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Relazioni ad alta tensione

Il nuovo attacco sferrato dal ministro italiano Giulio Tremonti alla Svizzera e a Lugano ha scatenato le polemiche in Ticino e in Lombardia Keystone

Per l'ennesima volta il ministro italiano Giulio Tremonti ha aspramente criticato la Svizzera e la piazza finanziaria ticinese. Immediata e altrettanto virulenta la replica della Lega dei Ticinesi. I rapporti transfrontalieri si trovano in una spirale negativa, che il governo elvetico vuol frenare.

Quella appena trascorsa è stata decisamente una settimana di fuoco per i rapporti fra Italia e Svizzera e per i rapporti fra il Canton Ticino e la vicina Regione Lombardia. È stato un susseguirsi di rimproveri a vicenda. Giuliano Bignasca, presidente della Lega dei Ticinesi e membro del municipio di Lugano, ha persino ha dichiarato: “Siamo in guerra con l’Italia”.

La miccia è stata accesa da Giulio Tremonti, martedì a Bruxelles. Nel corso del dibattito pubblico al Consiglio dei ministri europei dell’economia (Ecofin) sulla tassazione degli interessi sul risparmio, ha dichiarato: “È un tema serio, che va trattato in modo serio, non in modo svizzero”. 

Per il ministro italiano, è “scandaloso” che nella direttiva sulla tassazione dei redditi da risparmio non siano previste sanzioni. “È inaccettabile – è sbottato Tremonti – che gli operatori di paesi che hanno firmato la direttiva accettino la sistematica violazione delle norme”. Una direttiva, d’altronde, che – sempre secondo le parole di Tremonti – avrebbe scritto la Svizzera.

Nel suo sfogo pubblico,  Giulio Tremonti ha poi puntato l’indice accusatore contro Lugano, terza piazza finanziaria della Confederazione: “Ci sono più società di Cayman a Lugano, che non a Cayman. E comunque ci sono più società di Cayman a Lugano, di residenti a Lugano”, ha dichiarato.

Berna getta acqua sul fuoco

Le affermazioni di Tremonti non sono piaciute a Lugano e neppure  a Berna. “Simili dichiarazioni da parte di un ministro di un paese vicino, con il quale abbiamo relazioni intense, sono inaccettabili. La soluzione del problema non deve dipendere dalla forza degli attacchi reciproci, bensì da un atteggiamento costruttivo”, ha dichiarato la ministra degli affari esteri e presidente della Confederazione Micheline Calmy-Rey.

Anche il Consiglio federale (il governo svizzero), in una risposta a una mozione concernente i rapporti Italia-Svizzera, ha sottolineato: “Le recenti dichiarazioni esternate a livello internazionale da parte italiana non sono state per nulla apprezzate in Svizzera”.

Uno dei nodi, come noto, è il fatto che l’Italia non vuole avviare trattative per un nuovo accordo sulla doppia imposizione. “L’intensità delle relazioni bilaterali, in particolare di quelle economiche, fa in modo che la situazione che si è venuta a creare in materia fiscale sia particolarmente complicata”, scrive l’esecutivo federale.

Berna, comunque, sottolinea di voler evitare una degenerare della situazione. Il governo non vuole la guerra, ma ripristinare rapporti bilaterali costruttivi. Ed in merito, il Consiglio federale è disposto ad avviare colloqui.

Lega dei Ticinesi sul piede di guerra

 

Diverso invece l’atteggiamento della Lega dei Ticinesi, movimento regionale ma presente anche nel parlamento federale, che ha raggiunto la maggioranza relativa durante le recenti elezioni cantonali del 10 aprile scorso. “È tempo di azioni forti contro l’Italia”, ha scritto la Lega in un comunicato stampa, dando al ministro italiano il nome  Giulio “Fascetto” Tremonti.

Nella nota, la Lega rinnova in particolare la richiesta di bloccare i ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri. E poi chiede “altre azioni più incisive, a partire dall’organizzazione di blocchi in dogana”.

 

L’idea di bloccare il ristorno della quota-parte delle imposte prelevate alla fonte sui frontalieri italiani, per il Consiglio federale è però inammissibile, visto che si tratterebbe di una violazione del diritto internazionale.

L’imbarazzo in Lombardia

Intanto i continui attacchi della Lega dei Ticinesi e della sezione ticinese dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) contro i frontalieri italiani hanno provocato l’energica reazione della Regione Lombardia. Proprio in questa settimana è stata approvata una  mozione proposta dal PdL, che partiva da interviste di Giuliano Bignasca “dai toni sconvenienti e ingiuriosi,  nei confronti dei frontalieri italiani e del governo italiano, giungendo a paragonare i nostri lavoratori agli immigrati nordafricani”.

La giunta regionale viene invitata “ad attivarsi nei confronti del ministro degli affari esteri e del sindaco di Milano, affinché esprimano alle Autorità svizzere il rammarico per una posizione politica che mina i buoni rapporti, sempre intercorsi, tra la Federazione elvetica e lo Stato italiano e l’imbarazzo che proverrebbe dal promuovere, nell’ambito di EXPO 2015, le attività di aziende svizzere che abbiano discriminato i lavoratori italiani, ponendosi in evidente contrasto con i più elementari principi ed accordi internazionali”.

La lotta per l’Expo 2015

 

Il capogruppo del Pdl in Consiglio regionale della Lombardia, Paolo Valentini, in  un comunicato stampa ha poi precisato che la mozione non invita a riconsiderare la partecipazione elvetica all’Esposizione universale del 2015 a Milano. Ma proprio così è stata letta da diversi media, anche italiani.

La Lega dei Ticinesi, ad ogni modo, non si è fatta impressionare da questa posizione. Anzi, ha ribadito di essere “pronta a lanciare il referendum contro ogni credito, cantonale o comunale, che dovesse venire votato in relazione della partecipazione della Svizzera alla fallimentare esposizione.”

Comunque la partita Expo 2015 si gioca a livello federale. Ad inizio febbraio,  la Svizzera a Milano su invito dell’Italia ha firmato un contratto per la partecipazione. Il credito relativo – circa 25 milioni di franchi – deve ancora essere stanziato dal parlamento federale.

I rapporti tra la Svizzera e l’Italia vivono una stagione difficile. I vari scudi fiscali italiani, le liste nere, la mancata reciprocità per l’applicazione dei accordi bilaterali e il mancato rinnovo di un accordo di doppia imposizione creano parecchie tensioni.

Su intervento della Svizzera, il 14 marzo 2011 la Commissione europea ha deciso di aprire una procedura su un’eventuale infrazione italiana degli impegni derivanti dagli accordi bilaterali tra l’UE e la Svizzera in materia di acquisti pubblici.

Di conseguenza il Ministero dell’economia e delle finanze italiano l’8 aprile 2011 ha deciso di abrogare la misura presa nei confronti delle imprese svizzere.

Con una quota pari al 9,5% del commercio estero elvetico, l’Italia è il secondo partner economico

della Svizzera, dopo la Germania.

L’Italia è il secondo principale fornitore di beni e servizi (11% delle importazioni elvetiche) e costituisce il terzo mercato d’esportazione (9% delle esportazioni elvetiche).

La Confederazione figura invece al

sesto posto tra i partner economici dell’Italia. Le esportazioni di prodotti italiani sul mercato elvetico raggiungono circa 20 miliardi di franchi all’anno.

La Svizzera è il sesto investitore estero in Italia (22 miliardi di franchi a fine 2008). Tra le principali aziende svizzere attive in Italia vi sono ABB, Nestlé, Novartis, Roche, Zurich, UBS, Credit Suisse e Swisscom.

Le imprese elvetiche danno lavoro a circa 78’000 persone nella Penisola. Oltre 55’000 cittadini italiani attraversano inoltre ogni giorno la frontiera per lavorare sul territorio elvetico.

Tra le maggiori imprese italiane attive in Svizzera vi sono invece Generali, Fiat, Pirelli e Bulgari. Gli investimenti italiani nella Confederazione, a cui sono legati 13’000 posti di lavoro, ammontano a 6 miliardi di franchi all’anno.

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