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Radovan Karadzic di fronte alla giustizia internazionale

Karadzic lunedì ha rifiutato di presentarsi in aula Keystone

Il processo contro l'ex leader dei serbi di Bosnia si è aperto lunedì davanti al Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia (TPIY) dell'Aia. Karadzic, che ha deciso di boicottare l'udienza, deve rispondere delle accuse di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra.

La prima udienza è durata pochi minuti. I giudici hanno infatti subito aggiornato il processo a martedì, dando 24 ore di tempo all’imputato per decidere se presentarsi o continuare a disertare l’udienza.

Mercoledì scorso, infatti, Karadzic aveva annunciato al TPIY di non essere pronto, poiché non aveva avuto tempo a sufficienza per preparare la sua difesa.

“Non mi presenterò davanti a voi”, ha scritto al tribunale, affermando di esser stato “sommerso” dalle centinaia di migliaia di pagine del dossier dell’accusa.

L’ex responsabile politico dei serbi di Bosnia è accusato di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra. I fatti sono avvenuti tra l’ottobre del 1991 e il 20 novembre del 1995, data della fine dei negoziati di pace di Dayton.

Questo processo costituisce una sfida importante per la giustizia internazionale e per i paesi dell’ex Jugoslavia. Il processo di Slobodan Milosevic si era infatti concluso con un fallimento: l’ex presidente jugoslavo era morto nella sua cella qualche mese prima della sentenza.

Massacro pianificato ed orchestrato

Alain Werner, avvocato svizzero che ha collaborato per redigere l’accusa nei confronti dell’ex presidente liberiano Charles Taylor, tuttora sotto processo, ritiene che “dopo la morte di Slobodan Milosevic ci si è posti la domanda se un giorno il TPIY avrebbe potuto giudicare i responsabili politici dei crimini. Oggi questa opportunità esiste e sembra che i procuratori abbiano deciso di far sì che il processo si concentri sui fatti principali”.

Nel corso dei dibattimenti, che dovrebbero durare più di due anni, il procuratore intende presentare alla sbarra 409 testimoni. Lo staff del ministero pubblico, diretto dall’americano Alan Tieger, dovrà provare che Radovan Karadzic ha partecipato “a un’azione criminale”, assieme a Slobodan Milosevic, “con l’obiettivo di scacciare per sempre i musulmani e i croati di Bosnia dai territori rivendicati dai serbi”.

Per raggiungere questo obiettivo, Radovan Karadzic avrebbe pianificato ed orchestrato il massacro di oltre 7’000 uomini e giovani musulmani a Srebrenica, l’assedio di Sarajevo, durato 44 mesi, e la pulizia etnica in Bosnia-Erzegovina.

Secondo Alain Werner, “alcuni dei procuratori incaricati del dossier, come Alan Tieger, sono persone molto competenti e con una grande esperienza, acquisita durante diversi processi davanti a questo stesso tribunale. Ciò dovrebbe tradursi in un’accusa molto efficace, che dovrebbe permettere di capire meglio quello che è successo a livello politico”.

Un esercito d’avvocati

Radovan Karadzic, dal canto suo, può contare su un vero e proprio esercito di difensori, composto da una ventina d’avvocati e di professori di diritto internazionale, diretti dall’americano Peter Robinson. Arrestato alla fine di luglio del 2008, dopo 13 anni di latitanza trascorsi sotto le false spoglie del guaritore Dragan Dabic, Karadzic ha sviluppato una doppia strategia.

Da un lato sostiene di esser stato tradito dal negoziatore americano per i Balcani Richard Holbrooke, che nel 1996 gli avrebbe promesso l’immunità in cambio del suo ritiro dalla vita politica in Bosnia-Erzegovina. A metà ottobre ha chiesto al Consiglio di sicurezza di mettere agli atti l’esistenza di un simile accordo. Dall’altro, cercherà di controbattere alle accuse del ministero pubblico.

Atto di “resistenza”

Radovan Karadzic sostiene che quanto avvenuto in Bosnia è stato un atto di “resistenza”. L’ex leader serbo-bosniaco afferma di aver lottato “contro la creazione di uno Stato islamico nel cuore dell’Europa”.

Da diversi mesi, i suoi legali chiedono a ben 27 Stati, tra cui gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, il Pakistan, l’Iran, l’Egitto, la Bosnia e la Croazia, di aprire i loro archivi.

Karadzic vuole in particolare dimostrare l’esistenza di un traffico d’armi verso la Bosnia-Erzegovina, organizzato tra l’altro dai soldati dell’ONU, in aperta violazione all’embargo decretato dalle Nazioni Unite.

Prigione a vita?

A 14 anni dalla fine della guerra, Karadzic continua a sostenere la stessa tesi già caldeggiata quando spadroneggiava nel suo feudo di Pale, una ventina di chilometri a sud-est di Sarajevo. E dopo tutti questi anni, la Bosnia continua a piangere i suoi 100’000 morti e le migliaia di dispersi.

“Anche se le vittime non saranno rappresentate da avvocati durante questo processo, come per contro sta avvenendo davanti al tribunale che giudica gli khmer rossi in Cambogia, non vi è dubbio che seguiranno molto da vicino il processo – osserva Werner. È impossibile generalizzare, ma la mia esperienza mi ha insegnato che spesso il fatto che un tribunale riconosca come autentiche e degni di fede le testimonianze delle vittime riveste spesso una grande importanza”.

Il verdetto, che sarà pronunciato da tre giudici, non è atteso prima dell’inizio del 2013. Radovan Karadzic rischia la prigione a vita.

Stéphanie Maupas, L’Aia, swissinfo.ch
(traduzione di Daniele Mariani)

Radovan Karadzic è nato il 19 giugno 1945 a Petnjica (Montenegro).

Nel 1960 si trasferisce con la sua famiglia a Sarajevo.

Nel 1971 conclude i suoi studi di medicina. In seguito lavora come psichiatra.

Tra il 1968 e il 1990 Karadzic pubblica vari libri di poesie.

Nel 1990 è eletto alla guida del Partito democratico serbo (SDS) in Bosnia-Erzegovina.

Nel 1992 è fondata la repubblica serba di Bosnia. Karadzic ne diventa il primo presidente.

Dopo la dichiarazione di indipendenza della Bosnia-Erzegovina il 3 marzo 1992, in tutta la regione scoppiano conflitti armati.

Entro il dicembre del 1992 i serbi di Bosnia, con l’appoggio della Serbia, occupano il 70% del territorio bosniaco. In questo contesto, Karadzic avrebbe concepito e ordinato azioni di pulizia etnica.

Nel giugno del 1995, su ordine di Karadzic, le truppe serbe occupano l’area di Srebrenica, fino ad allora posta sotto la protezione delle Nazioni Unite. I caschi blu olandesi si ritirano senza opporre resistenza. Donne e bambini sono deportati, circa 7000 uomini sono massacrati.

Il tribunale dell’ONU per i crimini di guerra nell’ex Jugoslavia apre un atto d’accusa contro Karadzic nel 1995 e nel 1996 è emanato un ordine di cattura internazionale.

Il 21 luglio 2008 Radovan Karadzic è arrestato in Serbia.

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