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Farmaci: la strada fino al mercato diventa sempre più lunga

Dalle prime fasi di sviluppo di un nuovo farmaco alla sua introduzione sul mercato possono trascorrere fino a trent’anni. Thomas Kern

Riuscire ad immettere sul mercato un nuovo farmaco è un processo lungo e costoso, che può durare fino a trent’anni. Negli ultimi tempi l’iter è diventato ancora più complicato, specialmente in Svizzera, sostengono l’industria farmaceutica e gli istituti di ricerca.

Le autorità sanitarie sono diventate più caute e restrittive e richiedono una documentazione sempre più corposa, afferma Stefan Frings, responsabile dell’oncologia presso la filiale della Roche che acquista potenziali farmaci per svilupparli ulteriormente.

Alcuni decenni fa, ad esempio, una terapia sarebbe stata approvata per ogni tipo di tumore, sulla base di un numero relativamente ristretto di dati. Oggi, i medicinali sono registrati solo per il tipo di tumore per il quale sono stati studiati, osserva Frings. Con questo approccio, le autorità sanitarie vogliono essere certe che il farmaco sia sicuro e più efficace rispetto ai trattamenti già esistenti.

Riuscire ad ottenere l’approvazione per vendere un medicinale da parte di Swissmedic o degli enti di regolazione europeo o statunitense è una via crucis. Le aziende devono anche negoziare sul prezzo con le competenti istituzioni statali (l’Ufficio federale della sanità pubblica in Svizzera) e i governi sono sempre più riluttanti a pagare per i trattamenti costosi.

«Anche se riusciamo ad ottenere l’omologazione, non significa che possiamo fornire il medicinale ai pazienti. Nella maggior parte dei paesi siamo sottoposti a un altro esame», aggiunge Frings.

Per le autorità svizzere, un farmaco ha un rapporto costo-efficacia positivo quando permette di raggiungere i risultati medici indicati al minor prezzo possibile. Questo rapporto è valutato sulla base di paragoni con altre terapie e sugli accertamenti eseguiti in altri paesi, osserva il portavoce dell’Ufficio federale della sanità pubblica Daniel Dauwalder.

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Ingannare il sistema immunitario per combattere il cancro

Questo contenuto è stato pubblicato al A Berna, un gruppo di ricercatori dell’ospedale universitario studia tecniche più dolci per sfruttare il sistema immunitario nella lotta contro il cancro. (SRF/swissinfo.ch)

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Uno su cinquemila

Tutto ciò fa sì che l’iter sia estremamente lungo. La probabilità che una potenziale nuova terapia giunga un giorno sul mercato è di uno su cinquemila, stando alle valutazioni del Tufts Center for the Study of Drug Development. E sviluppare un farmaco può costare fino a due miliardi di dollari, secondo uno studio pubblicato nel 2006.

Il primo passo da compiere quando si vuole trovare un nuovo trattamento contro il cancro è di studiare come le cellule cancerogene invadono il corpo umano. Meglio si conosce la malattia, più velocemente si può sviluppare una terapia e identificare i pazienti che potrebbero beneficiarne, osserva Frings. Alcune molecole sono particolarmente promettenti già nelle prime fasi di sviluppo.

«Con lo Zelboraf [un medicinale contro il cancro alla pelle in commercio negli USA e in Europa] sapevamo già nella fase uno che avevamo in mano un farmaco. Negli Stati Uniti ci sono quindi voluti solo cinque anni per ottenere l’omologazione».

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Il business della ricerca oncologica

Questo contenuto è stato pubblicato al Gli analisti dell’istituto IMS Health, basato nell Connecticut, prevedono che il mercato legato ai farmaci per il cancro crescerà fino a 75 miliardi di dollari (71 miliardi di franchi) nel 2015. Rispetto ai 54 miliardi del 2009, la crescita sarà di quasi il 40%. L’obiettivo ultimo per tutti gli attori che operano in questo mercato…

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Dai cinque a trent’anni

Questo caso è però piuttosto raro. Lo sviluppo di un farmaco può prendere dai cinque ai trent’anni. La media è di dieci anni, spiega Frings. Il farmaco contro il cancro al seno Perjeta è stato approvato in Europa all’inizio di quest’anno, ovvero venticinque anni dopo che le conoscenze di base su cui poggia il medicinale erano state scoperte.

«Bisogna poter sopravvivere per dieci, vent’anni. E se non si riesce a sostenere a lungo termine la ricerca e lo sviluppo, prima o poi ci si trova fuori dal business», aggiunge lo specialista della Roche.

Molti farmaci contro il cancro che sono oggi sul mercato, sono il risultato delle ricerche sui meccanismi della malattia condotte anni e anni fa. I cosiddetti progetti di ricerca di base sono di solito finanziati da fondazioni, come la Ricerca svizzera contro il cancro o il Fondo nazionale per la ricerca scientifica (FNS)

Quest’ultimo tra il 2008 e il 2012 ha investito più di 100 milioni di franchi in progetti legati alla ricerca sul cancro (su un budget annuo complessivo di 700 milioni). E la somma dovrebbe crescere, osserva il portavoce dell’FNS Ori Schipper

Ricerca di base fondamentale

L’FNS investe, ad esempio, in progetti che si focalizzano sui meccanismi biologici all’opera nelle cellule tumorali e i cui risultati non potranno necessariamente essere applicabili nei prossimi vent’anni, spiega Sabine Werner, biologa cellulare presso il Politecnico federale di Zurigo e consulente del consiglio di ricerca dell’FNS.

Le scoperte della ricerca di base sono spesso applicate solo molto più tardi nel processo di sviluppo di un farmaco, quando il ruolo che svolgono nella malattia diventa più chiaro. Alcune scoperte che risalgono agli anni ’90 stanno ancora contribuendo oggi allo sviluppo di farmaci, osserva Frings.

«Non ci troveremmo dove ci troviamo in questo momento se vent’anni fa non avessimo eseguito ricerche su alcune mutazioni genetiche, che oggi sappiamo svolgere un ruolo nel cancro al seno», spiega Sabine Werner, riferendosi al farmaco della Roche Herceptin, terzo medicinale contro il cancro più venduto al mondo.

Solo un primo passo

Una scoperta è però solo il primo passo. In un secondo tempo, le piccole società attive nel campo della biotecnologia valutano le potenziali molecole, le sviluppano e le analizzano. In seguito, le molecole ancora in lizza sono vendute a giganti dell’industria farmaceutica come Roche e Novartis, che le sviluppano ulteriormente, le esaminano e le sperimentano eventualmente su esseri umani.

Nell’ultima fase prima dell’omologazione, i potenziali farmaci devono essere paragonati a quelli già sul mercato. Questi test finali servono soprattutto a convincere le autorità di approvare il trattamento.

Queste esigenze rappresentano un ostacolo non solo per le aziende che vogliono immettere un nuovo prodotto sul mercato. Le organizzazioni di ricerca, che svolgono dei test clinici per trovare le terapie migliori, sono pure confrontate col problema. Secondo il Gruppo svizzero di ricerca clinica sul cancro, tra il 2005 e il 2011 il numero di test clinici approvati da Swissmedic è sceso del 40%.

«Le ragioni di questo declino sono da cercare nella regolamentazione eccessiva, che ha trasformato la Svizzera in un paese poco attraente, dove le procedure sono lente e costose», afferma Beat Thürlimann, presidente del gruppo di ricerca. «Oggi svolgere uno studio clinico è sempre più complicato», sottolinea.

Secondo il portavoce di Swissmedic Daniel Lüthi, le regole utilizzate per applicare le leggi svizzere in materia di medicina sono rimaste le stesse. Tuttavia, Lüthi ammette che lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche e i conseguenti requisiti normativi, ad esempio per quanto concerne gli studi clinici e le loro valutazioni, hanno conosciuto un’«enorme evoluzione» negli ultimi vent’anni.

Comunque sia, trovare delle terapie più efficaci per lottare contro il cancro è più urgente che mai, sottolinea Beat Thürlimann. Ogni anno sono diagnosticati 40’000 nuovi casi e 16’000 persone muoiono a causa di questa malattia, secondo la Lega svizzera contro il cancro.

Su 5’000-10’000 potenziali farmaci, solo 250 circa sono sufficientemente promettenti per essere valutati in laboratorio e sperimentati sugli animali. Di questi, dieci riusciranno a superare la fase per essere sperimentati sugli esseri umani e solo uno in media sarà immesso sul mercato.

In materia di ricerca e sviluppo la Svizzera si trova all’undicesimo posto mondiale, con una spesa annua pari al 2,3% del prodotto interno lordo. Le società attive nei settori chimico, farmaceutico e ingegneristico spendono circa tre quarti della somma. Il resto è investito dal settore pubblico.

Il Politecnico federale, l’Università di Losanna e il Centro ospedaliero universitario vodese hanno comunicato in gennaio di voler unire le loro risorse per creare un nuovo centro svizzero di lotta contro il cancro, in collaborazione con la fondazione ISREC (ex istituto svizzero di ricerca sperimentale sul cancro).

Il futuro centro, denominato Agora, costerà 70 milioni e dovrebbe essere inaugurato nel 2016

Vi lavoreranno 400 persone, tra medici, ricercatori e bioingegneri.

(traduzione dall’inglese: Daniele Mariani)

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