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Richieste d’asilo: «non peggio di altri anni»

Un rifugiato sudanese in un centro di Losanna. Keystone

In Svizzera, nonostante l'aumento del numero di persone in cerca d'asilo, gli esperti ritengono che non si possa parlare di crisi. In base ai dati dell'Ufficio federale della migrazione, le richieste si attestano a 2254 e la maggior parte provengono dal Nord Africa.

Settimana scorsa, i direttori di giustizia e polizia dei 26 cantoni hanno accusato le autorità federali di impiegare troppo tempo per elaborare le richieste e di inviare i richiedenti d’asilo dagli organi federali a quelli cantonali troppo velocemente. Alcuni cantoni hanno inoltre criticato il fatto che la Confederazione è co-responsabile degli scontri prodottisi di recente tra richiedenti d’asilo.

La ministra di giustizia elvetica Simonetta Sommaruga si è espressa a favore di una linea più dura nei confronti dei richiedenti d’asilo che si comportano in «modo completamente inopportuno». In un’intervista rilasciata al SonntagsBlick, la ministra ha affermato che occorre garantire l’ordine e impiegare i giovani in lavori di pubblica utilità.

Dal canto suo, Denise Efionayi-Mäder, vice direttrice del Forum svizzero per lo studio delle migrazioni e della popolazione dell’Università di Neuchâtel, ritiene che la situazione non è più critica rispetto ad altri anni.

«Non penso che siamo confrontati con una situazione straordinaria. Ci sono stati dei problemi di natura organizzativa e questo fatto è stato strumentalizzato a livello politico», spiega Efionayi-Mäder.

Meno richieste rispetto ad altri anni

«La riorganizzazione dell’Ufficio della migrazione in atto dal settembre 2010 impiega molte risorse. Per fare una ristrutturazione ci vuole sempre tanta energia che non può essere impiegata per il lavoro di tutti i giorni. Questo è sicuramente uno dei motivi. Nel contempo si sono aggiunti gli eventi del Nord Africa», afferma Efionayi-Mäder.

Sandra Lavenex, professoressa di scienze politiche all’Università di Lucerna, spiega che i flussi migratori sono minori a quelli degli anni passati: «Guardando le statistiche si nota che il numero di richiedenti è diminuito notevolmente dai primi anni Novanta».

«Gli stati europei hanno trovato diversi modi per rendere il sistema d’asilo meno interessante e meno accessibile ai richiedenti d’asilo, compresi i rifugiati veri e propri. Apparentemente si tratta di un tema attuale in periodo di elezioni», aggiunge Lavenex.

Crisi degli anni Novanta

Anche Efionayi-Mäder relativizza: «Durante la guerra dei Balcani, in confronto, il numero di richiedenti d’asilo era molto maggiore. In Svizzera sono arrivate tante persone che avevano disperatamente bisogno d’aiuto. Nel 1991 e nel 1999 si poteva parlare di una crisi. Oggi le cose sono diverse e mi sembra eccessivo usare la parola crisi».
 
Per via della sua posizione centrale, la Svizzera, in generale, non si vede confrontata con persone che arrivano per la prima volta in Europa. In base alla convenzione di Dublino, i rifugiati devono presentare la loro richiesta d’asilo nel primo paese in cui arrivano.

«La convenzione di Dublino è un grande peso per i paesi che si trovano alle frontiere dell’UE. E ovviamente la Svizzera beneficia di questo sistema perché è protetta dai paesi confinanti. In termini relativi, ci sono dunque meno richiedenti d’asilo in Svizzera», spiega Lavenex.

Convenzione di Dublino insufficiente

«Negli ultimi anni è diventato sempre più chiaro che la convenzione di Dublino non funziona molto bene. La Grecia ne è un buon esempio. Il ritorno dei richiedenti d’asilo in Grecia è infatti stato sospeso dopo una decisione dalla Corte europea per i diritti umani», ribadisce Lavenex.

Secondo la professoressa, l’approccio dell’UE di assegnare e a volte spostare le responsabilità risulta problematico poiché non comporta una verifica dell’implementazione degli standard e delle condizioni d’asilo negli stati membri.

«La regola che definisce il primo paese responsabile per la richiesta d’asilo non è equilibrata. In teoria, secondo la convenzione di Dublino, paesi come la Germania o la Svizzera possono accettare solo richieste d’asilo di persone provenienti in aereo», spiega Lavenex.

Buona integrazione

Nei mesi passati sono arrivati molti rifugiati dal Nord Africa. «In considerazione della primavera araba, trovo peccato che in Europa la prima reazione sia stata la paura di doversi confrontare con ondate migratorie», spiega Efionayi-Mäder.

Secondo la vicedirettrice del Forum per la migrazione il problema dei rifugiati non può essere risolto unicamente tramite misure giuridiche, «occorrono soluzioni diverse, come la legalizzazione della migrazione».

L’integrazione è un altro grande tema politico svizzero. «La Confederazione ha integrato un gran numero di migranti. Negli ultimi 60 anni, circa 6 milioni di persone sono venute in Svizzera, senza contare i lavoratori stagionali. Queste cifre mostrano che il sistema di migrazione e integrazione funziona», conclude Efionayi-Mäder.

Da gennaio a maggio 2011, 8120 persone hanno presentato una richiesta d’asilo in Svizzera.

Solamente in maggio, le richieste sono state 2254, il 51%in più rispetto ad aprile.

La maggior parte delle richieste del 2011 sono state trasmesse da eritrei (1645) e tunisini (758).

Il Ministero di giustizia svizzero ha detto che i rifugiati libici riceveranno protezione, ma che i tunisini saranno rimandati nel loro paese.

Nonostante l’aumento degli ultimi mesi, i dati non raggiungono minimamente i massimi registrati nel 1999 durante i conflitti nei Balcani e in Sri Lanka.
 
Nel maggio 2011, in Svizzera ci sono 38 000 richiedenti d’asilo, nel 1999 erano 104 000.

Alla fine del 2010, c’erano 43,7 milioni rifugiati a livello mondiale e nel 2009 erano 43,3 milioni. È quanto emerge dai dati pubblicati dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.

Di questi, 15,4 milioni sono fuggiti in altri paesi, l’80% in paesi in via di sviluppo limitrofi.

27,5 milioni si sono spostati internamente nel loro paese.

Sono 850 000 i richiedenti d’asilo che hanno deposto una domanda.

Un po’ più della metà di tutti i rifugiati sono d’età inferiore ai 18 anni.

Il più grande gruppo è quello degli afgani (3 milioni).

In Europa, nel 2010, c’erano 1,6 milioni di rifugiati. Nell’anno precedente erano 40 700.

In Asia circa 4 milioni, 2,1 milioni in Africa, quasi 7 milioni nel Medio oriente e Nord Africa e circa 800 000 nelle Americhe.  

(traduzione e adattamento dall’inglese, Michela Montalbetti)

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