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La Svizzera punta su una mobilità responsabile

Gli svizzeri sono tra coloro che viaggiano più frequentemente all'estero, non di rado anche in Paesi a rischio. Ora la legge stabilisce che devono assumersi le responsabilità di comportamenti negligenti. Keystone

Una svizzera sequestrata in Mali. Due svizzeri uccisi in un attacco terrorista in Burkina Faso. I due drammatici episodi avvenuti nelle ultime settimane sono rivelatori dei rischi incorsi da un numero crescente di cittadini elvetici in giro per il mondo. La strategia di prevenzione della Confederazione ora richiama anche esplicitamente la responsabilità individuale.

Che risiedano stabilmente o che viaggino all’estero, i cittadini elvetici hanno ormai chiaramente il dovere di assumersi le proprie responsabilità. “Chiunque prepara e svolge un soggiorno all’estero oppure esercita un’attività all’estero ne risponde in prima persona”, recita infatti la nuova Legge sugli svizzeri all’estero (LSEstCollegamento esterno), in vigore dal 1° novembre 2015.

La normativa specifica pure che la Confederazione ha un ruolo sussidiario: può intervenire per tutelare gli interessi di suoi cittadini all’estero quando questi non sono in grado di farlo da soli o con l’aiuto di terzi, ma a determinate condizioni può anche rifiutare assisterli o limitare la protezione consolare.

“Non sussiste alcun diritto alla protezione consolare”, dice in effetti nero su bianco la LSEst. “Essa è comunque sempre concessa se è minacciata la vita o l’incolumità della persona interessata”, sottolinea Peter Zimmerli, delegatoCollegamento esterno alle relazioni con gli svizzeri all’estero.

Piattaforma Itineris

Oltre ai consigli di viaggio su internet e a una Helpline, il DFAE offre pure la piattaforma online ItinerisCollegamento esterno, dove si possono registrare i soggiorni all’estero. Così in caso di emergenza i viaggiatori sono facilmente reperibili.

Inoltre con un’app ci si può registrare sulla piattaforma, accedere ai consigli di viaggio, contattare la rappresentanza all’estero e la Helpline tramite smartphone o tablet. In caso di emergenza, il Centro di gestione delle crisi del DFAE può inviare notifiche push sugli smartphone delle persone registrate o chiamarle.

L’aiuto della Confederazione non è gratis

Questi principi fondamentali della nuova normativa possono però “avere conseguenze finanziarie importanti”, spiega il delegato. “Partendo dal principio che ogni prestazione dello Stato ha un costo, chi richiede o dà origine a un servizio di protezione consolare deve, in linea di principio, rimborsare alla Confederazione le spese sostenute”.

Anche se la persona interessata non ha chiesto l’assistenza della Confederazione, “perché questa agisce in base alla presunta volontà del cittadino e nel suo interesse”, chiarisce il delegato. Se per esempio un cittadino elvetico viene sequestrato da terroristi, la Svizzera istituisce subito una task force che fa tutto il possibile per garantirne l’incolumità e ottenere il suo rilascio.

La tariffa per le prestazioni, fissata dall’Ordinanza sugli emolumenti del DFAECollegamento esterno, è di 75 franchi per ogni mezzora di lavoro iniziata. Un importo che può essere maggiorato del 50% se la prestazione è stata effettuata fuori dai normali orari di lavoro. A ciò si aggiungono gli eventuali costi sostenuti.

Senza perder di vista la proporzionalità

“La Confederazione può concedere una dilazione del pagamento oppure condonarlo parzialmente o completamente. Ma la LSEst presenta una novità: per farlo, deve verificare che la persona in questione non abbia dato prova di negligenza”, rammenta Peter Zimmerli.

Successo della Helpline

Istituita nel 2011 e operativa 24 ore su 24 dal 2012, la HelplineCollegamento esterno del DFAE a Berna è l’interlocutrice centrale per tutte le domande dei cittadini svizzeri in materia di servizi consolari.

Il numero di domande pervenute alla Helpline è passato da 15’525 nel 2011 a 40’632 nel 2014.

Questo servizio è gestito dalla Direzione consolare, che nella sua funzione di “sportello unico” coordina la fornitura di prestazioni consolari tra tutti i partner. Incaricata di curare gli interessi degli svizzeri all’estero, la Direzione consolare si occupa anche dell’aiuto sociale agli espatriati e gestisce un servizio di consulenza per i cittadini elvetici che desiderano emigrare o rimpatriare.

Negligenza significa per esempio essersi recati in una zona segnalata come pericolosa dal DFAE nei suoi consigli di viaggioCollegamento esterno, o non avere un’assicurazione viaggi con una copertura completa (per interventi di salvataggio, cure mediche, rimpatrio e protezione giuridica), oppure aver violato le leggi del paese ospitante. Per gli svizzeri residenti all’estero, responsabilità individuale vuol dire anche essere in grado di garantire il proprio sostentamento a lungo termine, avere un’assicurazione malattie e una per la previdenza di vecchiaia.

Ma anche in caso di negligenza, vale sempre il principio di proporzionalità, puntualizza il delegato. Per esempio in caso d’indigenza, la persona interessata può essere esonerata, parzialmente o completamente, dal pagamento della fattura. Ci sono inoltre casi, come nei sequestri di persona, in cui i costi dei mezzi dispiegati in favore della vittima sono fuori dalla sua portata: la Confederazione ne tiene naturalmente conto quando le presenta la fattura, rassicura Peter Zimmerli.

Strategia preventiva

Il parlamento ha voluto fare leva sulla responsabilità individuale nell’intento di esercitare un effetto di prevenzione dei rischi. Questi si sono infatti moltiplicati con la costante crescita della mobilità internazionale degli svizzeri. Basti pensare che alla fine del 2015 il numero di cittadini elvetici residenti all’estero sfiorava quota 762mila, contro 695mila alla fine del 2010. 

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Quanto ai viaggi all’estero degli svizzeri, sono progrediti in particolare quelli fuori dall’Europa, saliti da meno di un milione nel 2010 a circa 1,2 milioni nel 2014, pari a un aumento del 20%, secondo un rapportoCollegamento esterno del governo federale. “Tra le destinazioni lontane figurano regolarmente anche Stati e regioni interessati da disordini politici e conflitti armati o che rischiano di esserlo in ogni momento”. L’esecutivo elvetico rileva inoltre una tendenza a programmare i viaggi “sempre più a breve termine, a volte a scapito dell’accuratezza necessaria nella preparazione”.

Così, nonostante che il DFAE negli ultimi anni abbia costantemente intensificato e sviluppato l’informazione e il supporto gratuiti agli svizzeri che si recano all’estero, sia per un viaggio, sia per risiedervi, le richieste di aiuto ai servizi consolari sono aumentate in continuazione. Per invertire la rotta, il parlamento ha improntato la LSEst al principio di responsabilità personale: ciò dovrebbe costituire un nuovo elemento di forte impatto nella strategia di prevenzione.

Una svizzera in mano a terroristi in Mali

Il rapimento di una missionaria svizzera, nella notte dal 7 all’8 gennaio 2016, a Timbuctù, nel Mali, è il primo caso di sequestro di una cittadina elvetica avvenuto dall’entrata in vigore della nuova Legge sugli svizzeri all’estero, lo scorso novembre. Il sequestro è stato rivendicato da Al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi) in un video diffuso il 27 gennaio.

Nel video la donna appare velata. In cambio della sua liberazione, Aqmi esige “il rilascio di un certo numero di combattenti imprigionati in Mali e uno dei suoi dirigenti, Ahmad Al Faqi Al Mahdi, conosciuto come ‘Abou Tourab’, accusato di crimini di guerra e detenuto alla Corte penale internazionale dell’Aja.

A Berna il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE), che sin dall’8 gennaio ha istituito una task force in collaborazione con l’Ufficio federale di polizia, ha sottolineato che “la Svizzera chiede la liberazione senza condizioni”.

La missionaria viveva da diversi anni in Mali, dove era già stata sequestrata nel 2012 da elementi islamisti e liberata dopo nove giorni. Il DFAE ha precisato che dopo quei fatti aveva “attirato l’attenzione di questa persona sui forti rischi cui andava incontro in Mali (…) e le aveva espressamente sconsigliato di ritornare in questo paese”.

Già dal dicembre 2009 Berna sconsigliaCollegamento esterno i viaggi in Mali ai cittadini svizzeri proprio a causa dell’alto rischio di rapimento.

(Fonte: ats)

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