esecutivo con meno ministri dell’ultimo mezzo secolo. Ecco servita la “discontinuità”, con incorporata la svolta generazionale, promessa all’Italia da Matteo Renzi. L’impronta é sua, ha fatto chiaramente capire, prendendo un po’ di distanze, il presidente Napolitano. Che ha dato la sua “semi-benedizione”. Costringendo comunque il neo-premier a un’ultima consultazione durata due ore e mezza. Un altro record nella nascita di un esecutivo che qualcuno ha già definito “di esuberante debolezza”.

Infatti: c’é la vitalità e la smisurata ambizione da una parte, ma anche i condizionamenti e i paletti che nemmeno l’irruenza dell’ex sindaco poteva sbriciolare. “Il bomba” – così lo chiamavano i suoi compagni di liceo, vista la propensione s spararle grosse – ha incassato diversi “niet” da esponenti della cosiddetta società civile, e deve in parte piegarsi alla logica della palude e soprattutto a quella dei numeri.

Ridimensiona ma non può certo liberarsi degli alfaniani, che gli garantiscono la maggioranza parlamentare; continua la rottamazione del vecchio PD, ma per formare la sua squadra recupera un po’ di “manuale Cencelli” e distribuisce gli incarichi tenendo conto delle varie correnti del suo partito, dai dalemiani ai veltroniani ai civatiani; resiste a un paio di perplessità del Capo dello Stato sulla lista dei ministri (ottenendo il siluramento della Bonino agli Esteri), ma é anche costretto a una correzione di peso: voleva un magistrato antimafia alla giustizia (Gratteri), infine sceglie un politico (Orlando), che dovrebbe tranquillizzare anche Belusconi.

Soprattutto, Renzi deve affidare l’economia, perno dell’azione di governo, a un “professore” che non dispiace al Colle e soprattutto a Bruxelles: Pier Carlo Padoan, il più politico dei tecnici, ex collaboratore di D’Alema e Amato, e già ai vertici dell’OCSE (Svizzera, attenta). Ha idee chiare il “senior” del governo “baby”: ci vuole la tassa sulla casa e forse una patrimoniale (centro-destra in allarme), e occorre più che limare il cuneo fiscale che pesa su salari e imprenditori (sorride la Confindustria). Ed é solo un esempio dei delicati equilibri in cui dovrà cimentarsi. Anche nel consigliare o imporre salutari dosi di realismo al suo giovane primo ministro, che promette tutte le riforme e subito.

Ma Renzi é Renzi finché può fare il Renzi. E’ la sua forza, ma potrebbe diventare la sua debolezza ora che si passa al concreto. Viste le condizioni e le attese di un Paese esasperato, ha poco tempo per incidere ed evitare di infilarsi nell’auto-rottamnazione. Ha un solo vero alleato: la generale preoccupazione che un suo fallimento apra praterie elettorali a Grillo. Oppure che spalanchi la porta al commissariamento della Troika.

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