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Gli ex ministri svizzeri si “riciclano” tranquillamente nel privato

L'ex-ministra svizzera dei trasporti Doris Leuthard (al centro) è candidata al consiglio d'amministrazione del costruttore di treni Stadler, un mandato che fa discutere. © Keystone / Ti-press / Gabriele Putzu

La riconversione dei membri del governo elvetico dovrebbe essere meglio disciplinata? La candidatura dell'ex ministra dei trasporti Doris Leuthard al consiglio di amministrazione del costruttore di treni Stadler ha rilanciato un vecchio dibattito. La Svizzera deve legiferare, afferma l'Ong Transparency International.

Ministri che si ritirano dal governo, ma che invece di godersi tranquillamente la loro rendita di pensione per riposarsi e dedicarsi ad attività di svago, si riciclano rapidamente in aziende private: questa prassi in Svizzera viene fortemente criticata a causa di potenziali conflitti d’interesse.

L’ultima controversia in questo campo è la probabile entrata di Doris Leuthard, ex capo del Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni (DATECCollegamento esterno) nel consiglio di amministrazione del produttore di materiale ferroviario Stadler. La sua nomina sarà sottoposta all’assemblea generale degli azionisti della società nell’aprile 2020.

Un caso considerato “problematico” da Transparency International SvizzeraCollegamento esterno, poiché il mandato riguarda proprio il settore dei trasporti, di cui Doris Leuthard è stata responsabile in seno al governo dal 2010 al 2018. “È un passo maldestro, anche se ha rispettato la scadenza di un anno. Ci si aspetta più sensibilità da parte di un’ex ministra”, commenta Martin Hilti, direttore dell’organizzazione non governativa che lotta contro la corruzione.

L’ex consigliera federale è membro anche dei consigli di amministrazione dell’azienda di catering industriale Bell e della sua casa madre, il distributore Coop. Ha assunto queste nuove funzioni nel marzo 2019, solo tre mesi dopo aver lasciato il governo. Una conversione rapida e problematica, secondo Martin Hilti.

Una prassi comune

Il precedente “riciclaggio” nel privato che aveva scatenato un vero putiferio risale al 2010. Poche settimane dopo aver lasciato il governo svizzero, l’ex capo del DATEC Moritz Leuenberger era entrato nel consiglio di amministrazione di Implenia, l’impresa di costruzioni numero uno del Paese. Qualche anno dopo, il socialista zurighese ha dichiaratoCollegamento esterno alla Radiotelevisione svizzera di lingua francese RTS di aver agito per provocazione: “Ero stato spinto verso le dimissioni dal governo, mi avevano lasciato cadere, anche nel partito. Ho pensato: se non mi volete più, allora anch’io faccio qualcosa che non piace a voi”.

Quello di Leuenberger non era peraltro il primo caso ad aver sollevato polemiche. Nel 2007, l’ex ministro dell’economia e dell’agricoltura Joseph Deiss aveva aderito al gruppo caseario Emmi, i cui proprietari di maggioranza sono agricoltori. Anche i mandati di Kaspar Villiger hanno suscitato controversie. Membro del governo fino alla fine del 2003, l’anno successivo era entrato nel consiglio di amministrazione di Nestlé e nella compagnia di assicurazione e riassicurazione Swiss Re. L’ex ministro delle finanze nel 2009 aveva inoltre assunto la presidenza del consiglio di amministrazione della più grande banca svizzera, UBS.

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Una questione di fiducia nella democrazia

La Svizzera non ha ancora adottato una legislazione che disciplini le riconversioni dei suoi ministri. Il parlamento ha cercato di legiferare più volte, ma tutti i tentativi sono stati vani. L’ultimo risale allo scorso settembre, quando la Camera dei Cantoni (Consiglio degli Stati) ha respinto un’iniziativa parlamentare in tal senso. Il testo mirava ad impedire ad ex consiglieri federali di accettare mandati o funzioni retribuite in aziende le cui attività sono strettamente legate ai compiti del ministero che hanno diretto.

Per evitare qualsiasi conflitto di interessi, Transparency International chiede l’introduzione di un periodo di attesa obbligatorio prima che i ministri uscenti possano accettare un mandato retribuito. “Se non legiferiamo, la fiducia nelle istituzioni democratiche rischia di patirne”, dice Martin Hilti. D’altra parte, egli sottolinea che i parlamentari sono loro stessi “i più grandi lobbisti”, il che potrebbe incitarli a non agire in questo campo.

Il direttore della sezione svizzera dell’organizzazione anticorruzione ripone però le sue speranze nel nuovo parlamento, che è più giovane e più a sinistra: “Ora abbiamo una nuova generazione più sensibile al problema del lobbying, che potrebbe migliorare la situazione”. Ma la sinistra dovrà trovare alleati nel centro per poter smuovere le acque.


Alcune regole per gli ex ministri

La ripresa dell’attività lucrativa da parte di un ex membro del governo può avere conseguenze sulla sua rendita di pensione. Al momento di lasciare il Consiglio federale, se ha esercitato la funzione per almeno quattro anni, un ministro svizzero attualmente ha diritto a una rendita annuale equivalente alla metà della retribuzioneCollegamento esterno lorda dei suoi colleghi in carica. Attualmente quest’ultima ammonta a 451’417 franchi, dunque la rendita di pensione è di poco più di 225’000 franchi all’anno.

Ma l’Ordinanza federaleCollegamento esterno concernente la retribuzione e la previdenza professionale dei magistrati all’articolo 5Collegamento esterno stabilisce che se un ex ministro esercita una o più attività la cui rimunerazione aggiunta all’importo della pensione supera la retribuzione annua di un consigliere federale in carica, la sua rendita è ridotta dell’eccedenza. Ciò vale fino al momento in cui percepisce altre retribuzioni.

È stato per esempio il caso di Kaspar Villiger. Poiché con i suoi vari mandati incassava molto di più della pensione, il liberale radicale ha dovuto rinunciare all’intera rendita di ex consigliere federale.

(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)

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