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“Lo stigma contro l’aborto rimane una grande battaglia”

donne in piazza
La celebrazione, la notte del 30 dicembre, dell'approvazione da parte del parlamento argentino di una nuova legge che che permette l'aborto libero e sicuro per tutte le donne nel paese sudamericano, insieme alla promessa di educazione sessuale e contraccettivi. Copyright 2020 The Associated Press. All Rights Reserved

A partire da quest'anno, l'Argentina entra nel novero dei paesi che permettono l'interruzione volontaria della gravidanza. Tuttavia, nonostante la legalizzazione dell'aborto, le donne continuano spesso a essere vittime di stigmatizzazione sociale, anche in Svizzera. A colloquio con l'esperta Clémentine Rossier.

In Argentina, il diritto all’interruzione volontaria della gravidanza fino alla 14esima settimana, all’assistenza post-aborto, a un trattamento dignitoso, riservato e gratuito per le donne, sostenuto da un’educazione sessuale completa, è ora iscritto in una legge.

Pochi paesi al mondo hanno adottato una legge del genere per evitare che le donne siano esposte al rischio di aborto clandestino.

In America Latina, l’Argentina si unisce a Uruguay, Cuba, Guyana, Guyana francese e Portorico, dove alle donne è permesso abortire senza dover provare di aver subito uno stupro o di essere in pericolo di vita.

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Per la professoressa Nelly Minyersky, un’attivista argentina a favore dei diritti delle donne, questo recente passo nel suo paese è molto significativo, ma si iscrive all’interno di una lotta più ampia. “Lo stigma sociale dell’aborto prevale. Lì si continua la lotta. Dobbiamo far rispettare la nuova legge per far valere i nostri diritti: l’educazione sessuale per decidere, i contraccettivi per non abortire e l’aborto legale per non morire!”

Di fatto, anche in paesi come la Svizzera, che nel 2002 ha depenalizzato l’interruzione volontaria di gravidanza, rimangono aperte diverse questioni. Ad esempio, la stigmatizzazione continua, dice la ricercatrice Clémentine RossierCollegamento esterno, docente presso l’Istituto di salute globale dell’Università di Ginevra, che studia le tendenze dell’aborto indotto, della contraccezione e della fertilità in tutto il mondo. Intervista.

swissinfo.ch: Le autorità svizzere parlano di un basso tasso di aborto nel confronto internazionale (5,5 per 1000 donne nel 2019Collegamento esterno). È davvero un fattore da sottolineare? 

Clémentine Rossier: Sì, certo. Questo tasso è legato al fatto che la Svizzera, insieme ai Paesi Bassi, si distingue per un’ottima educazione sessuale nelle scuole, realizzata dall’organizzazione Salute Sessuale SvizzeraCollegamento esterno, una rete molto attiva e ben organizzata di associazioni di pianificazione familiare a livello cantonale, che segue anche giovani clienti, immigrati e persone a basso reddito.

In Francia, dove il tasso è molto più alto (15,6), la contraccezione e l’aborto sono trattati come questioni mediche, con legami meno consolidati con il sistema educativo, sebbene esistano anche associazioni dinamiche di pianificazione familiare.

La ricerca delle cifre più attuali sui tassi di aborto a livello internazionale rivela una mancanza di dati, anche in alcuni paesi europei. Non è segno della difficoltà di affrontare il problema in modo chiaro?

Assolutamente sì. Non è una priorità in molti paesi, neppure in quelli ricchi!  L’aborto è trattato come una procedura medica tra le altre, che non richiede particolare attenzione e che presuppone che l’accesso a questi servizi sia garantito a tutti. Questo è il caso di molti paesi del Nord. Si tratta però di un’arma a doppio taglio, come nel caso delle statistiche relative alle minoranze: dobbiamo raccogliere dati per mostrare le disuguaglianze? Non c’è il rischio di una maggiore stigmatizzazione?

La stigmatizzazione sembra essere un problema persistente anche nei paesi che da tempo hanno introdotto il diritto all’interruzione volontaria della gravidanza. Questa stigmatizzazione sociale potrebbe spiegare le disparità regionali nel ricorso all’aborto in Svizzera?

Sì, è vero che il tasso di aborto in Svizzera varia da un cantone all’altro. Mancano gli studi, ma è possibile ipotizzare che nei cantoni meno popolati e con tassi molto bassi la pratica si sposti nei cantoni limitrofi. Il questo caso di parla di turismo ginecologico. 

Le donne preferiscono ricorrere ai servizi delle città più grandi e anonime nelle vicinanze. Tuttavia, questo dimostra che sì, la pratica è ancora oggi stigmatizzata nei paesi del Nord: possiamo vedere nei sondaggi che le donne “sottovalutano” la pratica, come avviene per altri comportamenti stigmatizzati, come il consumo di alcol, ecc. In effetti, lo stigma contro l’aborto è ancora una grande battaglia da combattere.

Un’altra questione controversa è quella degli aborti successivi al primo trimestre: perché questi aborti tardivi sollevano più questioni etiche?

È la questione dello screening prenatale. Più un feto è formata, maggiori sono le informazioni su di esso: il sesso, per esempio, o le malattie genetiche. In alcuni paesi poveri, con un sistema particolarmente patriarcale, ci sono abusi che conducono ad aborti di future bambine e, in definitiva, ad uno squilibrio nel numero di uomini e donne della popolazione. Limitare il numero di settimane di gravidanza per l’aborto impedisce questo tipo di aberrazione eticamente discutibile.

In Svizzera, il 5% degli aborti sono tardivi e vengono eseguiti solo per motivi medici. Una mozioneCollegamento esterno in Parlamento chiede misure per ridurre ulteriormente questa percentuale. Il governo sostiene di non vederne la necessità. Qual è la sua opinione al riguardo?

La mia opinione è che non sia necessario ridurre gli aborti tardivi, poiché la Svizzera è esemplare in questo settore e alcuni casi particolari (riguardanti la salute della madre o del feto) richiederanno sempre un trattamento successivo.

In Svizzera l’assicurazione malattie copre l’aborto volontario, ma non la contraccezione. Non è paradossale?

Sottolineiamo questo risultato nella lotta per il diritto all’aborto in questo paese! Ma è nel diritto alla contraccezione che la Svizzera è in ritardo, perché in altri paesi viene rimborsata. A volte bisogna scegliere quali battaglie condurre.

La Svizzera ha un tassoCollegamento esterno di 5,5 aborti su 1 000 donne tra i 15 e i 49 anni.

Il codice penaleCollegamento esterno permette l’interruzione volontaria della gravidanza durante le prime 12 settimane dopo il primo giorno delle mestruazioni.

Il 95% degli aborti avviene in questo periodo, mentre il restante cinque per cento sono aborti tardivi: la legge li consente solo con l’autorizzazione del medico e con l’avvertenza che più avanzata è la gravidanza, maggiore è il pericolo per l’integrità fisica e psicologica della donna incinta. 

Nel 2019 sono stati registrati 419 aborti in questa categoria, su un totale di 9 447 interruzioni volontarie di gravidanza.

Una mozioneCollegamento esterno presentata dalla deputata Yvette Estermann (Unione democratica di centro) invita il governo a elaborare misure per ridurre il numero di questi aborti tardivi. Non è stata trattata in Parlamento, ma il Consiglio federale ritiene che la questione sarà regolata dalla legge federale sull’analisi genetica umana (LAGH), che entrerà in vigore nell’estate del 2021.


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Traduzione dallo spagnolo: Andrea Tognina

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