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Resistenze contro nuovi centri per i richiedenti l’asilo

Azione di protesta di alcuni abitanti di Bettwil, nel canton Argovia, contro il previsto centro di accoglienza per 140 richiedenti l'asilo Keystone

Trovare a breve termine un alloggio temporaneo per ospitare il crescente numero di richiedenti l’asilo sta diventando un vero e proprio rompicapo per le autorità locali. Cantoni e Comuni si vedono sempre più confrontati ai timori e alle resistenze di alcune frange della popolazione.

Il numero delle richieste di asilo ha registrato un’impennata l’anno scorso, con un aumento del 45% rispetto al 2010. Le autorità cantonali e comunali sono state quindi chiamate a fare uno sforzo supplementare per fornire alloggio temporaneo alle persone in cerca di asilo.

Nel 2011 la Confederazione aveva raggiunto un accordo di principio con i Cantoni, che prevedeva la creazione di capacità abitative addizionali per ospitare almeno 2’000 richiedenti l’asilo in più entro la fine dell’anno. In diversi Cantoni questi progetti si sono però scontrati con grandi difficoltà: nuove costruzioni sono state rallentate dai regolamenti edilizi e dei siti militari previsti si sono rivelati inadeguati.

Tra gli ostacoli maggiori vi è stata anche la crescente resistenza della popolazione. I timori nei confronti degli ospiti stranieri sono emersi anche nel corso di una seduta d’informazione organizzata la settimana scorsa a Pully, un Comune benestante nei pressi di Losanna. Le autorità locali volevano informare i cittadini sull’imminente apertura di un centro di accoglienza per 50 richiedenti l’asilo in un rifugio sotterraneo della protezione civile.

Interrogativi e preoccupazioni

I circa 400 partecipanti alla seduta hanno avanzato numerosi interrogativi, incentrati in particolare sui potenziali problemi di sicurezza nella tranquilla località ai bordi del Lago Lemano e sui rischi di un aumento dello spaccio di droga.

“Ci ritroveremo queste persone nelle nostre case durante il giorno, quando il centro è chiuso?”, ha chiesto ad esempio una donna. “Chi sono tutte queste persone? La maggior parte di loro sono qui per ragioni economiche, alcuni cercano soltanto di spacciare droga o di sposarsi per ottenere un passaporto svizzero”, ha dichiarato un altro abitante di Pully.

Non tutti i partecipanti condividevano però queste preoccupazioni: “È una cosa tipicamente vodese, quella di criticare tutto in anticipo. Dobbiamo fidarci delle autorità”, ha replicato un cittadino del Comune del Canton Vaud.

Da parte sua, Philippe Leuba, ex ministro dell’interno ed ora responsabile del dipartimento dell’economia, ha esortato la gente a evitare gli stereotipi. “Ci sono delinquenti – ogni giorno ne rimandiamo alcuni a casa con l’aereo – e ci sono persone venute soltanto per cercare lavoro e una vita migliore, ma ci sono anche richiedenti l’asilo che hanno sofferto, che sono stati torturati e che sono veri rifugiati politici”.

Anche Pierre Imhof, direttore del servizio vodese della migrazione (EVAM), ha cercato di rassicurare il pubblico. “Le preoccupazioni sulla sicurezza sono generalmente infondate: i richiedenti asilo sono sorvegliati e generalmente frequentano un centro diurno. Ma non possiamo escludere ogni cosa”.

Conseguenza della politica di asilo

Il rifugio sotterraneo del quatiere Damataire a Pully è il sesto centro di accoglienza aperto da EVAM per far fronte al forte aumento dei richiedenti l’asilo, che l’anno scorso ha raggiunto, con 22’551 domande, il suo livello più alto dal 2002.

In base all’accordo concluso dalla Confederazione e dalle autorità cantonali per ripartire i richiedenti l’asilo nei 26 Cantoni, Vaud dovrebbe ospitare circa l’8,4% delle persone in cerca di asilo. L’amministrazione cantonale stenta però a trovare sistemazioni adeguate a breve termine, mentre si trascinano le opzioni a lungo termine.

Le autorità comunali hanno accettato di aprire il centro in via temporanea per un anno, prorogabile per periodi di tre mesi a seconda della domanda.

Il compito del Cantone e dei Comuni non è facile, ha ammesso Leuba: “Non sono qui per dare buone notizie, ma è mio dovere di accettare le conseguenze della nostra politica di asilo, che non possono piacere a tutti”, ha dichiarato il ministro del Partito liberale radicale, di centro-destra.

“Tutte le nostre strutture permanenti sono piene al 100%. Ci auguriamo che le riforme lanciate dalla ministra di giustizia e polizia Simonetta Sommaruga possano ridurre il numero dei richiedenti l’asilo e portare ad un aumento dei centri federali di accoglienza”, ha sottolineato Leuba.

Reazioni contrastanti

Non tutti i cantoni sono colpiti nella stessa misura dal forte afflusso di richiedenti l’asilo. Le reazioni sono quindi diverse da regione a regione. Nel Canton Ginevra un secondo centro di protezione civile è stato aperto recentemente a Carouge, quale soluzione dell’ultimi minuto per ospitare una quarantina di persone. La loro presenza non ha suscitato grandi reazioni.

Nel canton Friburgo, invece, gli abitanti hanno manifestato la loro inquietudine, in seguito alla recente decisione del governo di accogliere una cinquantina di richiedenti l’asilo, da metà febbraio, in un rifugio della protezione civile a Wünnewil.

Gli abitanti temono che l’arrivo degli ospiti stranieri possa trasformare la vita nel piccolo villaggio friburghese. Alcune madri di ragazze adolescenti si sono dette preoccupate per l’arrivo di giovani richiedenti asilo di sesso maschile, che saranno ospitati nei pressi della scuola.

In alcuni Comuni della Svizzera tedesca, l’obbligo di accogliere piccoli gruppi di richiedenti asilo ha provocato reazioni molto forti. A Birmensdorf, nel canton Zurigo, il sindaco Werner Steiner, membro dell’Unione democratica di centro (destra conservatrice), ha fatto sapere che non voleva più africani nei centri di accoglienza del Comune.

A Bettwil, nel Canton Argovia, il progetto elaborato dall’Ufficio federale della migrazione per ospitare 140 richiedenti asilo in una caserma ristrutturata è stato bocciato in seguito alle opposizioni locali. Il Comune ha respinto in seguito anche una proposta di compromesso che prevedeva di sistemarvi soltanto da 20 a 40 persone.

Nel 2011 sono state inoltrate 22’551 richieste di asilo alla Confederazione, il che corrisponde ad una crescita del 45% rispetto all’anno precedente e al più alto numero dal 2002.

Secondo l’Ufficio federale della migrazione, questo sensibile aumento è legato in particolare alle tensioni e ai conflitti registrati l’anno scorso in diversi paesi musulmani del Nordafrica e all’apertura di nuove vie delle migrazioni verso l’Europa.

Il più alto numero di richieste di asilo riguarda cittadini provenienti dall’Eritrea (3’356), Tunisia (2’574) e Nigeria (1’895).

Nel 2010 solo 3’711 persone, ossia il 7,6% dei richiedenti l’asilo, hanno ottenuto una risposta positiva dalle autorità elvetiche.

Immigrazione e asilo figurano tra i temi più controversi della politica Svizzera.

Mentre l’Unione democratica di centro sta spingendo da anni per far adottare regole più severe in materia di asilo, i partiti di centro-sinistra sostengono che la Svizzera non deve violare i principi umanitari. La legislazione è stata nuovamente inasprita nel 2007.

Nel 2008, la Svizzera ha aderito alla convenzione di Dublino sull’asilo, che armonizza le procedure tra una ventina di Stati europei.

La legislazione sull’asilo è di competenze delle autorità federali. L’applicazione spetta però prevalentemente ai 26 Cantoni, che godono di notevole autonomia per attuare le decisioni politiche.

Le possibilità di alloggio per i richiedenti asilo scarseggiano da quando l’ex ministro della giustizia Christoph Blocher aveva deciso nel 2006 di chiudere alcuni centri di accoglienza, prevedendo solo 10’000 richieste all’anno.

In un’intervista al settimanale tedesco Die Zeit, pubblicata lo scorso 26 gennaio, l’attuale ministra della giustizia Simonetta Sommaruga ha auspicato un approccio più obiettivo nei confronti dei problemi della migrazione.

“Le persone che hanno presentato una domanda di asilo rappresentano il 2% di tutti gli stranieri in Svizzera. Ma c’è una percezione, in base alla quale 2’500 richiedenti l’asilo tunisini potrebbero destabilizzare il paese”, ha dichiarato. Secondo Simonetta Sommaruga non bisogna sminuire la situazione, ma “le cose devono sempre essere messe nel loro contesto”.

Traduzione di Armando Mombelli

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