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Scegliere con consapevolezza i giochi interattivi

C'è chi passa notti intere attaccato alla propria console... (RDB) RDB

In Svizzera, il settore dei giochi interattivi è divenuto, nel corso degli ultimi anni, il mercato dalla crescita più rapida dell'industria del divertimento.

Alcuni di questi giochi, particolarmente violenti, sono spesso a portata dei bambini. Ma la protezione garantita dalla legislazione elvetica è ancora troppo poco efficace.

Nato come un mercato di nicchia destinato agli appassionati del mondo virtuale, il settore dei giochi interattivi è divenuto in pochi anni un fenomeno di massa. Al punto che il suo fatturato annuo globale di oltre 40 miliardi di franchi – di cui 271 milioni nella Confederazione – supera ormai quello del cinema.

«L’attività ludica con computer e videogiochi è ormai anche in Svizzera diventata un’espressione culturale del mondo dei giovani», spiega a swissinfo Heinz Bonfadelli, professore presso l’Istituto di scienze delle comunicazioni dell’Università di Zurigo (IMPZ) e autore di due studi sul fascino e gli effetti di questi passatempi interattivi.

«Li aiuta ad evadere dalla realtà e in parte anche a socializzare, soprattutto grazie ai programmi per più utenti, particolarmente in voga».

Un passatempo che per centinaia di migliaia di giovani in tutto il Paese si traduce in ore intere passate incollati alla propria console, stregati da una grafica sempre più attrattiva e realistica.

Informare per proteggere

Di troppo gioco però ci si può anche ammalare: «Può crearsi una vera e propria dipendenza. Inoltre, ricerche scientifiche mostrano che in certi casi esiste una correlazione fra il fatto di dilettarsi regolarmente con questo hobby e i comportamenti violenti», sottolinea Bonfadelli.

Per non parlare poi degli effetti negativi che alcuni programmi ludici particolarmente violenti hanno sugli utenti più vulnerabili, soprattutto i più giovani, su cui gli studi si sprecano.

Basti pensare al contestato programma per PlayStation 2, «Grand Theft Auto: San Andreas», fra i più venduti in Svizzera nel 2004. Guardando la copertina della confezione, da fumetto particolarmente all’avanguardia, nulla lascerebbe presagire il reale contenuto. Eppure, avviandolo, si scopre che l’utente deve mettersi nei panni di un pericoloso e scurrile malavitoso che ha a che fare con il mondo impregnato di violenza e illegalità delle gang criminali.

Per evitare spiacevoli sorprese, è quindi importante che il consumatore conosca in cosa consiste il gioco prima di acquistarlo. Un compito facilitato dal sistema d’informazione PEGI («Pan European Game Information»), già in vigore in numerosi Paesi europei, a cui alcuni mesi fa ha aderito anche la SIEA, l’associazione svizzera di videogiochi.

Esso consiste nel classificare ogni gioco per computer e video secondo due criteri: l’età minima consigliata per il suo utilizzo (3+, 7+, 12+, 16+, 18+) e l’idoneità del suo contenuto (linguaggio volgare, scene violente, di droga, di sesso, che possono fare paura o indurre alla discriminazione).

Mancanza di volontà

«L’idea di base del sistema PEGI è molto positiva, perché assicura una migliore protezione degli utenti e permette di meglio orientare genitori e venditori», afferma Matthias Nast, capo progetto della Fondazione per la protezione dei consumatori. «Tuttavia, in Svizzera è ancora troppo poco conosciuto».

Così come nei Paesi dell’Unione europea, è infatti lasciato all’iniziativa di fabbricanti e dettaglianti il compito di promuovere e soprattutto di fare rispettare questo tipo di raccomandazioni.

Ma il loro è semplicemente un impegno dal punto di vista etico. La legislazione elvetica infatti, non prevede alcun obbligo specifico in merito, se non una protezione contro le rappresentazioni pornografiche.

Convincere fabbricanti e venditori di videogiochi ad intervenire in modo incisivo in tal senso non sarà facile, «business oblige»: «Come quelle della televisione e del tabacco, anche l’industria dei videogiochi non si mostra certo molto disposta ad introdurre una regolamentazione limitativa delle vendite…», conclude Heinz Bonfadelli.

swissinfo, Anna Passera

40 miliardi di franchi l’anno (2004): mercato mondiale dei videogiochi.
271 milioni l’anno (2005): mercato elvetico dei giochi interattivi.
1,4 milioni di console Game Boy vendute in Svizzera.
La creazione di un solo gioco può costare fra i 10 e i 15 milioni di franchi e impiegare un’equipe di 60-80 persone.
il 40% dei giovani fra i 9 e i 18 anni si diletta con i videogiochi.

La SIEA (Swiss Interactive Entertainment Association) raggruppa i fabbricanti e gli editori leader nel settore dei programmi d’intrattenimento.

Fra questi: Sony Computer Entertainment (PlayStation), Microsoft (Xbox) e Nintendo.

La SIEA è attiva in favore dell’accettazione sociale dei giochi informatici e dei videogiochi e si occupa di temi importanti per il settore, come la protezione
dei giovani e la lotta contro la pirateria informatica.

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