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Scambio d’informazioni: Berna fa un altro passo

Il cerchio si stringe Keystone

Se la Svizzera non modifica la propria prassi in materia di assistenza amministrativa, corre il rischio di figurare nuovamente nelle liste nere dell'OCSE. Ragion per cui il governo elvetico intende facilitare lo scambio d'informazioni.

La ministra svizzera delle finanze Eveline Widmer-Schlumpf ha spiegato martedì che le disposizioni sull’assistenza amministrativa nelle convenzioni per evitare le doppie imposizioni (CDI) devono essere adeguate. In futuro, oltre al nome del contribuente o della banca, il conto corrente bancario dovrebbe dunque essere sufficiente per avviare una verifica su presunti evasori fiscali stranieri.

Il Forum globale sulla trasparenza e sullo scambio di informazioni (di cui fanno parte i Paesi OCSE, quelli del G20, e gli Stati che riconoscono gli standard OCSE) ha infatti verificato a fine 2010 il rispetto dello standard in materia di assistenza amministrativa negli Stati affiliati. Da tale analisi è emerso che le esigenze svizzere in materia di assistenza amministrativa, finora considerate adeguate, sono invece troppo restrittive e costituiscono un possibile ostacolo allo scambio effettivo di informazioni. La Confederazione ha quindi deciso di adeguarsi.

Widmer-Schlumpf – ribadendo nel contempo l’opposizione alle cosiddette fishing expeditions – ha aggiunto che la misura in questione riguarda circa il 5% delle domande d’informazione sottoposte alla Svizzera dall’estero; la maggioranza delle richieste concerne nomi di persone e istituti finanziari.

Pragmatismo per evitare guai

Dal momento che la verifica internazionale – condotta materialmente da Danimarca e Argentina – potrebbe spingere il Forum globale a inserire la Svizzera in una lista di paesi poco cooperativi, «il governo ha deciso di agire preventivamente per evitare possibili ritorsioni nei confronti della nostra economia», ha evidenziato la ministra.

Secondo Eveline Widmer-Schlumpf, una posizione di forza da parte elvetica sarebbe inutile e controproducente: «La Svizzera è rimasta sola, dal momento che altri paesi che conoscono la pratica del segreto bancario, come l’Austria, approvano questa estensione interpretativa dell’assistenza amministrativa».

Per Widmer-Schlumpf, la scelta dell’esecutivo è comunque puramente tecnica e non dovrebbe diventare oggetto di scontri politici. La consigliera federale ha precisato che l’invio dall’estero di un numero di conto corrente bancario sprovvisto del numero IBAN (International Bank Account number) che permette di identificare l’istituto finanziario non basterà per aprire un dossier.

L’ultima parola spetterà in ogni caso al Parlamento. In aprile, nel corso di una sessione speciale, il Consiglio nazionale dovrà infatti ratificare dieci accordi di doppia imposizione che contemplano la nuova clausola interpretativa. Le Camere saranno chiamate ad esprimersi anche sulle convenzioni già ratificate.

«Rimane poi intatta la possibilità di lanciare un referendum», ha pure ricordato la ministra. Dal canto suo, il Forum globale verificherà entro giugno se la Svizzera ha adottato le norme legislative necessarie.

Nessuna rivoluzione

Urs Behnisch, professore di diritto fiscale all’Università di Basilea, relativizza la portata del provvedimento: «La vera decisione cruciale è quella del 13 marzo 2009, quando la Svizzera ha accettato di prestare assistenza amministrativa». Secondo l’esperto, ora si pone la questione della quantità di informazioni richieste agli Stati esteri per avviare la procedura.

A suo parere, «questa modifica della prassi non darà luogo a fishing expeditions, poiché mediante il numero IBAN unico il titolare può essere identificato con precisione». Inoltre, Behnisch sottolinea che la misura non implica lo scambio automatico d’informazioni, poiché ciò implicherebbe la comunicazione automatica dei dati relativi ai contribuenti stranieri con conti in Svizzera.

Behnisch rileva che «la presenza di una certa pressione da parte degli Stati esteri è innegabile, ma risulta difficile valutarne il peso reale». Più in generale, osserva il professore, «se la Svizzera e le banche intendono davvero promuovere la strategia del “denaro pulito”, questa modifica della prassi non dovrebbe suscitare alcuna protesta».

Pioggia di “no”

La decisione annunciata martedì ha però subito suscitato reazioni critiche. Secondo l’Unione democratica di centro – contraria a qualsiasi modifica degli accordi di doppia imposizione – le critiche provenienti dall’estero sono semplicemente una tattica volta a indebolire progressivamente la piazza finanziaria svizzera.

In un comunicato, il partito ribadisce che continuerà a battersi per garantire la sfera privata dei clienti delle banche e invita il parlamento a respingere la nuova «genuflessione del Consiglio federale».

Anche il Partito liberale radicale invita il governo a non cedere alle pressioni «inutili e premature» di un organo dell’OCSE. Secondo il partito la reazione della ministra delle finanze Eveline Widmer-Schlumpf è esagerata e pericolosa: l’assistenza amministrativa deve essere concessa solo se le autorità straniere forniscono il nome del cliente e identificano chiaramente la banca.

Il Partito popolare democratico respinge a sua volta categoricamente la possibilità di identificare un cliente solo con un numero di conto. Il PPD ritiene necessario opporsi ai tentativi dell’OCSE di introdurre per vie traverse lo scambio automatico di informazioni che la Confederazione ha sempre rifiutato.

L’Associazione svizzera dei banchieri si dice a sua volta «sorpresa» per il procedimento utilizzato dal Forum mondiale dell’OCSE e auspica che il governo svizzero rappresenti in modo duraturo gli interessi della piazza finanziaria elvetica in seno all’OCSE, escludendo anche in futuro lo scambio automatico di informazioni.

«Si doveva cambiare prima»

La sinistra invece ha accolto favorevolmente le proposte del Consiglio federale. Il PS critica però il fatto che il governo non abbia accettato fin dall’inizio la prassi internazionale in materia di assistenza amministrativa. La Svizzera – evidenziano i socialisti – è stata obbligata ad applicare gli standard dell’OCSE: Berna si è rifiutata per anni di collaborare e questa tattica si è rivelata controproducente.

Anche secondo i Verdi le nuove misure vanno nella giusta direzione: la protezione dei dati rimane garantita visto che le fishing expeditions non sono autorizzate.

Nel marzo 2009, la Svizzera ha deciso di estendere l’assistenza amministrativa e di riprendere l’articolo 26 del modello di convenzione dell’OCSE. Da allora, la Confederazione ha rinegoziato o riveduto con un dozzina di Stati nuove Convenzioni per evitare le doppie imposizioni (CDI) e le ha ampliate alla cosiddetta «assistenza amministrativa estesa».

Gli adeguamenti delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni (CDI) si trovano in fasi diverse. Nell’ambito dei negoziati in corso e futuri in vista della revisione di CDI esistenti o della conclusione di nuove CDI con Stati esteri sarà inserita una disposizione corrispondente allo standard dell’OCSE.

Nel caso degli Stati con i quali è già stata firmata, ma non ancora ratificata una CDI, la disposizione concernente l’assistenza amministrativa può essere precisata nella CDI nel quadro di una procedura amichevole o di uno scambio diplomatico di note.

Il governo svizzero ha presentato alla Commissione dell’economia e dei tributi del Consiglio nazionale una proposta di riesame delle deliberazioni sulle 10 convenzioni pendenti,  unitamente alla proposta di riprendere le disposizioni adeguate in ambito di assistenza amministrativa.

Finora, è entrata in vigore una convenzione sulla doppia imposizione contenente la clausola di assistenza amministrativa estesa con Austria, Danimarca, Finlandia, Francia, Gran Bretagna, Lussemburgo, Messico, Norvegia, Qatar e Spagna. Quella con gli Statiuniti è stata approvata dalle Camere federali.

Altre CDI sono state firmate con Canada, Germania, Giappone, Grecia, Hong Kong, India, Kazakistan, Paesibassi, Polonia, Repubblica di Corea, Slovacchia, Turchia, Uruguay Queste verranno sottoposte gradualmente al parlamento per l’approvazione.

Ulteriori CDI sono state parafate con Irlanda, Emirati arabi, Malta, Oman, Romania,Singapore e Svezia.

Tutti i decreti dell’Assemblea federale sottostanno al referendum facoltativo.

traduzione e adattamento: Andrea Clementi

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