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“La crisi migratoria è lungi dall’essere risolta”

*Le cifre di Frontex vanno prese con prudenza: i migranti venivano infatti registrati più volte sulla rotta dei Balcani, ogni volta che entravano in un nuovo paese comunitario. swissinfo.ch

In seguito alla chiusura della rotta dei Balcani, le domande d’asilo in Svizzera sono praticamente dimezzate nell’ultimo anno. La situazione è però lungi dall’essere sotto controllo, afferma il professor Etienne Piguet. Mentre guerre e povertà continuano a spingere milioni di persone all’esilio, l’UE sembra incapace di trovare una politica comune, al di là del controllo delle frontiere. 

Nel terzo trimestre del 2016, la Svizzera ha registrato 7’105 domande d’asilo, il 42% in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Un calo legato soprattutto alla chiusura della rotta dei Balcani, spiega la Segreteria di Stato della migrazione (SEM)Collegamento esterno, ma anche al fatto che parte dei migranti cerca di proseguire il viaggio verso nord, senza depositare una domanda d’asilo in Svizzera. 

A diminuire è stato in particolare il numero di profughi siriani (-1149), afghani (-897) ed iracheni (-421), bloccati in Turchia dove si trovano già oltre 3 milioni di rifugiati. Una situazione denunciata a più riprese dalle ONG, secondo cui Ankara avrebbe più volte violato la Convenzione di Ginevra, respingendo i profughi siriani alla frontieraCollegamento esterno. L’accordo siglato tra l’UE e la Turchia è però fragile, afferma Etienne Piguet, professore di geografia umana all’università di Neuchâtel e vicepresidente della Commissione federale della migrazione. 

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swissinfo.ch: L’UE è riuscita a fermare temporaneamente l’afflusso di profughi dai Balcani. Ma l’accordo siglato con Ankara non rischia di saltare di fronte all’instabilità politica della Turchia e alle accuse di violazioni dei diritti umani?

Etienne Piguet: È la grande incognita del momento. La Turchia può utilizzare questo accordo per far pressione sull’UE, aprendo nuovamente le proprie frontiere. Ma Bruxelles farà di tutto per mantenerlo, facendo prova di una certa tolleranza nei confronti di Ankara. Ho l’impressione che il paradigma scelto sia questo. Lo dimostra il fatto che Angela Merkel ha manifestato l’intenzione di sottoscrivere simili accordi anche con paesi dell’Africa del Nord. Il modello scelto non è più quello dell’accoglienza, ma quello della chiusura.  

swissinfo.ch: Oltre alla chiusura della rotta dei Balcani, la Segreteria di Stato della migrazione ha motivato la diminuzione delle domande d’asilo col fatto che un numero crescente di migranti vuole evitare di chiedere asilo in Svizzera perché sa che applica in modo fermo gli accordi di Dublino. Questa “efficienza” elvetica non è però nuova. Cosa è cambiato?

E.P.: Sono cambiate essenzialmente due cose. La prima è che altri paesi europei sono diventati più attrattivi: lo scorso anno la Svezia e la Germania hanno scelto l’apertura. Si sono così create della grandi comunità, come quella dei siriani, e questo è un fattore importante nella scelta di una destinazione.

L’altro aspetto è che la Svizzera ha cambiato la sua politica nei confronti di alcuni gruppi. Eritrei in primis. Fino a qualche anno fa, molti eritrei ricevevano lo statuto di rifugiato, mentre ora ottengono per lo più l’ammissione provvisoria, uno statuto che rende più difficile il ricongiungimento famigliare e l’accesso al mercato del lavoro. La Svizzera ha reso la sua politica più restrittiva, anche se non è mai stata lassista. 

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swissinfo.ch: L’UE sembra riuscire a trovare un’intesa solo su un rafforzamento dei controlli alle frontiere, mentre il programma di ricollocazione fatica ad avanzare e l’Italia è lasciata sempre più sola. Il progetto di una politica migratoria europea è destinato al fallimento?

E.P.: Il tentativo di ricollocare 160mila migranti è un fiasco quasi totale. Solo 5mila-6mila persone sono state trasferite da Italia e Grecia. L’unico progetto portato avanti è quello di un rafforzamento di Frontex, ma non ha nulla a che vedere con la politica migratoria. Non credo tuttavia che il progetto di una politica comune sia morto, anche se probabilmente sarà qualcosa alla carta, a seconda della volontà dei singoli paesi.

swissinfo.ch: Tenuto conto di questo stallo della politica europea e del fatto che guerra e povertà continuano a spingere milioni di persone alla fuga, l’UE è seduta su una bomba ad orologeria?

E.P.: La chiusura della rotta dei Balcani ha diminuito in parte la pressione, ma ci sono molte contraddizioni nella politica europea che fanno si che la crisi potrebbe riprendere. Non credo che si possa parlare di una bomba ad orologeria, è però vero che la crisi migratoria è lungi dall’essere risolta.

–> Contattate l’autrice via Twitter @stesummiCollegamento esterno

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