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Le fatiche d’Ercole che attendono Monti

Per quanto tempo ancora il sorriso sarà ancora stampato sul volto di Monti? Keystone

La nomina di Mario Monti quale nuovo presidente del Consiglio italiano è accolta positivamente dalla stampa svizzera. Per l’ex commissario europeo la strada è però tutta in salita.

«Monti deve superare vent’anni di immobilismo»: il titolo del commento del Tages Anzeiger riassume bene l’opinione che predomina sulla stampa svizzera all’indomani della decisione di Giorgio Napolitano di conferire all’ex commissario europeo l’incarico di formare un nuovo governo.

Per l’editorialista della Berner Zeitung, la scelta di Monti era l’unica via praticabile: «Capisce qualcosa di numeri. La teoria e la politica monetaria sono i suoi campi di predilezione. È integro e discreto […]. E soprattutto non appartiene a un partito». «In questi tempi di tempesta finanziaria e di sfaldamento della Penisola – gli fa eco Le Temps – il suo percorso [di Monti, ndr] vale tutte le garanzie o tutti i rapporti delle agenzie di rating».

La non appartenenza a un partito è un fattore importante – sottolinea il Tages Anzeiger – «in un paese profondamente diviso, che funziona un po’ come una partita di calcio, coi suoi tifosi accaniti e generalmente pacifici, ma anche con degli hooligan politici». Per il giornale zurighese, il governo Monti rappresenterà soprattutto un «banco di prova per la sinistra, che dovrà provare che la sua unità va al di là di un semplice ‘no’ a Berlusconi».

Cura da cavallo

Come detto, però, il compito che attende il neo-presidente del Consiglio si apparenta alle dodici fatiche d’Ercole. «Fine del Carnevale», titola l’Aargauer Zeitung, secondo cui «il venditore di fumo e narcisista di Milano è stato raggiunto dalla realtà». Per l’Italia, la probabile uscita di scena definitiva del «demagogo e giocatore d’azzardo» Berlusconi non significa che i problemi siano stati risolti. Tuttavia «vi è perlomeno una possibilità per un nuovo inizio, dopo quello che La Repubblica ha definito il ‘più lungo Carnevale della Repubblica’».

L’Italia – paese che ha comunque un grande potenziale – ha bisogno di «modernizzare le sue strutture politiche e sociali», di una «cura di rivitalizzazione» che chiederà moltissimi sacrifici ai cittadini, scrive il Tages Anzeiger.

Per La Liberté di Friburgo, «Super Mario» dovrà riuscire ad «imporre una serie di sacrifici senza precedenti, evitando di far scoppiare una guerra civile». Per spuntarla, dovrà creare «un centro politico […] così estraneo alla cultura italiana, unica via per poter imporre lacrime e sudore a una popolazione più incredula che mai». Secondo 24heures, la strada che dovrà percorrere Mario Monti «è seminata di trappole».

«Il paese ha bisogno di un’urgente cura da cavallo e di un’asettica operazione chirurgica che la riporti alla normalità al fine di riconquistare la fiducia dei cittadini e degli investitori», osserva il Corriere del Ticino.

«È difficile prevedere se dopo una breve luna di miele tale governo finirà più per essere indebolito dai problemi che creerà che rafforzato da quelli che risolverà – sottolinea ancora il giornale ticinese. Il pericolo incombente è che non raggiunga le intese necessarie, dimostrandosi troppo tenue la base del consenso allargato in un momento di grandi rimescolamenti negli schieramenti e di alleanze non più scontate».

La potenza dei mercati

Dal canto suo, la Neue Zürcher Zeitung affronta la problematica Italia in un articolo di fondo dal titolo «Ostracismo e postumi di una sbornia». Tra le altre cose, il giornale zurighese evoca le ragioni che hanno permesso a Berlusconi di conquistare e mantenere il potere per quasi 17 anni, insistendo soprattutto sul controllo dei media televisivi. Un fattore che fa dire alla NZZ che «da sola la partenza di Silvio Berlusconi non salverà l’Italia». «Il nuovo governo di transizione guidato da Mario Monti avrà abbastanza da fare per soccorrere un’economia allo sbando e non avrà tempo per occuparsi della riforma della legge sui media».

Le Temps ritraccia invece il percorso di Berlusconi, finito «Cavalier seul», «Cavaliere solitario». «Cercando di voler soddisfare tutti coloro che lo sostenevano, senza avere una vera visione per l’Italia, ha governato a vista, senza aprire tutti quei cantieri che aveva promesso al paese», scrive il giornale romando. Malgrado i segnali sempre più inquietanti che si sono moltiplicati negli ultimi mesi, Berlusconi «pensava di poter ancora una volta lasciar passare il temporale rifugiandosi in un bunker, durante il giorno con la sua piccola maggioranza in parlamento e la sera in mezzo al ‘bunga bunga’. Non aveva però fatto i conto con le pressioni esterne e dei mercati, che sono finalmente riusciti a far la pelle al Caimano».

Ed è proprio partendo dal tema dell’onnipotenza dei mercati che La Regione inizia il suo editoriale. In un commento intitolato «La democrazia alle corde è la sconfitta delle politica», il giornale ticinese scrive: «Un governo che nasce derogando alle indicazioni degli elettori, o addirittura contro le loro scelte non è sintomo di salute per una democrazia; ma, nel migliore dei casi, uno stress-test non superato. A meno, nel caso italiano, di modificare il primo articolo della Costituzione e trasferire la sovranità ai “mercati”. C’è dunque poco da stare allegri per l’incarico affidato a Mario Monti».

Per La Regione «più che della democrazia in sé, la sconfitta è di una classe politica screditata […], che ha condotto l’Italia al livello più basso mai conosciuto nel rispetto internazionale e nella sua stessa auto-considerazione» e che anche negli ultimi giorni non ha saputo riscattarsi. Dalla Lega, che ritiene di poter «ricostruirsi una verginità» schierandosi all’opposizione, a Di Pietro, passando dal Partito democratico («meglio delegare al governo tecnico che assumersi delle responsabilità) al Popolo della libertà, che grida al tradimento popolare.

«Un quadro eccessivamente tetro? Un malcelato qualunquismo disfattista da sono tutti uguali? No, non sono tutti uguali, ma tutti con le proprie responsabilità», scrive ancora La Regione. Perché le dimissioni di Berlusconi sono un’ottima notizia, ma delle tossine che il suo ventennio ha prodotto ci toccherà parlare ancora a lungo. Un’altra volta, però: per oggi il bicchiere è mezzo pieno».

Mario Monti nasce a Varese il 19 marzo 1943. Dopo una laurea in economia ottenuta nel 1965 alla Bocconi di Milano, si specializza all’Università di Yale, negli Stati Uniti.

Rientrato in patria, nel 1970 diventa professore all’Università di Torino. Nel 1985 è chiamato a dirigere l’Istituto di economia politica della Bocconi di Milano, università nella quale assumerà anche la carica di rettore dal 1989 al 1994 e dal 1994 quella di presidente.

Nel 1994 il primo governo Berlusconi lo indica come candidato per la nomina a commissario europeo. Il presidente della Commissione Europea Jacques Santer gli affida la direzione per il mercato interno, incarico che occupa fino al 1999, quando la commissione Santer si dimette in blocco.

Nel 1999 il governo D’Alema lo conferma come commissario europeo. Monti diventa responsabile per la concorrenza. Sotto la sua guida, le autorità di Bruxelles bloccano nel 2001 la proposta di fusione tra General Electric e Honeywell e aprono un procedimento contro la Microsoft.

Nel 2004 il governo Berlusconi II decide di non riproporlo per un terzo mandato nella commissione Barroso.

Il 9 novembre 2011 è nominato senatore a vita dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Domenica 13 novembre è incaricato dallo stesso Napolitano di formare un nuovo governo.

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