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Il ritorno alla realtà del PD dopo l’ubriacatura delle Europee

Il nuovo sindaco di Livorno Filippo Nogarin ansa

di Leonardo Spagnoli

Il secondo turno delle elezioni amministrative parziali ha in una certa misura corretto la percezione in merito alla tornata elettorale di due settimane fa. È infatti verosimile, da un lato, che domenica l’effetto trainante del voto europeo sia venuto meno ma la forza attrattiva del nuovo PD, seppur ridimensionata nella sua effettiva portata, viene sicuramente confermata e il bilancio finale resta favorevole al centro-sinistra. Lo testimoniano i sette capoluoghi strappati al centro-destra (altri 3 sono stati mantenuti), che vanno ad aggiungersi agli 8 sindaci eletti al primo turno. E in particolare nel Nord tradizionalmente “moderato” i democratici riescono a conquistare Bergamo, Cremona, Pavia e Vercelli.

Ma d’altra parte balzano all’occhio le pesanti sconfitte in alcune roccaforti rosse come Perugia e soprattutto, per il suo alto valore simbolico, Livorno mentre a Modena il candidato progressista Gian Carlo Muzzarelli è stato costretto a sorpresa al ballottaggio. La città labronica, in cui nel 1921 nacque il Partito Comunista (PCI) è da quasi 70 anni governata ininterrottamente, con percentuali bulgare, dalla sinistra e la sua perdita equivale, nell’immaginario dei progressisti, alla vittoria (rivelatasi peraltro effimera) del berlusconiano Giorgio Guazzaloca nel 1999 a Bologna.

A influire sul risultato hanno certamente contribuito gli scandali di Expo Milano e Venezia, con il sindaco pd Giorgio Orsoni, passato al vaglio delle primarie, finito in manette insieme ad altre 34 persone. E secondo alcuni commentatori questa volta il crollo dell’affluenza alle urne, che solitamente avvantaggiava il centro-sinistra, indica la disaffezione maturata in seguito a queste vicende nel campo progressista.

A questo punto è ipotizzabile che dalle parti del Nazareno si apra un dibattito sulle future strategie dem, non circoscritte all’ambito locale. È infatti possibile che a furia di tirare la coperta da una parte, quella moderata – come evidenziano la scomparsa di Scelta Civica, le difficoltà del Nuovo Centro Destra di Alfano e della stessa Forza Italia – si finisca per scoprirsi il fianco proprio nelle regioni rosse da dove è iniziato l’exploit dei grillini. Non a caso proprio alle comunali di Bologna di tre anni fa il M5S superò subito il 10% e alle amministrative dell’anno successivo trionfò con Federico Pizzarotti a Parma.

Ed è proprio questo forse il principale dato politico del voto di domenica. Il Movimento 5 Stelle, doppiato solo un paio di settimane fa alle Europee, continua a mostrare vitalità nonostante le polemiche e le critiche anche interne suscitate dall’alleanza con gli euroscettici britannici dell’Ukip. A conferma del fatto che anche in uno scenario estremamente mobile, in cui hanno sicuramente contato fattori locali, l’estrema volatilità dell’elettorato e la scarsa partecipazione, chiunque intenda governare nel prossimo futuro dovrà fare i conti con l’accoppiata Grillo-Casaleggio. Che da domenica a tavola hanno aggiunto al loro menù abituale il Cacciucco.

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