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Norme anti-omofobia, “libertà d’espressione garantita”

Donna in abito formale consulta un fascicolo su un tavolo con microfoni; dietro, bandiera svizzera e scritta Palazzo federale
La consigliera federale prima dell'incontro con i media. Keystone / Peter Schneider

La consigliera federale Karin Keller-Sutter ha lanciato martedì la campagna in favore dell'estensione delle attuali norme penali contro la discriminazione razziale ai comportamenti e alle esternazioni che incitano all'odio o discriminano le persone per il loro orientamento sessuale. Una modifica di legge sulla quale si voterà in Svizzera il prossimo 9 febbraio.

In futuro, nessuno potrà essere discriminato perché omo-, bi- o eterosessuale. La ministra di giustizia e polizia Keller-Sutter, esprimendosi davanti ai media, ha invitato il popolo svizzero ad approvare l’estensione della norma antirazzismo, sostenendo che la libertà di espressione -al contrario di ciò che paventa il comitato referendario- sarà garantita.

Perché si vota

L’articolo 261bisCollegamento esterno del Codice penale svizzero punisce la discriminazione e l’incitamento all’odio basati su razza, etnia e religione.

Il 14 dicembre 2018, le Camere federali hanno dato seguito a un’iniziativa parlamentareCollegamento esterno del consigliere nazionale Mathias Reynard (PS) per estendere la norma alle esternazioni che prendono di mira l’orientamento sessuale.

In seguito alla riuscita del referendum (un comitato costituito da esponenti della destra conservatrice ha raccolto oltre 70’000 firme), la modifica del Codice penale e del Codice penale militare sarà sottoposta a votazione popolareCollegamento esterno.

I dibattiti d’opinione come quelli sul “matrimonio per tutti” resteranno possibili, ha chiarito. Ciascuno potrà continuare a esprimere la propria opinione, anche critica, e le proprie convinzioni religiose.

Sarà invece vietato ciò che è profondamente lesivo della dignità umana, ovvero negare diritti a una persona o trattarla come inferiore.

“In pubblico e intenzionalmente”

Per finire davanti a un giudice accusati di un comportamento discriminatorio o incitante all’odio, le parole dovranno essere pronunciate (o gli atti essere commessi) in pubblico e intenzionalmente (si deve essere cioè cercato deliberatamente di colpire qualcuno). 

Una discussione in famiglia o tra amici, anche al tavolino di un bar, non è contemplata, ha precisato Keller-Sutter.



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La ministra ha inoltre osservato che l’attuale articolo di Codice penale -che protegge dalla discriminazione e dall’odio basati su razza, etnia o religione comminando fino a tre anni di detenzione all’autore del reato- è in vigore dal 1995 e ha permesso ai giudici di sviluppare una giurisprudenza, che accorda grande importanza alla libertà d’espressione.

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