UBS: “Svizzera finora non minacciata da Trump, ma ci sono rischi sui dazi”
La Confederazione è per ora risparmiata dalle decisioni del presidente statunitense, ma...
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Sul fronte dei dazi la Svizzera non è finora stata direttamente minacciata dal presidente statunitense Donald Trump e complessivamente appare messa meglio di altri Paesi, ma i rischi - diretti e indiretti - della guerra commerciale in atto rimangono rilevanti.
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È questo, in estrema sintesi, il succo di un’analisi proposta lunedì da UBS, che esamina in dettaglio le ripercussioni dei cambiamenti nei rapporti globali sugli attori che operano dalla Confederazione.
Trump ha introdotto dazi del 10% su tutto l’import cinese, del 25% per Canada e Messico (per il momento sospesi) e ha minacciato l’UE di tariffe doganali su semiconduttori, acciaio, rame, alluminio e prodotti farmaceutici. Sebbene la Svizzera non sia stata esplicitamente menzionata, non si può escludere che venga colpita indirettamente o direttamente, afferma UBS.
“Nel nostro scenario di base, ci aspettiamo una politica commerciale aggressiva in cui gli Stati Uniti probabilmente aumenteranno selettivamente i dazi. Consideriamo anche lo scenario di rischio di una politica commerciale molto aggressiva, in cui tutte le importazioni di beni negli Stati Uniti sarebbero soggette a dazi generali”.
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Gli Stati Uniti sono un importante partner commerciale per la Svizzera: hanno rappresentato circa il 19% di tutto l’export di merci nel 2024. Si parla principalmente di prodotti farmaceutici (60%), di beni dell’industria metallurgica meccanica MEM (20%) – di cui l’8% sono macchinari, attrezzature ed elettronica e il 7% strumenti di precisione – e di orologi (8%).
Complessivamente la Svizzera esporta negli Stati Uniti più beni di quanti ne importi e quindi registra un’eccedenza commerciale. In passato Trump ha ripetutamente criticato i paesi che si trovano in questa posizione. Se questo dovesse diventare il fattore decisivo nella decisione di introdurre i dazi, anche la Confederazione si troverebbe in una posizione esposta. A questo contribuiscono anche le minacce di Trump all’industria farmaceutica: circa un terzo dell’export elvetico del ramo finisce negli Usa. L’industria in questione ha un significativo surplus commerciale con gli Stati Uniti.
Deficit nei servizi
Va però anche detto che l’avanzo commerciale della Svizzera di circa 22 miliardi di dollari è compensato da un deficit nei servizi di circa 20 miliardi di dollari (dati considerati quattro trimestri, con l’ultimo al terzo trimestre 2024). Nel novembre scorso il governo americano ha quindi certificato che la bilancia commerciale elvetica di beni e servizi è quasi in equilibrio: ma non è certo che l’amministrazione Trump utilizzerà il quadro stabilito sotto il presidente Joe Biden per valutare la situazione.
Secondo UBS la repubblica dei 26 cantoni si trova comunque in una situazione significativamente migliore rispetto all’Eurozona, al Giappone, a Taiwan, al Messico e al Canada. Inoltre la Svizzera ha un alto livello di investimenti diretti negli Stati Uniti, pari a 297 miliardi di franchi nel 2022, e le aziende elvetiche impiegano da 300’000 a 400’000 persone su suolo americano.
Stando agli specialisti di UBS i dazi statunitensi potrebbero avere un impatto sulla Svizzera attraverso vari canali, diretti e indiretti: prezzi più alti e quindi diminuzione della competitività negli Usa, spostamento di produzione, problemi per l’industria europea, di cui le aziende elvetiche sono fornitrici, rallentamento globale della congiuntura europea e globale.
Nello scenario di base la banca guidata da Sergio Ermotti prevede che l’economia svizzera si espanderà dell’1,5% nel 2025 (dato corretto per gli eventi sportivi) sullo sfondo di un’economia globale che crescerà solidamente nonostante i dazi selettivi. Nel caso di una politica commerciale molto aggressiva con dazi generalizzati è però probabile che sia l’economia globale che quella svizzera crescano molto più lentamente.
In uno scenario di guerra commerciale, il franco potrebbe apprezzarsi rispetto all’euro in virtù del suo status di bene rifugio. In tal caso la BNS eviterebbe però che il franco si apprezzi troppo. Nei confronti del dollaro è invece probabile che il franco si indebolisca. Negli Stati Uniti l’effetto inflazionistico dei dazi probabilmente impedirà infatti alla Federal Reserve di tagliare rapidamente i tassi di interesse, il che sosterrà la moneta americana. Un apprezzamento del dollaro rispetto al franco potrebbe quindi attenuare alcuni degli aumenti di prezzo delle esportazioni elvetiche legati di dazi.
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