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Meno giornalisti morti nel 2017

Benché il 2017 sia stato un anno meno "letale" per i giornalisti, il bilancio resta grave, con 65 morti. Lo si legge nel rapporto annuale di Reporter senza frontiere (RSF)Collegamento esterno.

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Dei 65 reporter morti nel 2017, 50 erano giornalisti professionisti, 7 dei blogger, 8 dei collaboratori dei media. 39 di loro sono stati assassinati o presi di mira in modo volontario, mentre 26 sono morti mentre svolgevano il loro lavoro. 

Il paese che si è rivelato più pericoloso per i reporter è stata la Siria, dove 12 giornalisti hanno perso la vita. Seguono il Messico (11), l’Afghanistan (9), l’Iraq (8) e le Filippine (4).

“Alcuni paesi sono diventati troppo pericolosi e si svuotano dei loro giornalisti.”  RSF

La diminuzione di morti fra i reporter (il 18% in meno rispetto al 2016) è dovuto “alla presa di coscienza crescente della necessità di proteggere meglio i giornalisti e alla moltiplicazione delle campagne in questo senso da parte delle organizzazioni internazionali e degli stessi media”, spiega RSF.

Ma c’è anche un’altra ragione, meno confortante. Alcuni paesi sono semplicemente considerati “troppo pericolosi e si svuotano dei giornalisti”. È il caso della Siria, dello Yemen e della Libia. 

In Messico, “il paese in pace più pericoloso”, sono i cartelli e i politici locali il problema. Numerosi giornalisti sono costretti a lasciare il paese o a cambiare professione. 

Chi vuole scrivere di traffici di droga o di corruzione della classe politica è “sistematicamente preso di mira, minacciato o ucciso a sangue freddo”. 

326 in carcere

Oltre ai giornalisti deceduti, RSF ha recensito un totale di 326 reporter imprigionati (202 professionisti, 107 blogger e 17 collaboratori). Se la tendenza generale è al ribasso certi paesi si distinguono al contrario per un numero insolitamente elevato di giornalisti imprigionati.

La Cina è dove ne sono rinchiusi di più (52), seguita da Turchia (43) Siria (24), Iran (23) e Vietnam (19). Attualmente sono 54 i reporter in ostaggio, generalmente da parte di gruppi armati. 22 di loro sono prigionieri dell’autoproclamato Stato Islamico. 

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