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Il popolo sancisce la fine dell’energia nucleare in Svizzera

Le cinque centrali nucleari della Svizzera verranno chiuse al termine del loro ciclo di vita.
Le cinque centrali nucleari della Svizzera verranno chiuse al termine del loro ciclo di vita. Keystone

La Svizzera non costruirà nuove centrali atomiche e chiuderà in modo graduale gli impianti esistenti. Per sostituire l’atomo punterà sulle energie rinnovabili quali sole e vento. Lo ha deciso domenica il popolo elvetico, accettando con oltre il 58% dei voti la nuova legge sull’energia.

Sei mesi dopo la bocciatura dell’iniziativa dei Verdi che chiedeva la disattivazione delle centrali atomiche del paese entro il 2029, l’elettorato elvetico è stato nuovamente chiamato alle urne per esprimersi sul futuro energetico. Ma questa volta, il popolo ha espresso un chiaro “sì” all’abbandono della via nucleare.

La nuova legge sull’energia, alla base della Strategia energetica 2050 (SE 2050), è stata accolta domenica con il 58,2% dei voti. Il risultato conferma quanto emerso nei due sondaggi preelettorali, che davano i favorevoli chiaramente in vantaggio. La partecipazione è stata del 42%.

Il sostegno alla svolta energetica è stato particolarmente forte nella Svizzera francese. Nel canton Vaud, quasi tre votanti su quattro si sono espressi in favore dell’abbandono progressivo dell’atomo. Dalle urne è uscito un “sì” anche in Ticino e nei Grigioni, così come nella maggior parte dei cantoni germanofoni. Da notare la bocciatura di Argovia, il cantone della ministra dell’energia Doris Leuthard, nonché il cantone che ospita quattro dei cinque reattori della Svizzera.

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Energie rinnovabili al posto dell’atomo

Elaborata dal governo in seguito all’incidente nucleare di Fukushima del 2011, e accettata dal parlamento nell’autunno 2016, la SE 2050 segna la via per un futuro senza nucleare. Oltre alla graduale chiusura degli impianti esistenti – che saranno disattivati non entro una data limite, ma al termine del loro ciclo di vita – la strategia sancisce il divieto di realizzare nuove centrali.

L’atomo, che oggi fornisce circa un terzo dell’elettricità consumata in Svizzera, sarà in parte sostituito dalle “nuove” energie rinnovabili quali sole, vento e biomassa. Per operare questa svolta, governo e parlamento puntano anche sull’efficienza energetica e sulla riduzione dei consumi di elettricità ed energia. L’obiettivo è di garantire un approvvigionamento energetico sicuro e diminuire la dipendenza dalle energie fossili importate.

STRATEGIA ENERGETICA 2050
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Un chiaro “sì” alle energie rinnovabili

Il sostegno del popolo alla SE 2050 «apre un nuovo capitolo verso un futuro energetico moderno», afferma Doris Leuthard. Secondo la presidente della Confederazione, la popolazione conferma la via intrapresa dal governo perché vuole più energie rinnovabili, maggiore efficienza energetica, più produzione locale e meno dipendenza dall’estero. Per sostenere le energie pulite, puntualizza, le economie domestiche dovranno versare 40 franchi all’anno a partire dal 2018.

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Il “sì” odierno alla SE 2050 è un primo passo decisivo, secondo l’Associazione delle aziende elettriche svizzere (AES). Si tratta di un’adesione chiara alle energie rinnovabili, come l’idroelettrica svizzera, colonna vertebrale della nostra produzione, si legge in una notaCollegamento esterno. L’AES ricorda comunque che è ancora incerto il modo in cui verranno raggiunti gli obiettivi fissati. Molti cantieri restano aperti, come quello dell’auto-approvvigionamento o quello delle tariffe dell’elettricità, rileva l’organizzazione.

L’accettazione della SE 2050 apre la porta a nuove «opportunità» per la Svizzera, si felicita anche l’Unione svizzera delle arti e mestieri (UsamCollegamento esterno). La Confederazione «è finalmente entrata nel 21esimo secolo», afferma dal canto suo la deputata ecologista Adèle Thorens. Il voto di domenica, puntualizza, verteva unicamente sulla prima fase della strategia, mentre gli oppositori avevano formulato previsioni, a livello di costi, basandosi su un secondo pacchetto di misure che per ora non ottiene consensi in parlamento.

Per Greenpeace, la Svizzera è sulla strada della transizione energetica e accelera l’uscita dal nucleare. Secondo l’associazione ambientalista bisognerà ora portare avanti una politica climatica ambiziosa. Anche per Pro Natura è una tappa importante verso un futuro energetico più sostenibile. L’applicazione delle misure dovrà tuttavia avvenire in modo rispettoso della natura e del paesaggio, scrive l’associazione in una nota.

Approvvigionamento energetico non garantito

Delusione, ma anche combattività. Sono questi gli stati d’animo che emergono invece fra gli sconfitti. Staremo attenti al fatto che la strategia costi non più di 40 franchi all’anno alle economie domestiche, come promesso da governo e sostenitori, avverte Christian Imark, deputato dell’Unione democratica di centro (UDC), il partito che aveva lanciato il referendum contro la nuova legge sull’energia.

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Fintanto che il sole brillerà, come oggi, non ci saranno problemi, ma quando in inverno non ci sarà energia fotovoltaica, la Svizzera avrà un problema, aggiunge Imark. A suo avviso, la questione dell’approvvigionamento energetico e del costo della nuova legge non è risolto. Il “sì” popolare alla SE 2050 non risolve la questione «fondamentale» dell’idroelettrico, un settore frammentato e in difficoltà, commenta il deputato liberale radicale Benoît Genecand, il quale si dice «deluso», ma non «sorpreso» dall’esito della votazione.

Per la collega di partito Doris Fiala bisognerà anche fare in modo che non venga a crearsi una grossa macchina di sovvenzioni, come avviene in Germania. Dal punto di vista liberale il risultato è «deludente», rileva in un comunicato. Deluse anche la Società svizzera degli impresari-costruttori (SSICCollegamento esterno) e l’Associazione ombrello dell’industria meccanica, elettrotecnica e metallurgica svizzera (Swissmem), che chiamano ora il governo a mantenere le promesse formulate in campagna. In particolare, gli obiettivi della nuova legge devono essere realizzati «senza compromettere la sicurezza di approvvigionamento e senza gravare sull’economia svizzera», secondo la SSIC.

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