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Dopo Trump, la Germania deve decidere cosa vuol fare da grande

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Domenica scorsa Angela Merkel ha annunciato di volersi candidare per la quarta volta al ruolo di cancelliera, in vista delle elezioni politiche del prossimo anno. Qualora vincesse sarebbe chiamata a ripensare la traiettoria geopolitica del paese. L'elezione di Trump negli Stati Uniti può offrire a Berlino un temporaneo margine di manovra, da sfruttare per inventarsi impero. Oppure da sprecare rimanendo nel limbo.

Oltre ad affrontare i socialdemocratici, il prossimo anno la leader della Cdu dovrà vedersela con populisti e nazionalisti. L’approdo sul territorio federale di centinaia di migranti voluto dalla stessa cancelliera e l’implosione dell’Unione Europea rischiano di corroborare i partiti anti-sistema. In particolare gli esponenti di Alternative für Deutschland, la formazione di estrema destra che, sebbene non paia al momento in grado di puntare al governo, è comunque in straordinaria ascesa.

Ancora più rilevante, se riuscisse a confermarsi, la Merkel avrebbe l’opportunità di decidere del futuro della Germania (e del continente). Certamente non uno Stato-nazione, l’Unione Europea sta implodendo soprattutto a causa dell’incapacità di Berlino di rendersi impero, ovvero di creare dipendenza tra sé e la periferia dello spazio comunitario. Esportatrice netta, con quasi il 50% del proprio pil venduto all’estero, la Germania drena liquidità dal sistema senza redistribuire parte del surplus commerciale, destinato a finanziare in futuro il welfare federale. Al contrario impone austerity e deflazione agli Stati membri più indebitati, dai quali comunque dipende per le proprie esportazioni. Un atteggiamento suicida, frutto del moralismo e di un’endemica insicurezza, che in futuro rischia di privare dell’euro nazioni che soltanto grazie alla moneta comune possono permettersi di acquistare in quantità i prodotti tedeschi.

Analogamente, benché Berlino abbia bisogno di mantenere ottimi rapporti commerciali con Mosca, negli ultimi anni è stata costretta ad allontanarsi dalla Russia su richiesta degli Stati Uniti, dai quali dipende per la propria sicurezza e nei confronti dei quali ha un evidente complesso di inferiorità.

Ora la vittoria di Trump potrebbe consentire alla Germania di ripensare se stessa, giacché nei prossimi mesi Washington dovrebbe curarsi meno delle questioni europee ed allentare la pressione esercitata sulla Russia. Tale margine di manovra non durerà a lungo. L’apertura della Casa Bianca nei confronti del Cremlino sarà presto inficiata dall’intervento degli apparati statunitensi, ma nel breve periodo potrebbe consentire alla Merkel di ridisegnare la strategia nazionale.

Anzitutto, la cancelliera potrebbe abbandonare parzialmente l’austerity, così da legare a Berlino ai paesi della periferia continentale, garantendo per questi nei confronti dei mercati finanziari. Già in questa fase la Merkel si sta mostrando favorevole nei confronti della volontà italiana di smarcarsi dai severi vincoli di spesa imposti da Bruxelles, ma nel prossimo futuro potrebbe rendere ufficiale la svolta. Mascherandola da misura straordinaria. Quindi la Germania potrebbe riavvicinarsi alla Russia, provando a congelare la contesa ucraina e a rilanciare la propria influenza sull’Europa orientale.

Elementi di un’azione che renderebbe la Germania un paese meno virtuoso ma geopoliticamente compiuto. In grado finalmente di guidare lo spazio europeo e di interloquire con la Russia. L’occasione potrebbe temporaneamente fornirla Trump. A patto che la Merkel vinca le elezioni e sia pronta a ripensare il proprio paese.

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