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Rendere più attrattiva la Ginevra internazionale

Dante Martinelli, capo della missione svizzera all'ONU, vuole stimolare la capacità di riflessione e innovazione degli statti membri swissinfo.ch

Capo della Missione permanente svizzera presso l'ONU e altre organizzazioni internazionali a Ginevra, l'ambasciatore Dante Martinelli auspica da parte della nuova amministrazione americana, un coinvolgimento maggiore.

Nominato lo scorso settembre dal Consiglio federale, il diplomatico ticinese Dante Martinelli analizza la situazione dell’ONU – in particolare alla luce delle recenti elezioni americane – e spiega come vede il suo nuovo ruolo.

Ex ambasciatore in Cina e grande conoscitore dell’Unione europea (è stato capo della missione svizzera a Bruxelles dal 1999 a 2004), spera che la nuova amministrazione americana contribuisca a sostenere la credibilità delle Nazioni Unite. Intervista.

swissinfo: Rispetto ai suoi precedenti incarichi, in che cosa consisterà il suo lavoro a Ginevra?

Dante Martinelli: La missione permanente presso l’ONU riveste un’importanza chiave per la politica estera svizzera, per il peso e il ruolo della Ginevra internazionale e, in generale, per la Svizzera.

Il lavoro qui è leggermente diverso. Occorre focalizzarsi sull’impegno multilaterale dell’ONU piuttosto che coltivare contatti bilaterali tra due nazioni – come a Pechino, quando rappresentavo gli interessi della Svizzera – o tessere relazioni a più livelli, come presso la missione svizzera a Bruxelles, dove ai contatti multilaterali si affiancano le relazioni dirette con gli stati membri dell’Unione europea.

I temi con i quali abbiamo a che fare in questo contesto sono centrali per la diplomazia internazionale e per le popolazioni di tutti i paesi: diritto umanitario internazionale, diritti umani, clima, ambiente, salute, telecomunicazioni e proprietà intellettuale. Detto questo, i compiti di un ambasciatore rimangono sostanzialmente gli stessi, ossia interagire con gli attori della politica.

swissinfo: Che cosa ha imparato dalla sua esperienza diplomatica in Cina? Le sarà di aiuto per la sua nuova sfida?

D.M.: Quando si ha l’opportunità di vivere diversi anni in Cina, si scoprono ovunque cose diverse: dalla ricchezza della sua storia della sua cultura e del suo popolo, allo straordinario sviluppo economico degli ultimi anni. Dall’avvio delle riforme economiche, il paese è totalmente cambiato rispetto a trent’anni fa.

La Cina si sta sviluppano enormemente e velocemente non soltanto nei grandi centri urbani sulla costa est, ma anche all’interno del paese, dove vivono da sei a otto milioni di persone che, grazie ad enormi investimenti, seguono il processo di modernizzazione.

La lezione che traggo da tutto questo, è che la Cina è un paese molto diverso e molto ricco. L’impatto maggiore di questa trasformazione si misura sulla scena internazionale, dove la Cina sta diventano un attore importantissimo.

swissinfo: Il nuovo presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha scelto Hillary Clinton per il posto di Segretario di Stato e Susan Rice come ambasciatrice USA presso l’ONU. Come cambierà la posizione degli USA nei confronti dell’ONU?

D.M.: La situazione sarà più chiara quando la nuova amministrazione entrerà ufficialmente in funzione il prossimo 20 gennaio 2009. In base alla formazione della nuova squadra e agli elementi emersi durante la campagna elettorale, penso che sia lecito aspettarsi qualche cambiamento: maggiore attenzione verso gli altri paesi e sviluppo di un’impostazione diplomatica multilaterale, che tenga anche in considerazione l’esistenza di organismi internazionali quali l’ONU o Bretton Woods.

Nel corso della campagna elettorale presidenziale sono state fatte molte promesse per cui le aspettative di cambiamento sono piuttosto elevate.

swissinfo: Come valuta la recente riunione del Consiglio dei diritti umani, che si è occupato delle atrocità commesse nella Repubblica democratica del Congo? L’accoglienza da parte degli attivisti dei diritti umani è stata piuttosto tiepida….

D.M.: Vale la pena ricordare che il Consiglio è un’istituzione relativamente recente. La speciale sessione sul Congo ha tuttavia messo in evidenza l’esistenza di una seria e drammatica crisi umanitaria e dei diritti umani in quella regione. Ha pertanto adempito al proprio compito organizzando una sessione urgente. Certo, si possono sempre avere testi migliori, ma non bisogna dimenticare che sono la sintesi delle diverse posizioni emerse.

Personalmente ritengo che la versione finale del documento presti attenzione alle principali preoccupazioni degli stati membri e che gli elementi essenziali siano contemplati, ossia: la drammatica situazione, il rifiuto dell’impunità per i crimini commessi contro diritti umani, la condanna degli stupri e delle violenze contro i bambini.

swissinfo: Quali saranno le prossime priorità della missione svizzera?

D.M.: Dobbiamo fare del nostro meglio affinché la Ginevra internazionale sia la più attrattiva possibile; uno sforzo che coinvolge anche le autorità ginevrine. Si tratta di migliorare tutto quanto riguarda Ginevra come sede dell’ONU: dalle infrastrutture all’accoglienza delle organizzazioni e dei loro dipendenti.

Rafforzato il contenitore, sarà poi necessario sviluppare il contenuto e trasformare Ginevra come un laboratorio creativo di nuove idee e progetti per l’ambiente, la salute e i diritti umani. Dobbiamo assolutamente stimolare la capacità di riflessione e di innovazione degli stati membri.

Per la Svizzera si profila inoltre un altro appuntamento importante: nel 2009 ricorre il sessantesimo anniversario delle Convenzioni di Ginevra. Sarà un’occasione per ricordare che cosa rappresenta Ginevra.

swissinfo: Secondo alcuni esperti l’ONU dovrà tentare di ricucire alcuni strappi al suo interno. Di cosa ha bisogno per ritrovare efficienza e credibilità?

D.M.: Nessuno può negare l’esistenza di divisioni tra gli stati membri: le difficoltà generate dai conflitti si ripercuotono sull’insieme delle attività istituzionali e sulle relazioni multilaterali.

Ogni miglioramento nel lavoro collettivo dell’ONU è intimamente legato all’impegno e alla disponibilità degli stati membri. Un nuovo approccio e un’attenzione maggiore alle dinamiche multilaterali da parte dell’amministrazione americana sarà sicuramente di aiuto.

Intervista swissinfo, Simon Bradley, Ginevra
(traduzione e adattamento dall’inglese Françoise Gehring)

Al momento della fondazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, nel 1945, la Svizzera rinuncia all’adesione per salvaguardare la sua neutralità.

Il dibattito sull’adesione inizia verso la fine degli anni Sessanta con la presentazione da parte del Consiglio federale, nel 1969, del suo primo rapporto che conclude: i tempi non erano ancora maturi.

Nel 1977 il governo inserisce l’adesione all’ONU tra i propri obiettivi, ma nel marzo 1986 la proposta viene seccamente respinta dal popolo.

Nel 1998, il Consiglio federale definisce l’adesione un «obiettivo strategico». Quattro anni più tardi, nel marzo del 2002, la Svizzera diventa il 190esimo Paese membro dell’ONU.

Nel corso degli anni precedenti l’adesione, le relazioni della Svizzera con l’ONU si erano ulteriormente intensificate soprattutto con interventi per il mantenimento della pace attraverso aiuti umanitari e missioni di osservazione in caso di elezioni.

Con un contributo pari a 1,216 per cento del budget delle Nazioni Unite, la Svizzera figura al 14º posto nella graduatoria dei Paesi membri.

La Svizzera partecipa attivamente al dibattito sulle riforme dell’ONU e contribuisce, con idee e proposte pragmatiche, alla ricerca di soluzioni, come la creazione del Consiglio dei diritti dell’essere umano, di cui è stata nominata membro per un periodo di tre anni dall’Assemblea generale dell’ONU.

Il mandato della Svizzera scade nel 2009. Pur rinunciando a ripresentarsi immediatamente, auspica una rielezione per il periodo 2010–2013.

In considerazione delle attuali realtà geopolitiche e delle esperienze acquisite, la Svizzera intende mettere a frutto la sua posizione particolare in seno all’organizzazione per difendere e promuovere i propri interessi.

Estranea a qualsiasi alleanza, può agire liberamente e in maniera creativa. Tuttavia il corollario di tale indipendenza è un relativo isolamento che, nei momenti decisivi, priva il nostro Paese del sostegno automatico di alleati naturali e della massa critica.

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