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Quando il portafoglio conta più del clima

Automobili, gas di scarico.
Il rincaro del costo della benzina potrebbe aver avuto un ruolo determinante nel rifiuto della legge sul CO2 da parte del popolo. © Keystone / Gaetan Bally

All'indomani di una domenica di votazioni, i giornali elvetici si concentrano sul risultato più clamoroso tra quelli usciti dalle urne: la bocciatura della legge sul CO2.

Erano cinque i temi in agenda in quella che è stata definita una “super domenica” di votazioni federali. Il popolo ha bocciato le due iniziative che prendevano di mira i pesticidi di sintesi, ha approvato la revisione della legge sul terrorismo e detto “sì” alla base legale per la gestione della pandemia. Fin qui, tutto come da copione.

Non è sorprendente dunque notare che, all’indomani dello scrutinio, i commenti nei media elvetici si concentrino quasi esclusivamente sull’ultimo tema: la legge sul CO2. Nonostante il vantaggio dei favorevoli nei sondaggi, il testo che rappresentava la strategia elvetica per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi sul clima è stato bocciato dal 51,6% dei votanti.

Approvata dal Parlamento nel settembre 2020, la nuova legge conteneva misure relative ai veicoli stradali, al traffico aereo, alle emissioni industriali e al risanamento degli edifici.

Prevedeva in particolare una tassa compresa tra i 30 e i 120 franchi sui biglietti aerei di voli in partenza dalla Svizzera, un incremento da 5 a 12 centesimi al litro del sovrapprezzo che gli importatori di carburanti avrebbero potuto applicare a benzina e diesel e un aumento della tassa CO2 sul gasolio.

“È una grande vittoria per l’industria petrolifera e l’UDC”, scrive il Tages-Anziger. L’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) era infatti l’unico partito contrario alla legge, un’opposizione che lo accomunava in modo inedito con i più ferventi difensori del clima, anche se per ragioni diverse. Questi ultimi consideravano che la legge non fosse abbastanza ambiziosa. 

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Per il quotidiano svizzero-tedesco, il risultato è il segnale di una problematica di fondo di respiro internazionale. “Gli oppositori alla protezione del clima vedranno questo verdetto delle urne come una dimostrazione che l’Accordo di Parigi sul clima è una creazione di un’élite politica, imposta alla popolazione e poco legittimata democraticamente”, si legge.

Una mazzata

L’epicentro del terremoto resta tuttavia in Svizzera, un terremoto “che ha lasciato la politica climatica elvetica in rovina”, scrive la Neue Zürcher Zeitung (NZZ).

“Il no alla legge sul CO2 è una mazzata per la politica elvetica – comparabile all’accettazione dell’iniziativa contro l’immigrazione di massa nel 2014, quando l’UDC vinse contro tutti gli altri partiti e le maggiori organizzazioni economiche. Ora gli è riuscita un’altra impresa”, si legge sulla testata zurighese.

Prima il portafoglio

Molti commentatori sono concordi nell’affermare che la pandemia abbia avuto un ruolo fondamentale nel voto di ieri.

“È una conferma di come la vivace sensibilità per le problematiche ambientali emersa dalle urne alle Federali del 2019 si sia viepiù indebolita dopo l’esplosione di un «vero» tsunami, quello della pandemia, che ha imposto ai cittadini nuove priorità e una più chiara scaletta delle emergenze”, scrive il Corriere del Ticino.

“Il timore – più che fondato – di vedersi mettere le mani nelle tasche in un periodo che a livello economico rimane di grande incertezza, (…) ha fatto desistere e cambiare idea anche a coloro che sono sensibili, e a ragione, alle tematiche ambientali, al di là delle appartenenze politiche”, si legge sul giornale italofono.

“La benzina è sempre più cara! La classe media soffre! (…) Il dibattito sulla legge sul CO2 è stato dominato dalle questioni del portafoglio”, ricorda la NZZ.

Oltre agli argomenti “di pancia”, a pesare è stata forse anche la natura stessa della legge. “Il progetto respinto questo week-end era sicuramente imperfetto, come d’altronde lo sono tutti i compromessi. Il meccanismo pensato dal Parlamento per finanziare il fondo per il clima e la distribuzione delle sovvenzioni era complesso e un po’ traballante”, scrive Le Temps.

Una lezione politica

La testata francofona sottolinea anche l’aspetto del divario tra città e campagna, con quest’ultima che si è dimostrata generalmente contraria alla legge. Una lezione che la politica federale deve imparare.

Il mondo contadino “ulcerato dagli attacchi di certe mode culturali, che percepisce come attacchi contro il suo lavoro, ha fatto della legge sul CO2 una vittima collaterale delle iniziative contro i pesticidi. Questo ha creato un fossato tra le campagne, che hanno avuto l’impressione di pagare l’essenziale della fattura, e le città. Questo spreco avrebbe potuto, anzi dovuto, essere evitato”, commenta Le Temps.

“È stato un errore tattico da parte della ministra dell’ambiente Simonetta Sommaruga mettere la legge sul CO2 al voto insieme alle iniziative agricole”, rincara la NZZ.

La sfida resta attuale

Cosa succederà ora? I giornali svizzeri sono concordi nell’affermare che l’argomento non può essere lasciato alle spalle. La gente resta sensibile alla questione climatica e la Svizzera ha preso degli impegni a livello internazionale.

Secondo la NZZ, “ora tocca agli oppositori della legge sul CO2”. Sta a loro “presentare un piano che mostri come le emissioni di gas serra possano essere ridotte in modo più elegante.”

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“La doverosa transizione verso un’economia più sostenibile sarà giocoforza più lenta e complicata. Berna dovrà ripensare la strategia”, scrive il Corriere del Ticino, il quale fa notare che tutti gli schieramenti politici si sono dichiarati pronti a seguire una “via green”.

“Quel che dovrà cambiare è sicuramente la proposta politica di fondo: i cittadini, e il voto l’ha dimostrato per l’ennesima volta, chiedono incentivi piuttosto che imposizioni o nobili balzelli per miglioramenti a venire”, si legge sul giornale ticinese.

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