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La campagna sull’immigrazione entra nel vivo

benedikt wurth e karin Keller-Sutter
La ministra di giustizia e polizia Karin Keller-Sutter e il consigliere di Stato sangallese Benedikt Würth hanno esposto martedì la posizione del Governo federale e dei cantoni in merito all'iniziativa "per un'immigrazione moderata". Keystone / Anthony Anex

Tra poco più di tre mesi, i cittadini svizzeri si pronunceranno su un'iniziativa popolare che chiede di abrogare la libera circolazione delle persone con l'UE. Un'iniziativa che "mette in gioco il benessere del Paese", denunciano Governo e Cantoni.

Se il progetto in votazione il prossimo 17 maggio sarà accettato, la Confederazione avrà tempo un anno per abrogare di comune intesa con l’UE l’accordo di libera circolazione che figura nel primo pacchetto di bilaterali del 1999 o di denunciarlo unilateralmente se una simile intesa non fosse possibile.

L’obiettivo dell’iniziativa Collegamento esternodenominata “Per un’immigrazione moderata” è che la Svizzera torni a “disciplinare autonomamente l’immigrazione degli stranieri” e non concluda più trattati internazionali “che accordino una libera circolazione delle persone a cittadini stranieri”.

Secondo la ministra di giustizia e polizia Karin Keller-Sutter, che martedì ha presentato la posizione del Consiglio federaleCollegamento esterno, l’iniziativa promossa dall’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) rappresenta un vero e proprio salto nel buio e rischia di mettere in gioco la prosperità della Confederazione.

Il servizio del TG:

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Iniziativa contro l’immigrazione di massa

Non è la prima volta che il popolo svizzero è chiamato ad esprimersi su un’iniziativa per limitare l’immigrazione.

Il 9 febbraio 2014 il 50,3% dei votanti ha detto sì all’iniziativa denominata “contro l’immigrazione di massa”, promossa già allora dall’Unione democratica di centro.

Contrariamente al testo in votazione il 17 maggio, questa prima iniziativa non stabiliva però a chiare lettere l’abrogazione dell’accordo di libera circolazione.

Per evitare un simile scenario, il parlamento ha optato per una legge d’applicazione ‘light’ ed eurocompatibile, che non introduce né tetti massimi né contingenti all’immigrazione (come chiedeva l’iniziativa), ma prevede unicamente che in caso di forte disoccupazione in alcuni settori o regioni, i datori di lavoro siano obbligati a cercare prima di tutto tra la manodopera indigena.

Via bilaterale in pericolo

In caso di denuncia unilaterale dell’Accordo di libera circolazione, gli altri sei accordi dei bilaterali ICollegamento esterno (che regolano settori chiave come la ricerca, gli ostacoli tecnici al commercio o i trasporti terrestri) verrebbero infatti a cadere in applicazione della cosiddetta ‘clausola ghigliottina’. Tutti questi sette primi accordi sono stati collegati giuridicamente tra di loro, per evitare che fossero posti in vigore separatamente, e qualora uno di essi non fosse prolungato o venisse denunciato, anche i rimanenti verrebbero a cadere.

Secondo Karin Keller-Sutter la Svizzera è riuscita a trovare una via autonoma in Europa e a concludere con l’UE trattati calibrati sulle sue necessità. In tal modo la Confederazione trae numerosi vantaggi dalle buone relazioni con il suo principale partner commerciale.

“Il nostro Paese è fortemente connesso e i rischi provocati da una rottura della via bilaterale sono davvero troppo elevati”, ha detto ancora la consigliera federale. “Il Governo non intende portare la Svizzera nella pericolosa situazione di non avere alcun accordo”, ha aggiunto.

Se il 17 maggio la popolazione elvetica – chiamata a una vera e propria decisione di principio – dovesse accettare l’iniziativa, significherebbe semplicemente la fine della collaudata via bilaterale, ha evidenziato la responsabile del Dipartimento di giustizia e polizia. “Si tratterebbe di far ripartire ogni tipo di rapporto con Bruxelles da zero”, ha spiegato Keller-Sutter. Uno dei rischi, è quello di perdere numerosi posti di lavoro.

Karin Keller-Sutter ha inoltre sottolineato che il termine negoziale di 12 mesi per abrogare l’accordo di comune intesa con l’UE non è realistico: “Si tratta di condizioni in un certo senso più dure di quelle affrontate dal Regno Unito per la Brexit”, ha dichiarato.

Il commento della corrispondente da Berna della Radiotelevisione della Svizzera italiana:

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Un occhio al Ticino

La consigliera federale ha poi anche parlato, in italiano, della situazione specifica del cantone Ticino, sottolineando la presenza di molti frontalieri: “Il Governo ne è a conoscenza. La collaborazione fra parti sociali e i controlli sono fondamentali”. Ma è anche vero, ha aggiunto, “che già oggi la Svizzera, in alcuni settori, non dispone di personale sufficiente, e in questo senso l’immigrazione è molto importante”.

Più in generale, la ministra ha evidenziato che la via bilaterale ha permesso di arrivare alla situazione agiata in cui ci troviamo attualmente, con un’economia sana e una disoccupazione bassa. Inoltre, il Consiglio federale lavora per avere solamente l’immigrazione necessaria.

Già oggi, ha continuato, l’obbligo di annunciare i posti vacanti nelle professioni in cui il tasso di disoccupazione è superiore alla media dà alle persone in cerca d’impiego la possibilità di candidarsi con un certo anticipo per i posti vacanti.

Anche i Cantoni si oppongono

Anche il consigliere di Stato sangallese Benedikt Würth, in veste di presidente della Conferenza dei governi cantonali, ha chiesto a nome dei Cantoni di votare “no” il 17 maggio.

Prendendo ad esempio il suo cantone d’origine, San Gallo, ha illustrato le conseguenze negative dell’abrogazione degli accordi bilaterali per l’industria: circa il 90% dei beni industriali prodotti nella Rheintal sangallese sono esportati. Secondo Würth, l’accesso non discriminatorio al principale mercato dell’economia svizzera è pertanto capitale.

“Ad oggi circa 10’000 posti di lavoro sono occupati da frontalieri, senza che questo abbia portato a fenomeni di dumping salariale”, ha detto. “Tornare a contingenti per gli stranieri metterebbe solo in difficoltà le aziende”. Con l’accettazione dell’iniziativa, inoltre, “non ci sarebbe alcun piano B e alla Svizzera non serve l’isolazionismo, ma rapporti con gli altri”, ha aggiunto.

Il video integrale della conferenza stampa dell’11.2.2020:

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