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Sans-papiers, un’esistenza tra i labirinti

Keystone

Il dramma dei due ecuadoriani in Ticino, morti nell'auto soffocati dal monossido di carbonio, e l'occupazione della Predigerkirche di Zurigo, riportano alla ribalta la questione dei clandestini.

Si muovono nell’ombra, sono confrontati con le leggi e le norme che regolano l’assistenza, le cui applicazioni e interpretazioni variano da cantone a cantone. I sans-papiers percorrono labirinti da cui non è facile uscire.

Il grido di allarme lanciato dai 150 sans-papiers che hanno occupato la Predigerkirche di Zurigo, ha messo in evidenza la fragilità di esistenze precarie.

Mentre il Ticino – dove due ecuadoriani sono morti per aver cercato di ripararsi dal freddo con il riscaldamento dell’auto – è stato accusato dall’Organizzazione svizzera di aiuto ai rifugiati (OSAR) di violare la Costituzione.

Beat Meier, segretario generale dell’OSAR, ha ricordato che “l’articolo 12 della Costituzione stipula che chi è nel bisogno e non è in grado di provvedere a se stesso ha diritto di essere aiutato e assistito e di ricevere i mezzi indispensabili per un’esistenza dignitosa” senza distinzioni”.

Essere lasciati per strada non ha nulla di dignitoso, ha commentato Mario Amato, giurista di Soccorso Operaio Svizzero (SOS) sezione Ticino e responsabile del Consultorio giuridico da oltre 10 anni. Intervista.

swissinfo: Qual è la situazione dei sans-papiers in Ticino?

Mario Amato: E’ difficile stimare, per il Ticino, il numero di sans papiers. Ad ogni modo una ricerca condotta nel 2005 dall’istituto gfs.bern per conto dell’Ufficio federale della migrazione ha stimato per il Ticino un numero di sans papiers che oscilla tra mille e tremila. I dati furono all’epoca contestati dalle autorità ticinesi che, sulla scorta di un’indagine di polizia, stimavano il numero di sans papiers in Ticino a qualche centinaio.

Le condizioni di vita dei sans-papiers differiscono a seconda che si tratti di ex richiedenti asilo esclusi dal circuito assistenziale, ovvero di persone che da anni vivono e lavorano in clandestinità. Un dato credo sia comune a tutti: il timore legato a controlli di polizia. Tendono quindi a condurre un’esistenza nascosta, nell’ombra, con il ritiro da ogni attività sociale.

swissinfo: E’ molto diversa da quella svizzera?

M.A.: In Ticino si assiste ad una situazione particolare sul versante dell’assistenza a richiedenti asilo che hanno una decisione di non entrata nel merito o il cui termine di partenza è scaduto.

Queste persone possono far capo a quello che la legge sull’asilo definisce il soccorso d’urgenza che trova il suo addentellato legale nell’articolo 12 della Costituzione svizzera, che garantisce a chiunque un’esistenza dignitosa.

Il Ticino è infatti l’unico cantone che non dispone di un alloggio ad hoc per richiedenti asilo esclusi dall’aiuto sociale in senso stretto e in cui le condizioni di accesso agli aiuti d’urgenza non sono ben definite. Una situazione che l’OSAR definisce di aperta violazione della Costituzione.

swissinfo: Come si è giunti a questa nuova emergenza?

M.A.: L’ emergenza è legata all’assenza di alloggi per i nuovi richiedenti asilo. La politica di rigore praticata negli ultimi anni, aveva condotto ad una diminuzione della domande d’asilo. Nel 2008, tuttavia, si è assistito ad un aumento delle domande che ha trovato molti Cantoni, e tra questi il Ticino, impreparati, poiché nel frattempo le strutture di accoglienza sono state ridimensionate.

In Ticino esistevano fino al 2007 tredici centri di accoglienza per richiedenti asilo, gestiti dalla Croce Rossa Svizzera. Oggi ne sono rimasti solo due. Quindi i nuovi arrivati sono ospitati in questo momento in alberghi e pensioni. Il loro numero supera le cento unità.

swissinfo: E nel resto della Svizzera, ci sono situazioni analoghe?

M.A.: La presenza dei sans-papiers in Svizzera è concentrata soprattutto nelle grandi città dove è più semplice reperire lavoro in nero e nascondersi dai controlli di polizia. La diversità rispetto al Ticino, almeno per quanto concerne i richiedenti asilo esclusi dall’aiuto sociale, sta nel fatto appunto che per queste persone non esiste un centro di accoglienza specifico in cui soggiornare e chiedere l’aiuto d’urgenza.

Quindi le loro condizioni di vita sono assolutamente più precarie di altri richiedenti asilo residenti in altri Cantoni. Ciò perché il Canton Ticino ritiene che la presenza limitata di richiedenti asilo esclusi dall’aiuto sociale non giustifichi l’apertura di un centro destinato allo scopo.

Eppure da gennaio a novembre 2008 oltre cento richiedenti asilo con decisione di non entrata nel merito sono stati attribuiti al Canton Ticino e di queste persone, nella maggior parte dei casi, non si sa più nulla.

swissinfo: Come incide la vicinanza con l’Italia?

M.A.: L’Italia funge spesso da Paese di transito, il ponte verso i Paesi del Nord Europa, storicamente più attrezzati ad accogliere e garantire un accompagnamento sociale dei richiedenti asilo. Questi sbarchi, in molti casi, si traducono in nuove domande d’asilo per molti Paesi europei. La Svizzera, come dimostrano le statistiche relative alle domande d’asilo per il 2008, è uno dei Paesi di destinazione di questi profughi.

Il governo Berlusconi pratica inoltre una politica migratoria spesso in contrasto con norme di diritto internazionale legate alla protezione dei rifugiati. Si veda, per esempio, la proposta del ministro italiano dell’Interno Roberto Maroni (Lega Nord), che vuole rinviare direttamente da Lampedusa in Libia tutti i nuovi arrivati, tra i quali vi potrebbero essere rifugiati a cui non viene consentito, in questo modo, l’accesso a una procedura d’asilo.

In Italia c’è un clima di intolleranza e di razzismo che spinge i profughi a cercare soluzioni in altri Paesi. Questi fatti ci vengono spesso narrati da richiedenti asilo appena giunti in Svizzera i quali temono un rinvio proprio verso l’Italia e ciò, con l’entrata in vigore degli accordi di Dublino e con la messa in opera della regola dello stato terzo sicuro, avviene sempre più spesso.

Intervista swissinfo, Françoise Gehring, Lugano

Novantamila: sarebbe questo il numero dei sans papiers in Svizzera, secondo uno studio (del 2005) elaborato dall’istituto di ricerche gfs.bern in base ai dati raccolti in sei cantoni (Zurigo, Basilea, Turgovia, Ginevra, Vaud e Ticino).

Diverse le stime (elaborate nel 2002) dell’Istituto delle migrazioni dell’Università di Neuchâtel, secondo cui sans-papiers sarebbero tra 70 mila e 180 mila.

La maggior parte dei sans-papiers vivono in Città o in zone prettamente agricole. Si tratta solo in minima parte di persone passate alla clandestinità dopo che la loro domanda d’asilo è stata respinta.

Un anno fa il Consiglio d’Europa ha riconosciuto che sul territorio europeo vivono circa cinque milioni di clandestini.

Dall’inizio dell’anno (entrata in vigore la revisione della legge sull’asilo) anche i richiedenti l’asilo respinti possono essere esclusi dall’aiuto sociale, oltre a coloro che hanno ricevuto una risposta di non entrata in merito (NEM).

A fine giugno 2008 erano quasî 17 mila le persone interessate da questa misura, che possono far capo solo agli aiuti urgenti garantiti dalla Costituzione. La maggior parte dei cantoni concede solo le prestazioni minime. che variano notevolmente: le somme messe a disposizione per alimentazione e igiene variano da 4,25 a 11,50 franchi al giorno.

Mario Amato è nato a Napoli nel 1965 ed è cresciuto a Chiasso. Studi di giurisprudenza all’Università degli studi di Milano, dottore in Filosofia del diritto.

Approfondimento in Diritto del lavoro all’Università di Ginevra, specializzazione in diritti umani all’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”.

Giurista, esperto di migrazioni e integrazione degli stranieri, dal 1998 è responsabile del Consultorio giuridico del Soccorso operaio svizzero a Lugano. E’ membro della Commissione cantonale degli stranieri e co-fondatore del FIMM Ticino (Forum per l’integrazione delle migranti e dei migranti.

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