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«Ci lasceremo qualche penna»

Ali Laarayedh è membro del partito d'ispirazione islamista Ennahdah. swissinfo.ch

Di passaggio a Ginevra, il ministro degli interni tunisino dice a swissinfo.ch che non ci saranno passi indietro sullo statuto delle donne nel paese e che i salafiti violenti sono marginalizzati. Ali Laarayedh è consapevole che il suo partito Ennahdah sta facendo da cavia in questo periodo post-rivoluzionario.

Membro del partito islamico Ennahdah del movimento dei Fratelli musulmani, Ali Laarayedh ha trascorso molti anni nelle prigioni del regime di Ben Ali. A fine 2011 ha preso in mano le redini del ministero degli interni, dicastero che prima della rivoluzione era responsabile della brutale repressione degli islamici.

Creato dal governo elvetico, il Centro di Ginevra per il controllo democratico delle forze armate (DCAF) ha appena tenuto un incontro incentrato sulla riforma delle forze di sicurezza in Tunisia.

Qual era l’obiettivo di questa riunione?

Ali Laarayedh: Questa riunione ci ha permesso di fare il punto sullo stato delle riforme in seno alle forze di sicurezza tunisine dopo la rivoluzione. Inoltre, ci ha dato la possibilità di sapere come garantire i diritti dell’uomo, come organizzare una polizia repubblicana che sfugga ai giochi politici o culturali, come realizzare riforme strutturali per assicurare un controllo da parte della società civile e del potere legislativo e come addestrare gli agenti affinché abbiano a cuore i diritti umani.

Di quali riforme sta parlando?

Ali Laarayedh: Stiamo seguendo progetti con diverse organizzazioni internazionali e con vari paesi. Queste iniziative si concentrano soprattutto sulla formazione, sugli scambi di conoscenze e competenze e sulla fornitura di attrezzature. Vogliamo migliorare la preparazione dei nostri dirigenti e funzionari a tutti i livelli delle forze di sicurezza.

Voci critiche affermano che non corre buon sangue tra voi e i corpi di polizia…

Ali Laarayedh: Sono affermazioni senza fondamento. Conosco molto bene i miei dossier. Non c’è malumore nelle forze di sicurezza tunisine, formate da polizia, guardia nazionale e responsabili della protezione civile. Ci sono anche sindacati della polizia, organizzazioni inesistenti prima della rivoluzione.

Lei ha provato sulla sua pelle la repressione del regime di Ben Ali. Com’è riuscito a passare dalla prigionia, dall’isolamento alla testa del ministero, che prima della rivoluzione era responsabile della repressione?

Ali Laarayedh: Nel 1987, sono stato anche condannato a morte. La mia ascesa alla testa del ministero degli interni dimostra che in Tunisia la rivoluzione ha avuto successo. Personalmente, lascio il passato alla storia. Per me, la vera vittoria è quella dei valori per i quali ho combattuto con molte altre persone. I nostri obiettivi si stanno realizzando; quello principale era l’instaurazione della democrazia.

Non cerchiamo soltanto di istituire un regime democratico, ma anche di creare una società democratica, ossia di informare i cittadini sui loro diritti e doveri e sull’importanza del rispetto dei diritti umani.

Non rivango i difficili periodi che ho passato. Collaboro con tutti, compresi quelli che forse mi hanno creato problemi, fermo restando, però, che i responsabili di ingiustizie finiscano alla sbarra.

Deve essere un’esperienza molto intensa quella che sta vivendo in questo momento: ha assunto la carica di ministro degli interni poco dopo aver lasciato una cella d’isolamento.

Ali Laarayedh: Certo, è un’esperienza molto forte, soprattutto quando mi rendo conto che il ministero degli interni della Tunisia, con tutti i settori di cui è responsabile, è come uno Stato. A volte, ho l’impressione d’essere il capo del governo. È un lavoro pesante a cui non è stato facile abituarsi. Ma ora ho ritrovato la serenità. Ciò che mi preoccupa, è l’immane lavoro ancora da fare e il poco tempo a disposizione per portarlo a termine.

Prima di criticare l’estremismo dei salafisti, il vostro partito Ennahdah si è mostrato comprensivo nei loro confronti. Le loro milizie sembrano essere fuori controllo e diffondono la paura. Qual è la vostra posizione?

Ali Laarayedh: Ovunque nel mondo, c’è un problema con il salafismo. Ma il salafismo è un fenomeno sociale con varie correnti di pensiero. Ci sono quelle pacifiche e con un approccio religioso, storico, sociale.

Quanto alla fazione violenta del salafismo, c’è voluto del tempo prima che i tunisini capissero che condannando gli atti violenti di questi ultimi non minavano la libertà appena conquistata. Oggi, gli autori sono arrestati e perseguiti dalla giustizia. È necessario che tutti rispettino la legge. Per le correnti pacifiche del salafismo, è una questione politica.

Sono contrario all’approccio del salafismo. In seno al nostro partito Ennahdah, abbiamo altri punti di vista. L’Ennahdah assomiglia ai partiti cristiani conservatori. Dà spazio alla religione come fonte d’ispirazione sul piano personale e familiare. Il suo rapporto con la religione non guarda però al passato, intende piuttosto integrare le conquiste dell’umanità contemporanea con la nostra identità arabo-mussulmana, africana, mediterranea. Vogliamo essere al passo con i tempi e al contempo rispettare la nostra cultura.

In Europa, così come anche in Tunisia, c’è chi teme un peggioramento in materia di diritti, in particolare per quel che riguarda lo statuto e i diritti delle donne. Come rassicura queste persone?

Ali Laarayedh: Non ci saranno passi indietro sulle conquiste delle donne. Le fazioni che vorrebbero riavvolgere il tempo sono minoritarie. Ora è necessario concretare i diritti nella società, soprattutto nelle campagne.

Come in Egitto, anche voi siete le cavie della rivoluzione. Non avete paura di deludere la popolazione e di perdere le prossime elezioni?

Ali Laarayedh: In effetti, nei periodi post-rivoluzionari, i governi rischiano di durare poco e certi partiti di scomparire. Noi ci lasceremo forse le penne. Il popolo ci ha scelto e ora dobbiamo assumerci le nostre responsabilità, rischiando magari di scontentare molte persone.

Ali Laarayedh è nato nel 1955.

È stato il portavoce del partito Ennahdah dal 1981 al 1990, prima d’essere arrestato.

È stato condannato dal regime di ZeniBen Ali a 15 anni di prigione. Durante la detenzione è stato torturato. È stato liberato nell’ottobre 2004.

Il regime del presidente Ben Ali, dal potere dal 1987, è crollato nel gennaio 2011.

Le varie commissioni hanno portato a termine il loro compito legato alla nuova Costituzione.

Le proposte sono ora al vaglio dell’assemblea costituente.

All’inizio del 2013, l’assemblea costituente dovrà presentare la nuova costituzione.

Dopo di che, in estate o in autunno, si terranno le elezioni presidenziali e legislative, seguite da quelle municipali.

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