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Rapporto Bergier: un esempio da seguire

Fra gli stand della Fiera di Torino, la Svizzera ha quest'anno un posto d'onore. Fiera internazionale del libro di Torino

Ospite d'onore alla Fiera Internazionale del Libro di Torino, la Svizzera ha organizzato una tavola rotonda sul rapporto Bergier.

Al dibattito organizzato dall’Università della Svizzera italiana oltre al prof. Jean Francois Bergier in persona hanno preso parte lo scrittore Adolf Muschg, una delle coscienze critiche più importanti in Svizzera; Adriano Prosperi, professore di storia moderna all’università di Pisa, il giurista e deputato al consiglio nazionale svizzero Fulvio Pelli, che ha seguito da vicino il dibattito sui fondi in giacenza delle vittime dell’olocausto e Gian Enrico Rusconi, professore di scienza politica all’Università di Torino, che ha condotto una lunga riflessione sui temi della memoria e dell’identità in Germania e in Italia. Gli storici italiani esprimono ammirazione per il coraggio della Svizzera nell’affrontare il passato.

Un atto di grande maturità e di solidità della democrazia elvetica

Proprio il Prof. Rusconi ha sottolineato come il rapporto Bergier abbia colmato una lacuna nella storia non solo svizzera, ma dell’Europa intera. “La questione dei rapporti con la Germania nazista non tocca solo la Svizzera, ma tutte quelle nazioni che mantennero un atteggiamento pseudo-neutrale o finto alleato, tipo Vichy”.

L’importanza del contributo svizzero a questo processo di presa di coscienza in atto ormai in tutte le nazioni europee è stata sottolineata anche dal Prof. Prosperi. “La relazione finale del rapporto Bergier, una straordinaria lettura per tutti”, ha detto Prosperi “è un caso unico di processo alla storia sulla base di una questione morale.”

Molto interessante è stato l’addentellato che il professore ha individuato in proposito tra il rapporto Bergier e la teologia morale medievale, per lo sforzo di restituire il diritto alla memoria, alla conoscenza di tutt’un epoca.

La storia che non passa

“La storia difficile” nella definizione del Prof. Bergier, “va avanti a forza di commissioni” per decreto legge. D’altro canto proprio perché il governo in Svizzera è debole, partecipativo, consensuale, con una certa antipatia per i capi, che il rapporto Bergier è stato possibile, come ha sottolineato il deputato Fulvio Pelli, cui è toccato il non facile compito di spiegare sinteticamente al pubblico intervenuto alla tavola rotonda il sistema politico svizzero.

Adolf Muschg si è mostrato l’oratore forse più vivido: “L’Europa sotto Hitler fu la prima Europa unita da Napoleone in poi e forse ancora prima con Carlo Magno, un’Europa unita con la violenza, ma unita” ha sottolineato provocatoriamente l’intellettuale, che ha aggiunto: “Sarebbe ora interessante poter confrontare il ruolo che ebbero le altre nazioni nella creazione e nell’accettazione del nazional-socialismo.”

Ogni stato ha finora elaborato la propria memoria storica rispetto al nazismo per conto proprio, L’Italia rispetto alla guerra civile, la Francia con Vichy, quali sono gli elementi comuni, europei? La sfida per i ricercatori storici, ha messo in evidenza Gian Enrico Rusconi, è ora proprio quella di trovarli questi elementi comuni. Così lo storico fa un parallelo tra l’uso ambiguo della neutralità in Svizzera, (business as usual) con il fatto che l’economia del Nord Italia durante il nazismo funzionava benissimo.

E se l’Europa entrasse in Svizzera!

È la formula che ha usato lo storico Adriano Prosperi. Se l’opinione pubblica in Svizzera è rimasta violentemente turbata dal fatto che il sistema bancario è stato messo in crisi dalla questione dei beni in giacenza, il confronto con quanto si è fatto ultimamente in Italia per pareggiare i conti con il passato è deludente, secondo lo storico italiano.

In particolare Prosperi ha ricordato il rifiuto della chiesa cattolica di concedere il permesso di consultare gli archivi del Vaticano. “L’opinione pubblica italiana dovrebbe essere altrettanto scossa di quella svizzera dal fatto che da almeno mezzo secolo i sospetti cadono su di un imputato che si chiama Pio XII.” E l’augurio che lo storico italiano si fa è che l’Europa entri in Svizzera, almeno per quanto riguarda il tentativo di riconciliare la memoria con la storia.

Raffaella Rossello

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