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L’e-voting non diventa un canale di voto ordinario in Svizzera

schermo di smartphone in cui si vedono diverse applicazioni.
Qualche tempo fa c'era già chi immaginava il voto tramite app anche in Svizzera, come in Estonia. Nel frattempo, le preoccupazioni per le garanzie di sicurezza hanno provocato una brusca frenata persino nella tecnologia più collaudata del voto online. Keystone / Christian Beutler

Passo indietro per il voto online in Svizzera: il governo abbandona, "per ora", il piano di trasformarlo in modalità di voto ordinaria e rivede le condizioni quadro della fase sperimentale. Un duro colpo per gli svizzeri all'estero che da anni lo rivendicano con forza e che deplorano la decisione.

La decisione governativa “è una reazione saggia e logica, che tiene conto dei risultati dell’esercizio di trasparenza di febbraio-marzo 2019: si adatta la velocità e si consolida la sicurezza”, commenta Ardita Driza MaurerCollegamento esterno, assistente scientifica all’università di Zurigo e al Centro per la democrazia di Aarau (zda), specialista in diritti politici e nuove tecnologie.

Nella consultazione sull’avamprogetto della revisione della Legge sui diritti politiciCollegamento esterno, che avrebbe dovuto sancire il passaggio del voto elettronico dalla sperimentazione alla normalità, il piano governativo non ha ottenuto il necessario sostegno politico. “La maggioranza dei partiti ha ritenuto prematuro” questo passaggio, precisa oggi in una notaCollegamento esterno la Cancelleria federale, annunciando quanto ha deciso ieri l’esecutivo elvetico. In altri termini, l’e-voting non viene sepolto, ma la sua generalizzazione si allontana nel tempo.

Quanto successo con i sistemi di e-voting della Posta durante la procedura di consultazione non ha certo propiziato un clima favorevole. Nel futuro sistema di voto elettronico di seconda generazione, in marzo sono state individuate due importanti falle e un’altra riguarda il sistema utilizzato fino a quel momento, che di conseguenza è stato sospeso.

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Niente più e-voting alle elezioni federali 2019?

Tuttavia, nell’immediato gli svizzeri all’estero sono a bocca asciutta. Il cantone di Ginevra, che aveva annunciato lo scorso novembre l’abbandono del suo sistema di e-voting dalla fine di febbraio 2020, nel frattempo ha deciso rinunciarvi con effetto immediato. Ciò significa che alle elezioni federali di ottobre gli svizzeri all’estero iscritti nei cataloghi di Ginevra e degli altri tre cantoni che utilizzavano ancora il suo sistema – Argovia, Berna e Lucerna – non disporranno del voto online.

Una diffidenza globale

Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Canada, Norvegia… La Svizzera non è il primo paese a dover fare un passo indietro nel voto elettronico. Nella maggior parte dei casi, le prove sono state condotte su macchine di voto che avrebbero dovuto facilitare il conteggio delle schede. Tuttavia, è emerso che questi sistemi erano opachi e non verificabili, toglievano così ogni controllo da parte dell’elettore. Inoltre, in realtà erano spesso più costosi del tradizionale voto su carta. Anche la loro sicurezza lasciava a desiderare.

Ancora più suscettibile di essere bersaglio di pirati informatici, il voto online è stato testato e spesso abbandonato da un numero limitato di Stati. La Norvegia ha rinunciato nel 2015 dopo aver notato che alcuni elettori avevano potuto votare due volte.

Un’eccezione alla regola: nel 2005, l’Estonia è stato il primo e unico paese ad introdurre il voto via Internet su scala nazionale. Oggi, in questo piccolo Stato di 1,3 milioni di abitanti, che sogna di essere un modello di democrazia digitale, più di un terzo dei voti sono espressi online. Dal 2012, gli estoni possono votare anche tramite smartphone.

Tuttavia, l’Estonia ha un vantaggio importante rispetto ad altri paesi che hanno sperimentato il voto elettronico: le carte d’identità digitali generalizzate. Dotate di firma elettronica e criptate, consentono al sistema di voto di garantire che l’elettore voti una sola volta.

Nel 2017, quando era candidato alla presidenza della Repubblica, Emmanuel Macron aveva promesso di “generalizzare il voto elettronico entro il 2022” in Francia, con l’obiettivo in particolare di “modernizzare l’immagine della politica”. Una promessa di campagna elettorale che avrà sicuramente difficoltà a mantenere, data la diffusa diffidenza che ispira questo canale di voto.

In Svizzera e nel mondo, la democrazia potrebbe rimanere ancora per qualche tempo l’ultimo baluardo di resistenza all’onda digitale che sommerge le nostre economie e le nostre vite.

Samuel Jaberg, swissinfo.ch

La Posta ha fatto sapere di essere vicinissima alla soluzione del problema del suo sistema, che riguarda la verificabilità individuale. Le Cancellerie di tutti i quattro cantoni che vi fanno capo – Basilea Città, Friburgo, Neuchâtel e Turgovia – ci hanno assicurato che presenteranno domanda di autorizzazione per utilizzarlo per le elezioni. Il termine scade mercoledì prossimo. La decisione interverrà in agosto, molto probabilmente il 14, nella prima seduta governativa dopo la pausa estiva, ci ha indicato René Lenzin, vicecapo della comunicazione della Cancelleria federale.

Nella migliore delle ipotesi, quindi, alle elezioni federali 2019 il voto elettronico sarà disponibile in quattro cantoni. Un fiasco per il governo, che entro tale scadenza aveva fissato come obiettivo l’introduzione del voto elettronico nei due terzi dei 26 cantoni?

La regolamentazione più completa al mondo

Non la vede così Ardita Driza Maurer. “L’obiettivo principale del Consiglio federale è sempre stato che la sicurezza prevalga su tutto e che il voto elettronico sia fatto nel rispetto dei principi costituzionali di libertà di voto”, obietta la specialista di diritti politici e nuove tecnologie. Tutto l’approccio all’e-voting in Svizzera risponde a questo principio prioritario del governo, aggiunge.

La giurista ricorda che dall’inizio del 2014 vige “una regolamentazione molto esigente: è la più completa a livello mondiale in materia di sistemi ‘end-to-end verifiable’, ossia di seconda generazione”. Un disciplinamento severo che è stato aggiornato in continuazione. “Nel luglio 2018 è entrata in vigore una nuova importante esigenza per la sicurezza: la pubblicazione del codice sorgente”.

Oltre ai test d’intrusione effettuati regolarmente ogni tre anni, la Confederazione e i Cantoni hanno deciso di organizzarne uno pubblico all’inizio di quest’anno. Ed è proprio “questo esercizio di trasparenza, in particolare la pubblicazione del codice sorgente, che ha rivelato che la certificazione aveva lasciato passare degli errori nel sistema della Posta”, rammenta Ardita Driza Maurer. Ciò che ha consentito non solo di correggere il codice sorgente, ma anche di rivedere le procedure.

Necessaria una visione globale

Nell’opinione pubblica, tuttavia, il rilevamento di falle non è necessariamente rassicurante. Al contrario, rischia di sollevare più dubbi. “È legittimo che ci si pongano domande sulla capacità di un sistema di voto elettronico di resistere a degli attacchi”, osserva la specialista. Del resto, inchieste hanno mostrato che tutto quello che succede nell’ambito dell’informatica e di internet (pirateria, spionaggio…), provoca apprensioni per l’e-voting anche se non ha nulla a che fare con esso, spiega.

Tutto quanto è stato fatto finora ha comunque portato dei frutti. “La Svizzera è un Paese che ha una grande esperienza in materia di sistemi end-to-end verifiable, di legislazione e di pratica del voto online. È un Paese dove c’è una collaborazione con la ricerca, ha dei centri di competenza a livello tecnico, sociale e giuridico”, sottolinea la ricercatrice. A suo avviso, l’esperienza del voto elettronico deve essere utilizzata al servizio di un progetto più ampio: “una visione globale di sviluppo dei diritti politici nell’era digitale”.

Grido d’allarme dell’OSE

L’Organizzazione degli svizzeri all’estero (OSECollegamento esterno), “deplora vivamente” la decisione governativa, denunciandola come “diniego” dei diritti democratici di tutti quei cittadini elvetici fuori dalla Confederazione, per i quali il voto online è l’unico canale che consente loro di esercitarli. “Il contenuto del comunicato stampa del Consiglio federale e la decisione di ristrutturare il progetto fanno temere che gli attori coinvolti vengano smobilitati, il che porrebbe definitivamente fine al voto elettronico”, lamenta l’organizzazione che difende gli interessi della Quinta Svizzera. “In una una democrazia semidiretta, è essenziale che tutti i cittadini possano esercitare i propri diritti politici”, sottolinea l’OSE, ricordando che non solo per tantissimi svizzeri all’estero ma anche per molti portatori di handicap in Svizzera l’e-voting è essenziale per poterli esercitare. ​​​​​​​

“Staccare subito la spina”

La decisione del governo è invece giudicata “ragionevole” dal Comitato d’iniziativa “Per una democrazia sicura e affidabile (Moratoria sul voto elettronico)Collegamento esterno“, il quale non si accontenta tuttavia di “una rinuncia temporanea”. “Soltanto una moratoria ancorata nella Costituzione federale garantirà che i voti popolari non possano essere manipolati”, scrive in un comunicatoCollegamento esterno, in cui esige che il voto online sia bloccato con effetto immediato.

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