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Cuba-USA: «La cosa giusta da fare»

Il riavvicinamento tra USA e Cuba è stato accolto con manifestazioni d'entusiasmo, scrive la NZZ, come nella foto all'Avana. Reuters


All’indomani dell’annuncio di Washington di voler normalizzare le relazioni con Cuba, la stampa svizzera è unanime nell’affermare che l’ultimo «assurdo relitto della Guerra fredda», che ha soprattutto rafforzato il regime castrista, doveva prima o poi cadere.

«Il 17 dicembre 2014 sarà una data che entrerà nei libri di storia», sottolineano giovedì Bund e Tages-Anzeiger nel loro commento comune. Questa volta l’aggettivo storico non sembra essere usurpato, poiché – rileva Le Temps – mercoledì è avvenuto «un cambiamento di paradigma paragonabile all’apertura di Richard Nixon nei confronti della Cina o agli accordi di Camp David conclusi sotto l’egida di Jimmy Carter».

Altri sviluppi

Praticamente tutti i commenti dei quotidiani elvetici condividono quanto affermato da Barack Obama nel discorso in diretta tv: «Era la cosa giusta da fare», come scrive La Regione.

Politica controproducente

Il merito di questa svolta va prima di tutto proprio al presidente statunitense, osservano Tages-Anzeiger e Bund, che ha capito «che l’esperimento dell’isolamento senza fine è fallito». «Il blocco americano contro Cuba non ha dato i risultati sperati. Malgrado i 50 anni di embargo, il regime di Castro continua a tenere saldamente in mano le redini del potere», constata dal canto suo l’Aargauer Zeitung.

«Follia è fare sempre la stessa cosa e aspettare risultati diversi. Il presidente Obama ha in sostanza detto la stessa cosa di Einstein», scrive la NZZ online, sottolineando che gli Stati Uniti erano rimasti praticamente da soli, assieme all’alleato israeliano, a portare avanti un embargo a 360 gradi nei confronti di Cuba. Una politica che di fatto ha avuto un effetto boomerang, isolando più Washington che l’Avana.

«Autentico relitto dell’epoca della Guerra Fredda, la politica statunitense nei confronti di Cuba certificava una cecità ideologica dura a morire – annota La Regione. Insensata, inefficace e controproducente, se è vero che lo spauracchio yankee è stata l’ultima spiaggia retorica dell’anacronistico autoritarismo castrista».

«Stanchi, i duellanti hanno finito per convincersi dell’assurdità di continuare a intonacare in eterno un muro di incomprensione reciproca che cominciava a cadere a pezzi», osserva dal canto suo La Liberté.

Apertura sinonimo di cambiamento all’Avana?

Con la sua mossa, rileva l’Aargauer Zeitung, «la Casa Bianca vuole togliere l’ultimo asso nella manica al regime di Castro», ovvero la possibilità di imputare i problemi economici del paese all’embargo.

La reazione di Berna

La Svizzera accoglie con soddisfazione i passi annunciati da Stati Uniti e Cuba in vista di una normalizzazione delle relazioni. In una nota diffusa mercoledì sera, il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) si congratula con entrambe le parti.

Al momento il DFAE non dispone di sufficienti informazioni per prendere posizione in merito ai possibili effetti sul ruolo di «potenza protettrice».

Dal 1961, infatti, la Svizzera rappresenta gli interessi statunitensi a Cuba e viceversa. 

«La scommessa di Barack Obama è quella dell’apertura e degli scambi che contribuiranno, secondo lui, a sottrarre l’isola dagli artigli dell’autocrazia», osserva Le Temps. Un’opinione condivisa da Tages-Anzeiger e Bund, secondo cui gli Stati Uniti «non si espongono a un grande pericolo accelerando l’apertura nei confronti di Cuba. Il rischio lo incorre casomai il regime cubano, che può esser sopraffatto dalla trasformazione in corso».

L’aumento degli scambi tra i due paesi «decuplicherà i desideri di cambiamento dei cubani», rincara 24 heures. Tuttavia per il giornale vodese «non bisogna illudersi. Questo regime che invecchia sempre di più non lascerà il potere senza resistere».

Solo agli inizi

Un interrogativo pesa come un macigno: «Bisognerà vedere se la transizione verso un regime più libero e democratico saprà evitare senza troppi danni gli scogli innalzati durante più di mezzo secolo di comunismo tropicale», scrive 24 heures.

«Siamo solo agli inizi, e la strada non sarà certo in discesa», annota il Corriere del Ticino, che nel suo commento loda l’opera di mediazione del Vaticano e in particolare di Papa Francesco.

Per Barack Obama si annuncia una dura battaglia al Congresso per far levare l’embargo contro Cuba. Diversi esponenti del Partito repubblicano hanno infatti subito gridato allo scandalo. Inoltre dovrà trattare con un regime che «nonostante le timide aperture mostrate, resta sempre dominato da dirigenti dogmatici poco propensi alla aperture democratiche».

Per il presidente americano è però l’occasione di entrare nella storia. «Dopo aver deluso su più fronti molti elettori democratici nel corso degli anni trascorsi alla guida del paese – scrive ancora il Corriere del Ticino – Obama ha ora la possibilità di dare una forte giustificazione a quel premio Nobel per la pace che gli era stato attribuito quando appena iniziava a prendere confidenza con le leve del comando alla Casa Bianca».

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