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Ritorno a casa in Kosovo con l’aiuto svizzero

In fila per chiedere il visto davanti all'ambasciata svizzera a Pristina. swissinfo.ch

Quasi 12 anni dopo la fine della guerra in Kosovo e tre anni dopo l'indipendenza, molti dei suoi cittadini continuano a chiedere asilo in Svizzera. Nel contempo, i kosovari in Svizzera a cui non è stato concesso asilo, vengono aiutati a rientrare.

L’anno scorso seicentodue rom, albanesi e serbi del Kosovo, la maggior parte dei quali entrati illegalmente in Svizzera, hanno presentato una richiesta d’asilo. Spetta a Grégoire Crettaz, un addetto alla migrazione presso l’ambasciata svizzera a Pristina, capitale del Kosovo, verificare la veridicità delle loro storie, se davvero sono vittime di minacce, intimidazioni oppure esclusione sociale e  hanno pertanto diritto allo status di rifugiato.

“Ci sono state poche faide tra le famiglie. Qualcuno è stato ucciso e ora la famiglia rivale è minacciata. Il mio lavoro – spiega il funzionatio a swissinfo.ch – è quello di scoprire se questo è tutto vero”.

Grégoire Crettaz viaggia in tutto il paese e parla con le famiglie dei richiedenti l’asilo, i loro vicini e la polizia locale. “Casi che contemplano minacce – ammette – sono difficili da verificare”.

Esclusione sociale

Il funzionario svizzero indaga anche su casi in cui giovani donne sono state escluse dalle loro famiglie, perché si sono sposate senza l’approvazione dei parenti stretti. “Per una donna senza istruzione che torna sola senza il sostegno familiare o dello stato, la vita può essere molto difficile. Per questo motivo prestiamo molta attenzione a questo genere di casi”.

A un richiedente che non soddisfa i criteri per l’asilo, ma è comunque considerato a rischio se torna a casa, viene concessa l’ammissione temporanea e in Svizzera può contare sull’aiuto dello stato.

Nella maggioranza dei casi le candidature d’asilo vengono respinte; i richiedenti possono scegliere se partecipare ai programmi di rimpatrio volontario o se essere rimaptriati di forza; un’opzione più costosa e meno efficace, secondo le autorità svizzere.

Reintegrazione sostenibile

La responsabilità dei rimpatri compete all’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), che fornisce consulenza, trasporto e accoglienza presso la destinazione finale. Sheremet Kukaj, funzionario dell’OIM, presenta a swissinfo.ch due ex richiedenti l’asilo che, tornati recentemente in patria dopo avere lasciato la Svizzera, hanno avviato due attività di successo.

Abbiamo incontrato il sassofonista, Burim Danqi, mentre stava facendo le prove prima del suo concerto serale in un ristorante freddo e vuoto a Gadime. Il suo banco di mixaggio nuovo di zecca, il microfono e gli altoparlanti sono stati pagati dalla Svizzera allo scopo di sostenere il suo progetto.

Danqi, che appartiene alla minoranza etnica Ashkali, era venuto in Svizzera nel 2008. Aveva trasmesso una domanda d’asilo e trovato un lavoro occasionale come un musicista. Ma gli mancavano la moglie e i tre figli che aveva lasciato alle spalle. Quando è venuto a conoscenza del programma di rimpatrio dell’Ufficio federale della migrazione, ha deciso di tornare a casa.

“Non mi pento di essere tornato a casa, ma mi è piaciuto molto vivere in Svizzera. Ho ricevuto un sacco di consigli quando suonavo in un ristorante di Aarau. Qui in Kosovo – dichiara Danqi a swissinfo.ch – la vita è più di una lotta”.

Aiuto all’occupazione

Attraverso il programma di assistenza all’occupazione, le autorità svizzere finanziano misure volte a migliorare le prospettive economiche per coloro che rientrano in Kosovo e per i membri delle comunità che li accolgono.

Particolare attenzione è rivolta ai singoli e ai gruppi vulnerabili come gli Ashkali, che soffrono per la loro condizione di minoranza. Danqi ha ricevuto 2000 franchi per aver accettato di tornare in Kosovo, 3000 franchi per pagare l’affitto di un anno e 3220 franchi come start-up per la sua attività.

Con le sue nuove attrezzature, Danqi è stato in grado di trovare un lavoro regolare nel comune di Lipjan. Un buon risultato in uno Stato dove la metà della popolazione è disoccupata.

A Lipjan, Shaban Sejdiu è impegnato a lavorare nel suo garage, grazie anche agli aiuti forniti dal programma di assistenza all’occupazione. Di ritorno in patria dalla Svizzera, ha ricevuto una somma simile a quella di Danqi, che ha usato per riparare la sua casa danneggiata dalla guerra e per avviare la sua attività economica.

La sua officina meccanica può contare su entrate regolari, circa 400 euro al mese, che vengono suddivise tra i due partner. Si tratta di una somma in linea con il salario medio in Kosovo, che è di 200 euro al mese. “Ci basta appena per vivere. Cerco di aumentare il mio reddito – racconta Sejdiu – lavorando nei cantieri edili”.

L’OIM considera il programma di rimpatrio un successo in primo luogo perché tutti i partecipanti hanno ricevuto aiuto nella ricerca di un impiego. D’altro canto, però, ritiene che fa troppo poco per arginare la marea dei kosovari che desiderano recarsi in Svizzera.

Restrizioni sui visti

Quando ogni mattina si reca al lavoro, Grégoire Crettaz passa davanti a decine di persone in coda davanti all’ambasciata svizzera con la speranza di ottenere un visto. “Dall’indipendenza del Kosovo tre anni fa – osserva il funzionario – le persone che vogliono lasciare il paese non sono diminuite”.

“Non c’è da stupirsi se si considera che poco è cambiato dal 2008. Il paese, che conta circa due milioni di abitanti, è ancora tra i più poveri d’Europa. Mancano opportunità di lavoro, gli stipendi sono bassi, mentre il costo della vita è relativamente elevato. L’anno scorso sono stati rilasciati 15 000 visti per viaggi in Svizzera. Ancora non si sa se tali restrizioni saranno abolite”.

Se il Kosovo dovessere unirsi alla zona Schengen (che non prevede visti), il timore degli specialisti della migrazione è quello di essere confrontati con un forte aumento di persone desiderose di abbandonare il proprio paese d’origine per raggiungere i familiari in Svizzera, dove vivono circa 170 000 kosovari.

L’OIM rimpatria cittadini kosovari da Austria, Ungheria, Germania, Belgio, Norvegia, Svezia, Svizzera, Francia, Bosnia Erzegovina, Lussemburgo Finlandia, Gran Bretagna, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Slovacchia e Australia.

Tra giugno 1999 e dicembre 2010, 34 405 kosovari sono stati rimpatriati dalla Svizzera verso il Kosovo. Il 70% era di sesso maschile e il 67,5% albanesi.

Nel 2010, 163 persone hanno ricevuto assistenza per il rimpatrio dalla Svizzera.

Il Kosovo è l’unico stato dei Balcani occidentali i cui cittadini hanno ancora bisogno del visto per recarsi nei paesi Schengen.

(traduzione e adattamento dall’inglese Françoise Gehring)

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