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Dramma nel Mediterraneo: «tante parole e pochi fatti», a Bruxelles come a Berna

Keystone

L’Europa ha mancato di coraggio e responsabilità: è un giudizio severo quello della stampa svizzera all’indomani dell’annuncio delle misure previste da Bruxelles per evitare altre tragedie nel Mediterraneo. Diversi editorialisti puntano però il dito anche contro la Svizzera, che a dispetto della geografia, si trova «sul mare» ed è così invitata ad agire.

«La politica europea ha fallito e il cimitero del Mediterraneo continuerà ad ingoiare sempre più gente. Questa è la triste conclusione del vertice dell’Unione europea tenutosi a Bruxelles», scrive la “Luzerner Zeitung”.

Certo, i 28 capi di Stato e di Governo hanno osservato un minuto di silenzio in memoria delle oltre 800 vittime, ma non hanno tradotto l’emozione provocata da questa catastrofe in misure convincenti, le fa eco il quotidiano romando “24 Heures”.

La strategia dell’Ue resta sostanzialmente la stessa: rafforzamento della lotta ai trafficanti, acceleramento delle procedure e contenimento del flusso migratorio. Il budget mensile delle operazioni marittime Triton (Italia) e Poseidone (Grecia), portate avanti sotto l’egida di Frontex, sarà triplicato a 9 milioni di euro, pari a quanto aveva stanziato l’Italia da sola per Mare Nostrum, interrotta nell’ottobre dello scorso anno. Ma a differenza dell’operazione italiana, quella europea continuerà a concentrarsi sulla protezione delle frontiere e non sull’assistenza e il salvataggio dei migranti in difficoltà, come richiesto dalle organizzazioni umanitarie internazionali.

«In questo modo prosegue, quella che l’etico britannico Kenan Malik ha definito la criminalizzazione della necessità», commenta il quotidiano “Der Bund”.

L’aumento dei morti in mare non ha fatto cambiare idea ai leader europei, che hanno più volte accusato Mare Nostrum di avere un effetto calamita. E ciò malgrado l’operazione Triton non sia riuscita a scoraggiare i viaggi della speranza, intrapresi da oltre 21’000 migranti nei primi tre mesi e mezzo del 2015.

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Intervento armato?

L’Unione europea si è dunque data come priorità la prevenzione e la lotta contro l’immigrazione illegale, attraverso lo smantellamento delle reti di trafficanti, il sequestro e la distruzione delle imbarcazioni e una maggiore cooperazione con i paesi terzi, come Tunisia, Egitto o Sudan.

Bruxelles vorrebbe lanciare un’operazione militare nelle acque territoriali e su suolo libico per combattere i trafficanti, ma per farlo avrà bisogno dell’avallo delle Nazioni Unite, non facile da ottenere. Anche perché, scrivono “L’Express e L’Impartial”, i bombardamenti sulla Libia hanno senza dubbio portato all’eliminazione di Gheddafi, ma hanno soprattutto sconvolto il paese, aprendo la porta a trafficanti di ogni genere e facendo saltare il rubinetto dell’emigrazione verso l’Europa.

«Per mantenere nel loro paese popolazioni così disperate, ci vorrà altro che una nuova ondata di bombe. Bisognerà ricostruire i paesi, riconciliare i gruppi nemici e soprattutto sviluppare una vera economia. Come dire che si è lontani da questo obiettivo».

Il tabù di una ridistribuzione

Vi è poi un’altra questione fondamentale che continua ad essere tabù a Bruxelles: la ripartizione dei migranti tra gli Stati europei e una riforma dell’accordo di DublinoCollegamento esterno, che attribuisce la responsabilità dell’accoglienza al primo paese in cui un richiedente sbarca o chiede asilo. In poche parole, gli Stato del Sud.

La posizione della Gran Bretagna è emblematica, scrive la “Luzerner Zeitung”. David Cameron ha promesso di inviare navi ed elicotteri per rafforzare la missione Triton, a patto però che i migranti restino in Italia e in Grecia. Per il quotidiano svizzero-tedesco, l’Europa deve però assumersi le sue responsabilità «se non vuole lasciare i migranti ad arrostire in centri sovraffollati, prima di vederli partire soprattutto in paesi come Germania, Francia, Svezia e Svizzera».

Dello stesso avviso anche il quotidiano “24 Heures”: il Consiglio europeo ha proposto di accogliere almeno 5mila persone selezionate dall’Alto commissariato ONU per i rifugiati, una «goccia nel mare di un oceano di disperazione», quando un milione di migranti sarebbe già sulle coste libiche in attesa di un passaggio per l’Europa.

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La Svizzera si trova sul mare

Nel mirino della stampa elvetica non vi è però unicamente la politica europea ma anche quella svizzera, chiamata ad assumersi le proprie responsabilità.

La presidente della Confederazione Simonetta Sommaruga ha promesso che la Svizzera darà il suo contributo alla nuova missione di Frontex. «È cosa buona è giusta», scrive “Der Bund”, ma dovrebbe fare di più perché malgrado la sua situazione geografica in questo momento si trova anch’essa «sul mare».

«La popolazione svizzera è sottovalutata. A dispetto delle paure di un inforestierimento: nessuno vuol vedere morire dei bambini in mare. Se l’alternativa è l’annegamento, dovrebbero essere esplorate molte altre possibilità. Anche un aumento dei contingenti per i rifugiati siriani. Esistono dei precedenti: Kosovo, Tibet, Ungheria. La Svizzera potrebbe svolgere un ruolo più attivo anche nel salvataggio in mare – non con delle barche, ma finanziariamente. Per lo meno la ricerca di soluzioni migliori deve andare avanti».

Anche il quotidiano “Le Temps” critica severamente la Svizzera, giudicandola corresponsabile dei naufragi nel Mediterraneo. «Con la soppressione della possibilità di depositare una domanda d’asilo in un’ambasciata all’estero, la Svizzera ha chiuso una via legale per la migrazione. Così, i migranti pronti a tutto per fuggire dalle loro condizioni, tentano la traversata (…) e contribuiscono a rendere ancor più lucrativo il mercato indecente dei passatori».

Tante parole, nessun fatto

I partiti svizzeri sembrano concordare sulla necessità di un’azione congiunte per evitare altre tragedie in mare, ma al di là della parole mancano i fatti, scrive il “St. Galler Tagblatt”. «Sulla questione migratoria, ci sono tanti cuochi quante ricette. I partiti sono unanimi solo su un punto: la svizzera uscirebbe vincitrice da una ripartizione dei rifugiati su scala europea». Per il quotidiano però non basta.

Giovedì, in concomitanza con il summit europeo, si è riunita anche la Commissione delle istituzioni politiche della Camera bassa. L’esito dell’incontro è però giudicato deludente dalla stampa svizzera.

Il gruppo di parlamentari ha sottolineato la necessità di mostrarsi solidali «poiché nessuna soluzione nazionale permetterà di risolvere la catastrofe umanitaria nel Mediterraneo». Il numero di rifugiati ammessi non sarà però aumentato a breve termine. La proposta di aiutare l’Italia e la Grecia è stata respinta, così come quella di reintrodurre le domande di asilo nelle ambasciate. E sulla politica migratoria elvetica vi è poi anche l’ombra di una nuova iniziativa popolare dell’Unione democratica di centro (Udc, destra conservatrice), che vorrebbe inasprire ulteriormente la legge sull’asilo. 

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