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Ricompensati per sradicare la vigna

In Svizzera si coltivano una cinquantina di vitigni su di una superficie di circa 15'000 ettari Keystone

L'Unione Europea propone premi a chi sradica la propria vigna: i viticoltori francesi protestano, quelli svizzeri non temono ripercussioni.

In Svizzera la produzione è già stata ridotta negli anni ’90 preferendo puntare sull’alta gamma. Un riequilibrio della produzione internazionale potrebbe addirittura far vendere più vino svizzero sul mercato interno.

Viticoltori che scendono per le strade per protestare contro la proposta di sradicare le vigne. Succede nel Sud della Francia, non in Svizzera, dove scene analoghe hanno di solito per protagonisti i produttori di latte.

I viticoltori europei sono inquieti per la proposta dell’Unione Europea (UE) di far sparire 400 000 ettari di vigna entro il 2009, circa il 12% del totale.

Surplus

La misura radicale, su base volontaria, è stata proposta a fine giugno dalla commissaria UE incaricata dell’agricoltura, Mariann Fischer Boel, ed è intesa a rianimare un mercato sommerso da laghi di vino che nessuno beve.

Un po’ perché se ne produce troppo, un po’ perché l’Europa subisce la pesante concorrenza di altri continenti, soprattutto Australia, Stati Uniti, America Latina e Sudafrica, che vinificano a prezzi più concorrenziali.

Ma vi sono anche altre ragioni per la maggiore sobrietà, in Europa e anche in Svizzera: “Si continua a ridurre il tasso etilico tollerato per i guidatori, si fanno campagne contro l’alcool e questo ha delle conseguenze sui consumi”, dice a swissinfo Georges Emery, presidente della Federazione svizzera dei viticoltori.

È vero che in Europa si produce troppo vino di seconda categoria, ammette Emery, e questo potrebbe giustificare la proposta, ma quello che lo lascia più perplesso è che l’UE voglia strappare vigne in Europa occidentale, mentre l’Europa orientale sta vivendo un vero e proprio boom di nuovi impianti di vigneti. “Manca una visione d’insieme”, sottolinea Emery.

Vini eccellenti

Per quanto riguarda la Svizzera, Emery non sembra preoccupato dalla proposta dell’UE: “Non ho timori per noi, perché siamo forti nell’alta gamma, un po’ come per gli orologi”. “Peccato però che la Svizzera non sia membro dell’UE, così non dovrebbe ogni volta solo reagire alle sue decisioni, ma potrebbe giocare un ruolo più attivo”, aggiunge il presidente dei viticoltori svizzeri.

Malgrado la sovrapproduzione mondiale e la concorrenza sempre più agguerrita, la Svizzera non se la cava troppo male: il 98% dei circa 1,2 milioni di ettolitri prodotti nella Confederazione è venduto in patria, ed i migliori vini svizzeri negli ultimi anni ricevono sempre più spesso premi internazionali di eccellenza.

In Svizzera non esiste il problema della sovrapproduzione, grazie al sistema di quote introdotte già a partire dagli anni ’90. Invece in Europa, solo per lo stoccaggio o il riciclaggio in alcool industriale del vino in eccedenza (che rappresenta l’equivalente di un anno di produzione), l’anno scorso si è spesa la bellezza di mezzo miliardo di euro.

Oltre allo strappo della vite la riforma proposta da Mariann Fischer Boel comprende anche altre misure, come il divieto di utilizzare zucchero per migliorare la fermentazione del mosto e la semplificazione nella classificazione dei vini, con due sole categorie – con o senza denominazione d’origine.

Le bottiglie potrebbero in futuro anche indicare sistematicamente l’anno di produzione e il tipo di vitigno, informazioni che sono attualmente vietate per i semplici vini da tavola.

Un giusto riequilibrio o la fine di tradizioni di famiglia?

I soldi che la riforma farebbe risparmiare all’UE verrebbero utilizzati per finanziare misure mirate per la riqualificazione agricola e per favorire il pensionamento anticipato di circa un milione e mezzo di persone che rinuncerebbero alla propria attività.

“È il mercato che detta legge”, commenta Guido Brivio per swissinfo. Il produttore e commerciante di vini ticinese ritiene la situazione attuale una conseguenza della moda della vite scoppiata negli anni ’90, in Europa e un po’ in tutto il mondo.

“Se ora si produce troppo vino è giusto ridurre. Spero però che non ci andranno di mezzo famiglie che da generazioni sono del mestiere. Meno grave se si tratta di multinazionali che hanno investito nel settore anche per ragioni speculative”.

Il Ticino esporta una minima parte del suo Merlot (2%), soprattutto in Germania, Belgio, Inghilterra e Nord Italia. Anche secondo Brivio la proposta dell’UE non dovrebbe avere influssi negativi né per la Svizzera italiana, né per altre regioni vinicole elvetiche, anzi: “Se ci sarà un po’ meno vino straniero sul nostro mercato, forse venderemo di più il nostro”.

swissinfo, Raffaella Rossello

In Svizzera sono coltivati a vigna circa 15 000 ettari di terreno.

Le principali regioni vinicole si trovano nella Svizzera francese, in particolare nei cantoni Vallese e Vaud, e nella Svizzera italiana.

In Europa la Spagna è il paese con la maggiore superficie coltivata a vigneti (1’180 000 ettari), seguito da Francia (890 000) e Italia (847 000).

La Svizzera produce in media 1,2 milioni di ettolitri di vino l’anno, con una leggerissima prevalenza di bianco, 51%.
Soltanto l’1-2% viene esportato.
La Svizzera copre circa il 4% percento della produzione vinicola europea, e meno dell’1% della produzione mondiale.

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