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I conti in sospeso tra Grecia e Germania

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di Paola Mariani

Danni di guerra: chi e come ha pagato

La crisi greca ha riaperto la complicata questione dei danni derivanti dall’occupazione tedesca durante la seconda guerra mondiale e che, a dire di Atene, sarebbero stati solo in minima parte risarciti. La Germania, per parte sua, considera la pretesa greca infondata, ritenendo la questione risolta già da molto tempo. Da un punto di vista economico la posta in gioco non è di poco conto, avendo il governo greco unilateralmente stimato il danno in circa 280 miliardi di euro. La richiesta greca, rievocando tra l’altro il precedente della ristrutturazione del debito estero tedesco con l’Accordo di Londra del 1953, riapre il dibattito politico sulla rinegoziazione del debito sovrano ellenico. Ma giuridicamente chi ha ragione?

Tradizionalmente, la fine di un conflitto si consacra con un trattato di pace tra vinti e vincitori che, tra i suoi termini, include la quantificazione dei danni subiti dai vincitori e che i vinti devono risarcire. Così fu alla fine della prima guerra mondiale: il trattato di Versailles del 1919 affidò a una commissione il compito di monetizzare le riparazioni di guerra che la Germania, ratificando il trattato, si era impegnata a riconoscere alle potenze vincitrici. E nel 1921, la commissione le determinò in circa 31,5 miliardi di dollari Usa. Nel 1923, quando la Germania non pagò una rata, la Francia e il Belgio occuparono militarmente la Rhur. In seguito ai piani Dawes e Young, rispettivamente del 1923 e del 1929, il debito di guerra tedesco fu “privatizzato” attraverso l’emissione di obbligazioni sui mercati internazionali dei capitali, una sorta di cartolarizzazione.

La questione si ripropose per la Germania, in termini ancora più complessi, all’esito del secondo conflitto mondiale. I trattati di pace di Parigi del 1947 definirono le riparazioni di guerra dei soli paesi dell’Asse, alleati della sconfitta Germania. L’Italia pagò complessivamente 360 milioni di dollari, di cui 105 alla Grecia. Dai trattati fu esclusa la Germania perché, con la sua resa, non esisteva più come Stato sovrano in grado di assumere impegni internazionali. Con la conferenza di Potsdam del 1945, infatti, il territorio tedesco venne suddiviso in zone di occupazione sotto il controllo delle potenze alleate (Stati Uniti, Regno Unito e Unione Sovietica) a cui si aggiunse la Francia. In mancanza di un accordo tra le potenze occidentali e l’Urss sulle riparazioni, si decise che ciascun occupante avrebbe potuto risolvere la questione autonomamente nella propria zona di controllo. Gli alleati si appropriarono di molte risorse economiche e industriali tedesche e la questione dei danni subiti dagli altri paesi occupati venne di fatto procrastinata ad libitum. L’Agreement on reparation from Germany, sottoscritto nel 1946 tra tutti i paesi che furono in guerra con la Germania e subirono l’occupazione nazista, non portò all’auspicata ripartizione delle risorse tedesche con gli alleati minori. L’affermazione della linea morbida degli Stati Uniti ebbe come effetto di lasciare i paesi minori, tra cui la Grecia, privi di un’adeguata risposta alle legittime richieste di riparazione.

Nel dopoguerra il dibattito internazionale sulle riparazioni di guerra della Germania venne assorbito dal tema della sostenibilità del debito estero tedesco in un’ottica di stabilizzazione politica dell’Europa. Un clima politico favorevole rese possibile la conclusione dell’unico trattato internazionale di rinegoziazione di un debito sovrano: l’accordo di Londra del 1953 (http://scholarship.law.berkeley.edu/bjil/vol31/iss2/1Collegamento esterno; http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=493802Collegamento esterno). Il trattato, ratificato anche dalla Grecia, indirettamente sancì il principio che la definizione complessiva delle riparazioni derivanti dalla seconda guerra mondiale dovesse avvenire nell’ambito di un trattato di pace con la Germania, possibile solo con la riunificazione dei due Stati. Ciò non impedì alla Repubblica Federale tedesca di trattare la questione a livello di relazioni bilaterali: nel 1960 la Grecia accettò 115 milioni di marchi a titolo di riparazioni per i danni subiti durante l’occupazione. Quando infine le due Germanie si riunificarono nel 1990, nessun trattato di pace fu firmato e quello sullo stato finale della Germania (detto anche “quattro più due” perché sottoscritto dalle quattro potenze occupanti e i due Stati tedeschi) non fa cenno alle riparazioni di guerra.

Questioni giuridiche ancora aperte

Le questioni giuridiche in gioco sono molte e difficili. La Germania fa valere la tesi della definizione di tutte le vicende collegate al secondo conflitto mondiale con il trattato “quattro più due” che assimila a un accordo di pace. La Grecia non è però parte del trattato e ritiene di non essersi mai vincolata internazionalmente a considerare la questione chiusa.

La querelle non pare peraltro risolvibile da un organo giurisdizionale internazionale. Infatti, la Corte internazionale di giustizia o un eventuale tribunale arbitrale ad hoc potrebbero intervenire solo se Grecia e Germania ne accettassero la giurisdizione. La Germania non ha però alcun interesse a sottoporsi a giudizio su fatti riguardanti il suo passato bellico, per le conseguenze che ciò potrebbe avere sulle molte altre questioni rimaste ancora in sospeso.

Se non fosse per l’attuale crisi finanziaria, la richiesta della Grecia andrebbe bollata come anacronistica e inopportuna. Quale altro Stato potrebbe sostenere che la Germania dopo settanta anni debba ancora pagare ? Il problema dei danni della seconda guerra mondiale riguarda oggi non tanto le pretese degli Stati, ma quelle degli individui vittime dei crimini nazisti e che nessuno ha mai risarcito. Tra di loro ci sono anche cittadini greci, ma questa è un’altra storia.

C’è da augurarsi che la vicenda non vada oltre al dibattito politico-culturale e che l’esperienza del passato possa essere fonte di ispirazione per una migliore definizione dell’attuale crisi del debito estero greco. L’accordo sul debito estero della Germania del 1953 insegna che anche in un contesto di relazioni internazionali molto più tese di quelle attuali è stato possibile rinegoziare un debito sovrano coinvolgendo creditori pubblici e privati (http://www.sidi-isil.org/sidiblog/?p=1325Collegamento esterno). La profonda integrazione raggiunta tra gli Stati membri dell’Unione europea dovrebbe essere il terreno ideale per trovare soluzioni eque e condivise ed evitare crisi diplomatiche tra Stati membri dagli esiti incerti.

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