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Il tessile svizzero riprende quota

Le esportazioni dell'industria tessile svizzera hanno raggiunto l'anno scorso un volume pari a 1,8 miliardi di franchi. Keystone

Dopo un 2015 negativo anche a causa della decisione della Banca Nazionale Svizzera di sganciare il franco svizzero dall’euro, le esportazioni del settore tessile svizzero stanno tornando ai livelli degli anni passati. 

“Per questo abito mi sono ispirata all’escursionismo svizzero, mixandolo con il costume tradizionale ticinese. È composto di un gilet in corda di alpinismo chiuso in vita con un laccio per imbragatura da alpinisti. E anche quest’altro capo si ispira ai costumi tipici ticinesi: è una gonna pantalone a un quarto di ruota che riprende la silhouette delle gonne che le donne indossavano durante le feste tradizionali”, ha spiegato raggiante la studentessa di moda Valeria Papagni, pochi minuti dopo essere stata proclamata vincitrice, con il progetto Alpstreck, dello Swiss Cross Textile Award 2016Collegamento esterno

Una manifestazione organizzata dall’Istituto europeo per il design di Milano (IED), in collaborazione con il Consolato generale svizzero a Milano. Alla fine dei tre anni di corso gli studenti dello IED sono chiamati a realizzare una collezione con tessuti rigorosamente prodotti da imprese svizzere e a presentarli in una sfilata davanti alla stampa e agli esperti del settore. All’edizione di quest’anno erano 12 le collezioni in gara e due gli studenti provenienti dalla Svizzera. 

Textilland Ostschweiz 

Il progetto dell’associazione «Textilland Ostschweiz» crea offerte turistiche per far conoscere il know-how tessile e la tradizione artigianale della Svizzera orientale, dove si concentra la gran parte delle aziende elvetiche del settore. 

Sostenuta e formata dalle principali imprese tessili e dagli enti turistici dei cantoni di Turgovia, San Gallo, Argovia e Appenzello, nel 2014 il suo progetto è stato riconosciuto come esemplare nell’ambito della Nuova politica regionale promossa dalla Segreteria di Stato dell’economia. 

Un’offerta turistica che spazia dalle visite al Museo tessile di San Gallo e alla filatura a Neuthal, per conoscere da vicino la produzione dei filati su macchine storiche ancora funzionanti, al soggiorno nei principali hotel della Svizzera orientale, dove speciali camere vengono allestite con materiali selezionati della regione. Senza dimenticare i diversi tour di shopping che completano l’offerta.

Il tessile svizzero al microscopio 

Ma in realtà a essere valorizzato nel paese e nella città della moda e della creatività per eccellenza è il tessile svizzero. Un settore che nella Confederazione Elvetica (soprattutto nella Svizzera orientale) dà lavoro a 13.400 impiegati che operano prevalentemente in aziende piccole con pochi dipendenti: 2361 imprese con meno di 10 impiegati e 173 con più di 10 impiegati. 

E che, nonostante un 2015 caratterizzato da una forte riduzione (-10,1%), dovuta principalmente dall’apprezzamento del franco svizzero nei confronti delle altre valute, punta a riconquistare terreno sui mercati internazionali. Del resto, pur con tutte le ripercussioni che la decisione della Banca nazionale svizzera del gennaio 2015 ha provocato, il tessile svizzero per la sua qualità lo scorso anno è stato capace di muovere un export da 1,8 miliardi di franchi. 

“La gran parte di questi tessuti non serve per confezionare gli indumenti d’abbigliamento ma viene utilizzata principalmente nell’industria medica o nell’architettura d’interni”, spiega a swissinfo.ch Philippe Praz, direttore uscente dello Swiss Business HubCollegamento esterno di Milano, uno sportello unico presente in molte città di tutti i continenti che aiuta le imprese svizzere a promuovere il proprio export all’estero e che lo stesso Praz ha creato nell’agosto del 2012 in seno al consolato svizzero del capoluogo lombardo. 

Risparmi e aiuti del governo 

Philippe Praz, in partenza per San Paolo in Brasile, dove lavorerà per accompagnare le imprese elvetiche interessate ad esportare in quel mercato d’Oltreoceano, illustra cosa stanno facendo le aziende svizzere per reagire e per rialzarsi. 

“A causa delle difficoltà del momento, le imprese del settore tessile sono state costrette a risparmiare sui costi di produzione, a diminuire il consumo energetico e a negoziare nuovi contratti a tariffe più vantaggiose con i fornitori. E non dimentichiamoci che circa il 10% delle aziende del settore beneficiano di ammortizzatori sociali, come disoccupazione temporanea e cassa integrazione, o hanno dovuto trasferire parte del loro business all’estero”. 

E a tutte queste misure si deve aggiungere la decisione del Consiglio federale che a fine 2015 ha ridotto a zero le aliquote di dazio per 60 voci di tariffa sui materiali tessili per un periodo di quattro anni. Questo provvedimento, attuato in risposta a una richiesta della Federazione tessile svizzera Swiss TextilesCollegamento esterno, ha contribuito a ridare degli impulsi positivi al settore. 

In base ai dati dell’Amministrazione federale delle dogane (AFD), le esportazioni del tessile svizzero (nella statistica conteggiate insieme a quelle del settore calzaturiero) hanno segnato nel primo semestre del 2016 un +7,8% rispetto allo stesso periodo del 2015, con un aumento degli scambi pari a 121 milioni di franchi. 

Ticino portabandiera della moda svizzera 

In Ticino la moda è di casa. Vi hanno sede piccole imprese locali e grandi marchi che si sono trasferiti qui dall’estero e che sono in grado di fare tutto: dalla progettazione alla produzione, dal disegno alla logistica, fino alla gestione dei marchi. Una vera “fashion valley” per un settore che dà lavoro a 6000 persone e che, solo di gettito fiscale, paga ogni anno 90 milioni di franchi al Cantone. 

Tuttavia sussistono alcune difficoltà, come ha evidenziato l’avvocata Marina Masoni, presidente di Ticino Moda (associazione nata nel 1959 per tutelare gli interessi delle aziende che producono abbigliamento in Ticino e che raggruppa una settantina di imprese del settore), durante l’assemblea annuale dell’ente: “Questo settore con le sue aziende è uno dei motori dell’economia cantonale ma stiamo purtroppo rischiando seriamente di piegarci e richiuderci su noi stessi. Lo fa una parte del Paese, della società, del mondo politico. Una parte che guarda con diffidenza a ciò che viene da fuori sul nostro territorio: la nuova impresa è vista come una minaccia più che come un’opportunità”. 

Per l’ex consigliera di Stato, succeduta lo scorso anno a Franco Cavadini, nonostante tutte le problematiche connesse alla globalizzazione, “il protezionismo è un rimedio illusorio, sbagliato, pericoloso”. Marina Masoni si dice convinta del fatto che le capacità imprenditoriali sapranno superare anche le più dure avversità, “purchè siano libere di esprimersi, nel contesto di regole non asfissianti”.


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