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Le scorie nucleari continuano a dividere le opinioni

Un'immagine delle barre combustibili tratta dal documentario "Journey to the Safest Place on Earth". diereisezumsicherstenortdererde.ch

Il film ha tutti gli ingredienti di un thriller: immagini accattivanti, musica drammatica e personaggi intriganti. In realtà si tratta però di un documentario che illustra le sfide dello stoccaggio sicuro delle scorie nucleari e che evidenzia l’interminabile dibattito in Svizzera.

La pellicola di Edgar Hagen Journey to the Safest Place on Earth (“Viaggio nel luogo più sicuro della terra”) si sofferma sul destino delle scorie radioattive. Durante una recente proiezione a Berna, il film ha rapidamente conquistato una platea composta per lo più da detrattori dell’atomo.

Non è stato difficile capire il perché: il documentario gioca sulle emozioni e utilizza semplificazioni per evidenziare i fallimenti del passato e le difficoltà della ricerca di un deposito appropriato.

Alcune settimane dopo, il film Pandora’s Promise (“La promessa di Pandora”) è stato proiettato a Zurigo. In questo caso, viene criticata l’ipocrisia dei movimenti ambientalisti e si definisce l’energia atomica una tecnologia in grado di salvare il pianeta dal riscaldamento globale. Il regista americano Robert Stone ha ricevuto applausi e complimenti da un pubblico favorevole all’atomo.

L’Ufficio federale dell’energia è responsabile del processo di selezione in tre tappe di uno o due siti in cui depositare le scorie in strati geologici profondi.

A fine 2011, il governo ha approvato sei siti, che soddisfano i requisiti della Nagra. Una parte di questi si trova a nord di Zurigo, vicino alla frontiera con la Germania.

La scelta cadrà verso il 2020. Ci vorrà in seguito l’approvazione del governo, del parlamento e molto probabilmente dei cittadini (referendum). Se accettato, il deposito verrà progressivamente riempito, prima di venir sigillato per sempre.

Deposito in profondità

Le due proiezioni sono emblematiche della situazione in cui si trova la Svizzera, anche a causa della sua democrazia di base. Nel 2002, i cittadini del canton Nidvaldo hanno ad esempio respinto in votazione la realizzazione di un deposito sul loro territorio.

Sebbene i cantoni non dispongano più di un diritto di veto in materia di stoccaggio delle scorie, il problema rimane. Al governo spetta così il difficile compito di ottenere un consenso, dal momento che un progetto di tale complessità necessita di un ampio sostegno.

La Svizzera sta pianificando la costruzione di un deposito in strati geologici profondi. L’Ufficio federale dell’energia (UFE) è responsabile della selezione dei siti più idonei. Per ora ne sono stati individuati sei. La decisione finale del governo sarà sottoposta a votazione popolare non prima del 2023.

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Ultima fermata prima di finire sottoterra

Questo contenuto è stato pubblicato al I rifiuti radioattivi devono essere conservati per 30 o 40 anni in un deposito temporaneo prima di poter essere stoccati nel sottosuolo. Le scorie necessitano infatti di diversi anni per raffreddarsi a sufficienza. Tutte le scorie prodotte in Svizzera sono trattate e immagazzinate provvisoriamente nel deposito intermedio ZWILAG e in una struttura adiacente della Confederazione.…

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Ottenere il sostegno dei cittadini

«Dopo un programma di gestione delle scorie che dura da 30 anni, è ora chiaro che la partecipazione di un’ampia fetta della popolazione è una necessità», scrive l’UFE in un documento di 130 pagine relativo a questo processo partecipativo. «Oggigiorno non si persegue più la strategia “decidi-annuncia-difendi”. È stato invece adottato un approccio più trasparente, comprensibile e partecipativo».

Questa è stata una lezione importante per la Società cooperativa nazionale per l’immagazzinamento di scorie radioattive (Nagra). La sua portavoce Jutta Lang spiega che la strategia non è di indottrinare la gente dall’alto al basso, ma di rispondere alle domande affinché ognuno possa farsi la propria idea. «Il problema è che per questo tema molto emotivo c’è raramente una risposta semplice a una domanda facile».

Nel corso del 2012, l’UFE ha organizzato 175 workshop e tavole rotonde per discutere delle proposte della Nagra con autorità regionali, gruppi d’interesse e cittadini. Le zone interessate sono invitate a esprimere le loro preoccupazioni e ad avanzare proposte fattibili.

Dalla creazione della Nagra nel 1972, il governo ha investito nel programma di gestione delle scorie 1,2 miliardi di franchi. Per oltre tre anni, la Nagra ha allestito un’esposizione itinerante nei cantoni germanofoni per spiegare come intende procedere allo stoccaggio delle scorie.

Il governo vuole dal canto suo portare avanti la ricerca di un sito che potrà accogliere 100’000 metri cubi di scorie. Gli oppositori vogliono però che vengano dapprima risolte tutte le questioni relative alla sicurezza. Il primo deposito, originariamente previsto per il 1985, non sarà operativo prima del 2050, nella migliore delle ipotesi.

Una pesante eredità

«La maggior parte dell’opinione pubblica e della politica si rende conto che si tratta di una necessità, ma non vuole [le scorie] nelle loro vicinanze», osserva Charles McCombie, consulente per le scorie nucleari presso MCM Partners. «Gran parte degli scienziati concorda che lo si possa fare in modo sicuro, anche se quest’opinione è combattuta da una minoranza attiva [di ricercatori]».

Gli oppositori si sono fatti sentire durante la proiezione di Journey to the Safest Place on Earth. Tra loro c’era anche la deputata socialista Ursula Wyss, che ha introdotto il film. «Quella che lasciamo ai nostri figli e nipoti è un’enorme eredità», ha detto Ursula Wyss. «Il problema supera le nostre possibilità tecniche e il nostro senso di responsabilità».

Durante il dibattito che ha fatto seguito alla proiezione, Jürg Buri, direttore della Fondazione svizzera dell’energia, un gruppo anti nucleare, ha affermato che «nessuno sa con precisione cosa succederà ai contenitori di metallo seppelliti nel suolo tra 10’000 o un milione di anni». Per questo motivo, ha aggiunto, «crediamo che la Svizzera abbia bisogno di soluzioni temporanee e reversibili, invece di soluzioni per l’eternità».

Tra il pubblico, pochi hanno condiviso l’intervento di Michael Aebersold, a capo del programma per lo smaltimento delle scorie presso l’UFE. Michael Aebersold ha difeso il piano del governo sottolineando che le scorie possono essere sicure soltanto quando verranno definitivamente sigillate.

Non esiste un piano B

La differenza tra le proiezioni di Journey to the Safest Place on Earth e Pandora’s Promise era palese.

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Per il film di Robert Stone, il Forum nucleare svizzero e il gruppo WIN – che riunisce donne attive nel settore dell’energia nucleare – hanno invitato un’audience composta principalmente da gente che condivide la posizione del regista.

L’entusiasmo e gli argomenti di Robert Stone ricordano l’ottimismo che regnava agli inizi dell’energia atomica in Svizzera. Il paese, che non dispone di riserve di petrolio o di gas, ha adottato l’atomo nel 1969, quando ha inaugurato Beznau I, la più vecchia centrale atomica del mondo. Quello dello smaltimento delle scorie non era allora un problema, a patto che avvenisse lontano dal giardino di casa.

Per Robert Stone, il problema non sussiste nemmeno oggi. «Le scorie sono tra gli aspetti minori», ha affermato dopo la proiezione, spiegando che nei reattori più veloci sarebbe persino possibile riciclare parte del combustibile. Agli occhi del realizzatore, gli attivisti anti nucleari sono degli idealisti irrazionali che mancano di logica e di conoscenze approfondite.

Le figure più radicali di entrambi i campi sottolineano la complessità della questione dello stoccaggio. Anche le sue implicazioni etiche vanno oltre la nostra immaginazione e concezione del tempo. «Non si può tralasciare l’etica e abbiamo bisogno di trasparenza», osserva Jürg Schacher, fisico nucleare all’Organizzazione europea per la ricerca nucleare e all’Università di Berna. «Non vogliamo una soluzione di comodo che prevede di seppellire le scorie nel dimenticatoio».

Markus Fritschi, a capo del programma di smaltimento della Nagra, avverte che in caso di bocciatura del sito scelto dal governo, non esiste alcun piano B. «Se non riusciremo a trovare un deposito adeguato, dovremo continuare a immagazzinare le nostre scorie in strutture temporanee in superficie, uno scenario che implica un disastro annunciato», ritiene. «La società è instabile. Basta ricordarsi come era l’Europa 70 anni fa per rendersi conto che questa non sarebbe una buona idea».

I gestori delle centrali nucleari sono responsabili delle scorie derivanti dalla produzione di elettricità. Le scorie devono essere stoccate su suolo svizzero. L’esportazione è possibile soltanto se il destinatario si attiene alle leggi svizzere.

In passato, la Svizzera ha considerato la possibilità di mandare le scorie nello spazio, di immagazzinarle negli strati di ghiaccio o di iniettarle in pozzi profondi. La Confederazione è stata coinvolta nel progetto Pangea, che prevedeva di stoccare le scorie altamente radioattive in Australia, un paese che non ha mai avuto alcuna centrale nucleare.

Tra il 1969 e il 1982, la Svizzera ha scaricato 5’341 tonnellate di scorie debolmente e mediamente radioattive nell’Atlantico. La quantità è inferiore rispetto a quella di Gran Bretagna e Russia, ma superiore a quella di altri paesi di dimensione simile. Gli elementi combustibili altamente radioattivi venivano trasportati in Gran Bretagna e Francia per essere rigenerati.

Lo smaltimento nell’oceano è stato progressivamente vietato e nel 1976 la Gran Bretagna e la Francia hanno deciso di rispedire le scorie verso i paesi di origine, ciò che ha costretto la Svizzera ad elaborare un programma di smaltimento.

Attualmente, la Svizzera immagazzina le sue scorie nel deposito intermedio Zwilag, a Würenlingen nel canton Argovia.

Fonti: Ufficio federale dell’energia, Nagra

Il modo più sicuro per immagazzinare le scorie sono i depositi in strati geologici profondi. Questi devono soddisfare severi requisiti geologici, tra cui un’elevata stabilità della formazione rocciosa e una bassa permeabilità all’acqua del sottosuolo.

Nel laboratorio del Mont Terri, nel Giura, ricercatori internazionali stanno testando la fattibilità e la sicurezza dei depositi in strati argillosi profondi, formatisi 180 milioni di anni fa durante il periodo del Giurassico.

Per lo stoccaggio, gli esperti propongono una profondità di 600 metri. L’argilla opalina rappresenta un materiale idoneo grazie alle sue proprietà di autosigillatura e di isolamento per periodi estremamente lunghi.

Gli esperti puntano su un sistema di barriere tecniche (contenitori) e naturali (strati rocciosi altamente impermeabili). Si stima che i contenitori verranno completamente corrosi nell’arco di 10’000 anni. A quel punto, i nuclidi inizieranno a migrare all’interno della roccia.

Fonti: Ufficio federale dell’energia, Nagra

Traduzione dall’inglese di Luigi Jorio

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