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Rapporto Marty: è in gioco il mito fondatore del Kosovo

Il primo ministro kosovaro Hashim Thaci è uscito vincitore dalla prime elezioni generali tenute nel dicembre scorso in Kosovo Keystone

Il senatore svizzero Dick Marty presenta martedì all'assemblea del Consiglio d'Europa il suo rapporto sul presunto traffico di organi umani nel Kosovo. Un documento che ha suscitato vive reazioni da parte della comunità albanese. Le spiegazioni di Andreas Ernst, osservatore dei Balcani.

A Strasburgo, l’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa prende in esame martedì il controverso rapporto pubblicato in dicembre dal consigliere agli Stati ticinese Dick Marty.

Secondo il documento, tra il 1999 e il 2000 diversi dirigenti dell’Esercito di liberazione del Kosovo (UCK) hanno intrattenuto una rete criminale, sospettata di aver trafficato armi, assassinato oppositori e venduto organi umani prelevati da prigionieri serbi. Tra i responsabili di questa rete vi sarebbe l’attuale primo ministro Hashim Thaci, cofondatore dell’UCK.

Il rapporto di Dick Marty ha sollevato un’ondata di reazioni indignate da parte della maggioranza albanese in Kosovo, come pure dei kosovari residenti in altri paesi, a cominciare dalla Svizzera. Il senatore svizzero è stato definito un bugiardo e un nazista: lo stesso Thaci ha paragonato Dick Marty al capo della propaganda nazista Joseph Goebbels.

In un’intervista pubblicata domenica dalla SonntasZeitung e da Le Matin Dimanche, Dick Marty si dice sorpreso dalle reazioni, tenendo conto del fatto che “tutti gli elementi del rapporto erano già noti da tempo” e che l’UCK era considerata negli anni ’90 “un gruppo terroristico, attivo nel traffico di armi, droga e persone”.

Sulla questione, swissinfo.ch ha raccolto le valutazioni di Andreas Ernst, giornalista della Neue Zürcher Zeitung che segue da anni gli sviluppi nei Balcani.

swissinfo.ch: Come spiega innanzitutto la veemenza delle reazioni che il rapporto di Dick Marty suscitato non solo in Kosovo, ma anche in Albania e presso la comunità albanese in Macedonia e in Svizzera?

Andreas Ernst: La maggior parte degli albanesi conoscono il rapporto soltanto attraverso i media. I mezzi d’informazione in lingua albanese hanno tracciato un quadro molto negativo del rapporto e anche di Dick Marty. È stato presentato all’opinione pubblica come una persona che detesta gli albanesi.

La settimana scorsa, Dick Marty ha cercato di correggere questa immagine nel corso di un’intervista concessa ad un’emittente televisiva kosovara. Ma la sua immagine è attualmente pessima e lo resterà probabilmente anche in futuro.

swissinfo.ch: Anche swissinfo.ch ha ricevuto molti commenti esacerbati agli articoli pubblicati sul rapporto di Dick Marty. Trova questo fatto sorprendente?

A.E.: No, la cosa non mi sorprende. Con il suo rapporto, Dick Marty ha rimesso in discussione la visione dell’Esercito di liberazione del Kosovo (UCK) coltivata presso la popolazione albanese. Agli occhi di quest’ultima, l’UCK ha condotto una guerra giusta e pulita: i serbi erano i colpevoli e gli albanesi le vittime.

Questa visione fa parte del mito fondatore del Kosovo. Chi osa rimetterlo in discussione, provoca immediatamente violenti reazioni. Reazioni simili non devono sorprendere e non possono essere considerate una particolarità balcanica. Pensiamo soltanto alle reazioni provocate in Francia dalle discussioni sul collaborazionismo di Vichy durante la Seconda guerra mondiale o in Svizzera quando è stato affrontato il tema dei fondi in giacenza appartenenti alla comunità ebraica.

Ciò che può sorprendere e che può essere considerato più tipicamente albanese, è l’unanimità delle reazioni. Vi sono solo pochissime voci contrarie al tenore generale dei commenti.

swissinfo.ch: In Kosovo non è possibile esprimere opinioni diverse, per non rimettere in discussione il regime attuale?

A.E.: La questione va legata alla libertà di espressione in Kosovo. Questa libertà è garantita dalla Costituzione, ma nella realtà rimane molto incompleta. I mezzi d’informazione sono fortemente controllati dalla politica. Gli annunci pubblicitari dipendono in gran parte dalle commesse dello Stato. Molti media informano quindi in base a criteri governativi. La televisione pubblica è di fatto un’emittente che esprime la voce dello Stato.

In Kosovo predomina inoltre una forte pressione a conformarsi. Chi rimette in questione la visione predominante su temi nazionali, viene rapidamente accusato di essere un traditore.

swissinfo.ch: Non vi è quindi nessuno in Kosovo che accorda perlomeno un certo credito al rapporto di Dick Marty?

A.E.: Vi sono senza dubbio delle persone che considerano almeno parzialmente credibile questo rapporto. Molti sanno che l’UCK ha ucciso anche degli albanesi. Dal momento però che il Kosovo si trova attualmente sotto pressione, i kosovari preferiscono mostrarsi uniti per solidarietà, ma anche per conformismo o paura.

Emergono già da tempo forti critiche all’indirizzo di Hashim Thaci. Ma queste critiche sono legate soltanto alla corruzione dilagante e non hanno nulla a che fare con il periodo del conflitto o i crimini menzionati dal rapporto di Dick Marty.

swissinfo.ch: Come mai non si sente nulla da parte della comunità serba residente in Kosovo?

A.E.: I serbi residenti nell’enclave del sud vivono in una regione circondata da insediamenti kosovari. Preferiscono non esprimersi e conformarsi alla posizione dello Stato albanese. I serbi che abitano nei villaggi a nord, vicini alla frontiera con la Serbia, non respingono solo Thaci, ma anche lo Stato kosovaro. Generalmente sostengono la stessa posizione della Serbia, secondo la quale le accuse contenute nel rapporto di Dick Marty sono già state provate da tempo.

swissinfo.ch: Martedì il rapporto di Dick Marty viene preso in esame dall’assemblea del Consiglio d’Europa. Quali potrebbero essere le reazioni, se fosse approvato?

A.E.: Un’approvazione verrebbe considerata come un successo della propaganda delle forze favorevoli alla Serbia. Le autorità del Kosovo affermeranno, come finora, di sostenere un’inchiesta per far luce sulle accuse contro Hashim Thaci e gli altri dirigenti. Lo stesso Thaci lo ha detto a più riprese.

In Kosovo non sarà però predisposta, neppure in futuro, una protezione adeguata dei testimoni. Molti rimproveri mossi dal rapporto non potranno quindi essere chiariti. In questo modo, il Kosovo rischia quindi di avere un problema di immagine.

swissinfo.ch: Il Kosovo e la sua popolazione hanno quindi interesse all’apertura di un’inchiesta internazionale per far luce su questa vicenda?

A.E.: Assolutamente. Nessuno non può essere interessato, a parte gli autori dei crimini, sempre ammesso che ve ne siano. Sarebbe però molto negativo, se l’inchiesta dovesse fallire in seguito ad una protezione insufficiente dei testimoni.

È importante che in Kosovo e negli altri paesi dei Balcani non vengano coltivati pregiudizi di carattere collettivo contro un gruppo etnico o l’altro. E, soprattutto in relazione a crimini di guerra, che non si parli di autori in senso collettivo.

Gli autori hanno un nome e un cognome. Per la popolazione di questo paese è fondamentale che gli eventuali autori vengano individuati. Solo in questo modo si potrà promuovere la riconciliazione e lo sviluppo comune di questa regione.

Tra il Kosovo e la Svizzera sussistono stretti legami dagli anni ’90, quando le tensioni e la situazione economica precaria nell’ex provincia serba hanno spinto decine di migliaia di kosovari a cercare rifugio o lavoro sul territorio elvetico.

In Svizzera vivono attualmente tra 150’000 e 170’000 cittadini kosovari, ossia quasi il 10% della popolazione residente in Kosovo. Di questi, circa 10’000 sono di originese serba, rom o slava.

La Confederazione è uno dei più importanti paesi donatori del Kosovo. Tra il 1999 (anno del conflitto tra serbi e kosovari) e il 2010 le autorità elvetiche hanno stanziato circa 700 milioni di franchi per sostenere lo sviluppo e la stabilità politica ed economica del Kosovo.

La Svizzera partecipa inoltre dal 1999 alla missione di pace delle truppe internazionali KFOR (Kosovo Force), guidate dalla Nato. Ogni anno fino a 220 soldati svizzeri della Swisscoy sono stazionati in Kosovo.

Tra i kosovari che hanno trascorso alcuni anni in Svizzera vi è lo stesso Hashim Thaci, attuale primo ministro e cofondatore negli anni ’90 dell’Esercito di liberazione del Kosovo. Thaci ha ottenuto asilo politico dalle autorità elvetiche e ha vissuto tra il 1994 e il 1998 nella regione di Zurigo.

Secondo quanto rivelato questa domenica dalla SonntagsZeitung, Azem Syla e Kadri Veseli, due personalità della scena politica kosovara molto vicine a Thaci, dispongono tuttora di un permesso di soggiorno e di lavoro di categoria C in Svizzera.

Syla, attualmente parlamentare a Pristina, ha già rivestito la carica di ministro della difesa in Kosovo. Veseli è stato tra l’altro capo dei servizi segreti kosovari. Secondo il rapporto di Dick Marty, entrambi avrebbero partecipato nel 1999 al traffico di organi umani nella regione del Kosovo.

L’Ufficio federale della migrazione intende ora aprire un’inchiesta per appurare se i due kosovari soddisfano i criteri previsti per la concessione del permesso C: questo permesso viene normalmente accordato soltanto a coloro che vivono e lavorano per la maggior parte dell’anno in Svizzera.

Traduzione Armando Mombelli

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