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Rifiuti elettronici, la Svizzera chiede una gestione migliore

Azione di protesta di Greenpeace contro la nave «Probo Koala», accusata di aver scaricato rifiuti tossici al largo di Abidjan nel 2006 Keystone

In occasione della Conferenza internazionale di Bali dal 23 al 27 giugno, i rappresentanti elvetici intendono esercitare pressioni affinché gli scarti elettronici siano smaltiti con maggiore efficienza.

Alla crescita delle transazioni commerciali internazionali corrisponde l’aumento proporzionale della massa di rifiuti. Questi ultimi, se gestiti in maniera inadeguata, possono causare seri danni alla salute e all’ambiente.

In quest’ottica, i delegati svizzeri alla Conferenza delle parti della Convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti oltre frontiera di rifiuti pericolosi – incominciata lunedì a Bali – intendono condividere le proprie esperienze in merito al trattamento dei rifiuti elettronici.

Gli sforzi elvetici in favore di una gestione sostenibile dei rifiuti elettronici sono sostenuti dall’organizzazione ambientalista Greenpeace, la quale invita i partecipanti alla conferenza a eleborare nuove leggi che contemplino lo smaltimento di oggetti elettronici come i telefoni cellulari e i computer.

Collaborare con le aziende

Recentemente, la Svizzera ha incoraggiato il settore privato a organizzare lo smaltimento e il riciclaggio ecologici dei telefoni cellulari. A Bali, i rappresentanti della Confederazione intendono dunque intervenire presso i partecipanti affinché siano adottate soluzioni simili per i vecchi computer.

«Sì parla soprattutto di cellulari, ma il discorso può essere esteso: i rifiuti elettronici sono infatti un problema strettamente connesso con l’aumento della produzione. Qualsiasi bene di consumo finisce per diventare un rifiuto», afferma Thomas Kolly, capo della divisione «Affari internazionali» presso l’Ufficio federale dell’ambiente.

Richiesti maggiori controlli

Il tema dei rifiuti elettronici sarà anche l’oggetto dell’intervento a Bali dell’associazione ambientalista «Basel action network» (Ban). Secondo il gruppo, quantità importanti di vecchi prodotti elettronici vengono esportati dai paesi ricchi verso quelli in via di sviluppo per essere riciclati, ma molto spesso si tratta di oggetti inutilizzabili: veri e propri rifiuti che sono poi distrutti in loco con seri danni per l’ambiente e la salute.

Pertanto, il Ban chiede l’introduzione di controlli di qualità prima dell’esportazione. Una richiesta condivisa da Martin Besieux di Greenpeace International. A suo parere, è necessario convincere i delegati presenti a Bali a sostenere una legislazione globale che imponga ai produttori di assumersi i costi derivanti dallo smaltimento dei propri prodotti; tale onere dovrebbe essere incluso nel prezzo.

Buoni esempi

Greenpeace ha stilato una lista di aziende che hanno accolto favorevolmente la proposta o la stanno già applicando. Per pubblicizzare la propria campagna, l’associazione ha recentemente ammassato 500 vecchi computer di fronte alla sede principale di Philips, in Olanda.

«Il settore dell’elettronica ha l’occasione di essere un esempio per gli altri, mostrando come si possono gestire i rifiuti in maniera economica e responsabile», sottolinea Besieux.

Prevenire gli incidenti

A Bali, i rappresentanti di circa 170 stati discuteranno segnatamente le strategie per migliorare il trattamento dei rifiuti pericolosi nei paesi emergenti e in via di sviluppo per ridurne al minimo gli effetti sulla salute e sull’ambiente.

Thomas Kolly evidenzia i passi avanti effettuati dopo l’entrata in vigore della Convenzione, nel 1992: il documento è stato ratificato da più di 60 nazioni, anche se mancano ancora all’appello Stati Uniti, Canada e Australia.

«Vi sono certamente stati parecchi progressi. Per la prima volta, il traffico dei rifiuti è stata realmente affrontato e regolamentato nel quadro di un accordo internazionale», commenta Kolly. A suo parere, per rafforzare questo risultato è tuttavia necessaria un’azione globale coordinata.

Ciò permetterebbe inoltre di prevenire danni ambientali come quello verificatosi nel 2006, quando la nave «Probo Koala» scaricò rifiuti tossici al largo della Costa d’Avorio: sette persone morirono e decine di migliaia furono colpite da problemi di salute.

«Considerando la quantità di rifiuti che si sta accumulando, è evidente la necessità di agire assai rapidamente», conclude l’alto funzionario.

swissinfo, Jessica Dacey
(traduzione e adattamento: Andrea Clementi)

Secondo alcuni esperti, in Europa l’eliminazione di un metro cubo di rifiuti tossici costa tra 400 e 680 dollari. In Asia e Africa, il prezzo è circa quindici volte inferiore.
Le Nazioni Unite stimano a 50 milioni di tonnellate il volume di rifiuti elettronici generati annualmente.
Stando a uno studio realizzato nel 2005 dal «Basel action network», il 75% dei computer e dei televisori inviati in Nigeria per essere riutilizzati sono stati in realtà seppelliti o bruciati.

Dal 23 al 27 giugno si terrà a Bali (Indonesia) la nona Conferenza delle Parti della Convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti oltre frontiera di rifiuti pericolosi.

La Convenzione – conclusa nel 1989 ed entrata in vigore nel 1992 – mira principalmente a evitare le esportazioni di rifiuti pericolosi verso paesi in via di sviluppo.

Il documento vieta segnatamente le esportazioni di rifiuti quando i paesi importatori, esportatori e di transito non sono stati debitamente informati sul tipo di rifiuti destinato all’esportazione, quando non è stata fornita la prova che i rifiuti sono trattati nel rispetto dell’ambiente e quando i paesi coinvolti non hanno dato il loro accordo.

Un ulteriore obiettivo della Convenzione è quello di ottenere che i rifiuti pericolosi siano trattati nel rispetto dell’ambiente in tutti i paesi.

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